Rubriche: Dietro le Quinte (pagina 3)
Andrea Carlo Cappi
Credo che molti scrittori pubblichino libri perché quello che sentono e pensano sia condiviso e possibilmente amato dal pubblico. Carenza affettiva? Probabile. Di sicuro, se il pubblico non amasse quello che scrivo, nessuno mi pubblicherebbe più e non avrebbe più senso scrivere
LeggiGiampaolo Simi
Lo scrittore vero, per come lo concepisco io, è sempre investigatore e vampiro. Studia gli altri, li ascolta, talvolta li origlia, li interroga con domande apparentemente innocue
LeggiLia Volpatti
Lo scrivere è un atto di donazione, perché ogni volta dai una parte di te. E ogni volta aspetti il consenso degli altri. Ogni volta ti metti in discussione. Ogni volta è una sfida. Ma so comunque che non potrei fare altro, che non saprei fare altro e questo è il prezzo
LeggiSimona Vinci
Ho paura che le mie parole non servano a niente, non cambino niente
LeggiPaolo Grugni
In teoria si può vivere di scrittura. Ma necessitano molti appoggi, la qualità del libro ha poco a che fare. Io ancora non ci vivo, ma ce la farò
LeggiAlda Teodorani
Adoro scrivere, è una parte fondamentale di me. Non ho mai una scaletta da seguire, è un flusso di pensiero e io lo inseguo
LeggiClaudia Salvatori
Mi sono ritrovata a dire cose molto personali a un pubblico di sconosciuti, con l'audacia degli attori molto timidi. E' uno dei pochi privilegi della fatica di scrivere: poter socializzare i propri mali. La vedo come un'infezione che si contrae e necessariamente si trasmette. Uso anche le interviste per liberarmi: anche QUESTA intervista
LeggiGiuseppe Genna
Ogni testo che scrivo è una domanda generale a cui non riesco a dare risposta e che offro ai lettori, i quali sono spesso abituati a ricevere piuttosto risposte dai romanzi. Per questo mi piacerebbe percorrere tutto lo spettro delle forme e delle poetiche tradizionali: mi piacerebbe dare agli altri risate e meditazioni, esattamente come accade nella vita quando non scrivo
LeggiGrazia Verasani
Ho i miei rituali: lo stesso bar, lo stesso lavasecco, la stessa tabaccheria, la stessa edicola, lo stesso benzinaio. Mi perdo ogni volta che c’è il giorno di chiusura. Un amico mi ha definita più abitudinaria di un serial killer
LeggiNicoletta Vallorani
Ho avuto una nonna, importantissima. La nonna delle storie, e che se n'è andata troppo in fretta. Parlava un pugliese molto stretto, dunque spesso non capivo nulla di quel che mi stava dicendo, ma ero affascinata dal suono, dal viso scavato, dagli occhi ciechi. E mi facevo raccontare la stessa storia mille volte finchè non venivo a capo di un senso. Che non era necessariamente quello giusto, ma era il risultato del tentativo di costruire un ponte. In fondo è la stessa cosa che penso accada quando si scrivono romanzi
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