- E io che mandavo a morte sicura un innocente... sussurrò l’altro. - Ma allora...

- Allora il colpo è venuto da dietro la fila dei militi, da uno che stava uno o due passi dietro a loro, leggermente sulla destra rispetto a Ciapetti: uno che nessuno vedeva e che deve aver sparato con la mano e la pistola nascosta da qualcosa, forse un soprabito o qualcosa del genere.

- Il delegato...

- Sì, il delegato Cordioli. L’unico che potesse farlo, e poi saltare addosso al primo dimostrante e nella confusione infilargli in tasca la pistola fumante. Per questo ha chiamato la vittima: l’ha fatto girare poi l’ha colpito al fianco: alla schiena non poteva, sarebbe stato chiaro da dove veniva il colpo.

- Ma perché?

- L’ho scoperto prima di venir qui, con due domandine facili facili. La moglie di Cordioli si chiama Lea. E’ il nome che la vittima ha pronunziato prima di morire: ti dice nulla?

Il poliziotto sospirò.

- Adesso io ti lascio, decidi tu. Se vuoi andiamo in dibattimento e io tiro fuori tutto. Oppure liberate quel disgraziato e alla zitta vi processate il vostro collega. Ma se volete che io stia buono... beh, un prezzo lo dovete pur pagare.

- E sarebbe? Non ti facevo venale.

- Sarebbe una bella pensione alla famiglia del Nannini, che ha due figlioli, e un fondo fiduciario per farli studiare fin da grandi, se vorranno. Il marchio d’esser stato in prigione non se lo leva più quello: figurati, nei paesi...

- Vado a parlare col procuratore del re. Il tuo assistito sarà liberato tra due ore. Suonò ancora il campanello. - Chiamate qui il Delegato Cordioli e fatelo aspettare finché non ritorno. Ti dobbiamo un grosso ringraziamento, Terenzio: se non ci fossi stato tu...

- Se non ci fossi stato io avreste ammazzato un innocente in più: come quelli di Sesto, o di Milano. E ve ne sareste stati tranquilli e in pace, come per quei morti lì.

Quando Morosini ebbe sceso le lunghe scale che lo avevano riportato al marciapiede di fronte alla Questura, sostò un attimo sulla strada, rabbuiato in volto. Davanti a lui una mendicante chiedeva l’elemosina, mentre due bambini cenciosi e affamati le stavano intorno, pallidi e muti. Un lestofante adocchiava l’orologio di un passante, due fiacchierai litigavano con violenza, le grida di un avvinazzato risuonavano sopra il frastuono del traffico. Dal retro di un ristorante, poco più in là, gettavano i rifiuti che avrebbero sfamato un’intera famiglia. Mentre l’avvocato osservava fosco tutto questo, un violino prese a suonare da una casa di fronte, e le note leggere e vibranti si innalzarono verso il cielo, alzandosi sopra il traffico della strada, sopra le miserie degli uomini, su, verso le nuvole grigie e gonfie che correvano verso Ovest. L’avvocato alzò lo sguardo verso la finestra da cui il suono sottile proveniva e sorrise, con fare sognante: poi si avviò fischiettando, leggero come non era stato da molto tempo, felice come un fringuello.