Lo sappiamo tutti: a posteriori, una passione improvvisa può talora risultare ingannevole, per ogni cuore. Gli amori inattesi e immediati regalano attimi straordinari, che a volte sono unici, ma altre volte lo sembrano solamente. Nel secondo caso, inevitabilmente poi sbiadiscono (un po', o addirittura tanto) nel mare del ricordo: ossidati dal tempo, crepati da pensieri anche troppo razionali, o invece emozionalmente consumati da nuovi fuochi brucianti o da più duraturi calori.
I lettori appassionati sanno anche un'altra cosa: esistono le "belle cotte" anche per i libri! Romanzi per cui perdiamo la testa dalle prime pagine, che sanno ammaliarci lungo tutto il (sempre troppo breve) tempo che condividono con noi, per poi lasciarci appagati, ma con la malinconia trasmessa dalla parola fine e dall'attesa di un nuovo inizio. Anche questi "amori", anche quando non privi di ragione e fondamento, con il tempo possono venir ridimensionati da una rilettura più analitica. Oppure da semplici considerazioni a freddo.
Dove voglio andare a parare?
Mi spiego…
Lo scorso aprile, attratto soprattutto dall’ambientazione, ho voluto leggere I fiori di Hong Kong, di Paola Rondini. E – appunto! - mi sono innamorato, di questo romanzo. Per una serie di ottimi motivi, che mi sento di giudicare oggettivi, per quanto consolidati dalle affinità che ho avvertito nell'approccio attento, preparato e sentito, che l'autrice ha verso le altre culture (tra diversità e somiglianze) oltre che a quello empatico con cui infonde anima e realismo ai suoi personaggi: protagonisti, comprimari e persino comparse.
In qualità di lettore, ho il sacrosanto diritto di abbandonarmi al sano e puro piacere della lettura senza chiedermi quanto di quell'appagamento rimarrà a distanza. Ma tale diritto viene meno come recensore, in quanto entra in gioco la mia responsabilità. Quindi, per onestà verso di voi che mi leggete e magari vi basate anche sulle mie opinioni per acquistare un libro, ho voluto attendere che l'eccitazione decantasse, prima di correre il rischio di fornire un giudizio eccessivamente entusiasta.
Beh, ora un tempo ragionevole è passato. Con svariate nuove letture, tra cui alcune di pregio, nel frattempo. Ma non ho cambiato per niente idea. E l'entusiasmo non è scemato.
Paola Rondini sa scrivere.
Lo fa dannatamente bene. Senza sbavature. Narra coinvolgendo a 360°, con immagini, dialoghi, sensazioni e pensieri, ma senza per questo risultare mai invasiva, senza una singola smagliatura didascalica. Lo fa in modo conciso, eppure pieno e appagante. Immediato, ma completo. Con l'evidente capacità naturale di esprimersi ed esprimere con profondità, senza affidarsi a orpelli per apparire attraente. Uno stile lineare ma valido, che né cela limiti di scrittura né è conseguenza di un eccesso di "asciugatura", talvolta inopportunamente indotta da alcuni editor troppo zelanti, se non addirittura zeloti, rispetto a questa procedura di editing. Valida per alcuni autori, non per tutti.
Sono capacità narrative che emergono palesi in questo secondo romanzo dell'autrice, mentre erano ancora in parte inespresse in quello d'esordio, che pure era un bel libro (Miniature, Fanucci 2007). I fiori di Hong Kong è un testo maturo, equilibrato, efficace e di squisita fattura. Si pone degli obiettivi e li raggiunge senza visibili forzature. Promette e mantiene gli impegni, senza deludere nel suo finale che non si presta a una forzata drammaticità né indulge all'happy end o al consolatorio. Una chiusura che lascia una dovuta punta di amaro in bocca, in linea con quel dosato cinismo/pragmatismo che pregna tutto il narrato.
