Quante volte figliolo? Una volta padre, ma non basta…
Quella che sembra una boutade, va presa invece per verità (piccola piccola…) su Il segreto dei suoi occhi dell’argentino Juan José Campanella che fattosi le ossa con Law & Order e Dr. House, quest’anno ha visto la “sua” pellicola (per tutti quelli che credono alla figura dell’”autore”…), portarsi a casa l’Oscar come miglior film straniero (premio che per inciso è ritirato dal produttore e non dal regista…).
Con una volta soltanto pare difatti cosa assai ardua riuscire ad afferrare tutto quello che lo script a quattro mani mette in scena ad iniziare da un delitto efferato che coinvolge un gruppetto investigativo che preso il caso a cuore inizia una caccia senza tregua all’omicida.
Non aspettatevi però nulla di hollywoodiano, magari in senso “degenere”. Il verso che il film prende è un altro, riuscendo peraltro a tenere parecchie cose insieme. Se di primo acchito si ha a che fare con un thriller (finalmente!), con tanto di indizi (fotografici…) che condurranno al colpevole in modo inaspettatamente rapido, è facile rendersi conto che altri temi premono per occupare la ribalta senza che il primo, il thriller cioè, si indispettisca al punto da negare loro l’accesso alla ribalta. A voler stringere, i temi collaterali sono in fondo tre: il dolore che l’omicidio ha sparpagliato tutt’attorno (per inciso c’è un’attenzione e un rispetto per la vittima abbastanza raro…), una riflessione sul conflitto dei conflitti, quello cioè che da sempre vede su sponde opposte la giustizia pubblica (quella dei tribunali), quella privata, che neanche a dirlo si chiama vendetta (è sufficiente aggiungere che dal conflitto stavolta se ne uscirà con una soluzione, perlomeno in termini racconto, tutto sommato inedita e capace di innescare altre riflessioni), e una storia d’amore virata al melodramma, amore che sempre ad un passo dallo sbocciare è finisce implacabilmente sepolto sotto altre vicende, lasciando anch’esso alle sue spalle una scia di nostalgia e rimpianto nei potenziali protagonisti.
È stato scritto che Il segreto dei suoi occhi è un film raro perché somiglia “maledettamente” (aggiunta nostra…) ai film di una volta: sceneggiatura solida, attori di bravura imbarazzante (la coppia composta dall’agente investigativo Benjamín Espósito\Ricardo Darín e il giudice Irene Menéndez Hastings\Soledad Villamil senza trascurare Sandoval, collega di Espósito, cui Guillermo Francella, celebre comico in patria, dimostra ancora una volta come in ogni attore comico ci sia un attore drammatico che preme per venire fuori…), riflessivo quanto basta per affrancarsi dal “come una volta” di cui sopra (Espósito che a bocce ferme decide di ricostruire la storia dell’indagine attraverso un libro…), e infine una regia capace di volare alto quando serve, capace di dar vita ad uno strabiliante piano sequenza che iniziato sul cielo sopra uno stadio, prosegue in mezzo a migliaia di tifosi che dagli spalti assistono alla partita della loro squadra del cuore (il ragionamento di Sandoval nel bar ad Espósito sul perché sia convinto che l’assassino si trovi proprio lì, proprio durante quella partita, è tutto da ascoltare…).
Sullo sfondo la dittatura militare argentina (dal 1976 al 1983). Il film se ne serve come ostacolo alla verità (e questo magari è un messaggio politico…), sia come innesco per il conflitto lacerante tra le due giustizie (e questo forse non è un messaggio politico…).
Non sappiamo se questa sarà la solita estate, ma Il segreto dei suoi occhi no, non sarà il solito film.
Questo è sicuro…
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