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27. Gazzetta Marziale 8. Il Gioco della Morte
L’ottava uscita marziale della Gazzetta dello Sport rappresenta da una parte una deprecabile speculazione su Bruce Lee, dall’altra il suo ultimo testamento
LeggiStrane cose, domani di Raul Montanari
Una storia che parte dalla pioggia e si concluderà nell’aria
Leggi“28 grammi dopo” di Iacopo Barison
Credo sia questo il vero valore di un libro: la sua capacità di farsi preferire rispetto ad altre azioni possibili
Leggi26. Gazzetta Marziale 7. Camera con vista su Shaolin
Film epico che ha scritto la storia del cinema marziale di Hong Kong. Eroismo e leggenda si fondono nella 36ª camera del Tempio di Shaolin
LeggiL’amore non si dice di Massimo Vitali
La scrittura è la sua grande passione e lo dimostra con le numerose lettere che il suo personaggio, Edoardo, spedisce a Teresa
Leggi[70] In due si uccide meglio
Il Prof ospita un interessante saggio sugli omicidi seriali in coppia. Botta e risposta con Giuseppe Pastore
LeggiAlberto Ibba, Direttore Editoriale di VerdeNero
La riuscita di un libro dipende da milioni di variabili. Dobbiamo subito capire di quale “tipo” di editore stiamo parlando. Non possiamo paragonare le chance di successo di un libro pubblicato da un grande editore piuttosto che da un editore indipendente. Intendo dire lo stesso titolo dello stesso autore. Le capacità d’investimento nella promozione, la presenza in libreria, il riscontro massmediatico, sono tutte variabili fondamentali che prescindono dal “gusto” dei lettori. Non credo affatto che la nascita di un best seller sia il risultato del così detto tam-tam tra i lettori. É una storiella raccontata dai big.
Leggi[67] Cinquant'anni di Segretissimo
Per un agente segreto tra intrighi, agguati, femmine maliarde cinquanta anni di carriera sono un record
Leggi[63] Intervista a Barbara Baraldi
Di Lullaby e di altre storie
LeggiTre farfalle d'argento di Roberto Santini
Secondo me la storia dà al mystery un fascino particolare, perché sembra permettere una distanza anche emotiva dagli eventi e poi, quasi a tradimento, fa dei personaggi una sorta di fantasmi che tornano. Jung l’ha chiamato “inconscio collettivo”. Andare a ritrovare il passato è come andare a stuzzicare istanze profonde che sono dentro di noi e che sono collegate a qualcosa di affettivo. Uso affettivo, non nel senso di “affettuoso”, ovviamente. È come entrare in un vecchio bar del centro che ha mantenuto gli stessi arredi di cinquant’anni fa: provoca un’emozione strana, anche se allora non ero nato, o ero soltanto un bambino.
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