Dopo lo stile, un altro punto di forza del libro sta senz'altro nell'ambientazione. Dalla biografia dell'autrice, sappiamo che ha viaggiato e soggiornato all'estero a lungo. Ebbene: non lo ha fatto a vuoto! Non si è semplicemente portata l'Italia ovunque andasse, come un sacco di gente fa. Per poi tornare senza crescita, senza vera esperienza; solo con molte foto, qualche video, e tanta paccottiglia, per quanto carina… No, Paola Rondini è tornata con il mondo dentro di sé, non buttato in valigia o compresso nei gigabyte di una scheda HDSC. E' tornata con cognizioni e consapevolezza, ma anche e soprattutto con un tesoro di emozioni e percezioni così ricco da poter essere elargito con convinzione ad altri. La Rondini non inventa. Rivive e fa rivivere. Propone scenari partecipi, impreziositi da particolari mai pacchiani o superflui, dove non pretende di comprendere e svelare Hong Kong nella sua complessità, ma in compenso propone con grande aderenza svariate tra le sue sfaccettature di città unica al mondo. E' così che il film proiettato diventa reale piuttosto che realistico. Dove gli attori (tutti!), non recitano una parte, ma sono loro stessi. Merito non solo dello stile di scrittura, ma anche di una notevole sensibilità sociale e umana a monte. Ogni figura è curata e credibile. E, tra tutte, assolutamente indimenticabile è il commissario Leung. Lo scopriamo capitolo per capitolo, affezionandoci a lui: alle sue incertezze come alla sua posata intelligenza, alla sua modestia ma anche alla sua grande dignità e alla sua caparbia onestà. Al suo mondo di misurati desideri e piccole passioni, per lui preziose, come l'interesse per la lirica e Pavarotti. Al suo modo di relazionarsi agli altri: allo straniero in terra straniera, ingannato da una falsa verità sull'omicidio del fratello; al suo giovane aiutante; all'affarista russo; alla matrona proprietaria di un ristorante di lusso, ma anche all'occorrenza faccendiera; al suo superiore in polizia, e via elencando… Ma, soprattutto, da lettori viviamo il suo rapporto con la figlia adolescente, segnato dalla frattura tra una generazione che è cresciuta stentatamente, e un'altra che invece ha beneficiato di momenti assai più prodighi. Tra un mondo che si accontenta sempre e uno che vorrebbe non accontentarsi mai. Tra un mondo che pare tetro e un mondo che pare luminoso. Ma cova le sue tenebre.
Da sottolineare poi la bravura della Rondini nel gestire i dialoghi. Calibrati. Semplici e complessi nel contempo, leggeri ma profondi.
Non basta. I fiori di Hong Kong è anche un romanzo di contenuti. In termini di rapporti umani. E in termini di attualità. Parla di oriente e occidente, in epoca di globalizzazione. Ma anche di uomini e donne, di amicizie non dichiarate ma sentite, di rapporti genitori e figli, con relative incomprensioni generazionali, di società, di affari criminali, di mafia russa e cinese…
Last but not least: nel romanzo, che non dimentica affatto di proporsi anche in forma evasiva, non vengono meno il ritmo e la trama. Il testo è scorrevolissimo. L'intreccio, costruito con professionalità, fa sia da collante che da motore. I fiori di Hong Kong è forse a tratti più un mainstream che un giallo nero, ma è indubbiamente proprio dalla narrativa di genere la Rondini tragga la solida struttura portante della vicenda. Il romanzo si apre con la morte di Giorgio Sarli, un expat italiano che lavora ad Hong Kong per conto di un istituto bancario. Ci lascia le penne in modo violento: ucciso nella sua camera assieme a una prostituta, da un sicario non identificato. Momento sbagliato con la compagnia sbagliata? Così parrebbe… Così converrebbe che fosse. Ma non è d'accordo Vittorio Sarli, fratello della vittima, giunto a Hong Kong per il riconoscimento e il recupero della salma. E non lo sarà, malgrado i pericoli verso cui andrà incontro, nemmeno il commissario Leung. Soprattutto quando questa morte andrà a intrecciarsi con un'altra, apparentemente slegata dalla prima. Il bisogno di verità di Vittorio e quello di giustizia di Leung porteranno le indagini sino alla verità, passando un limite che conduce inevitabilmente in una zona d'ombra, come peraltro accade in ogni buon noir che si rispetti.
Concludendo, se con Miniature, Paola Rondini si era già posta all'attenzione dei lettori con un felice romanzo d'esordio, tradotto anche all'estero, che già lasciava intuire le potenzialità dell'autrice senza però sprigionarle appieno, con I fiori di Hong Kong siamo di fronte a un romanzo di eccellente fattura. Ricchissimo, eppure mai gonfio. Che convince, coinvolge a fondo e fa pensare. Un libro che consiglio senza il minimo dubbio.
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