Torna l’epica dei film di Hong Kong degli anni Settanta nella undicesima uscita de “Bruce Lee e il grande finema delle arti marziali”, portato in edicola dalla Gazzetta dello Sport. Un cult che ha cambiato la storia del cinema marziale: “La ghigliottina volante” (Xue di zi / The Flying Guillotine, 1975) è una gustosa fusione di wuxiapian (film di cavalieri erranti e spadaccini volanti) e gongfupian (film in cui ci si affronta a mani nude).

Su tutti gli attori svetta Chen Kuan Tai, grande protagonista del cinema di Hong Kong di quegli anni e soprattutto grande interprete sia del pathos che dell’epos di cui questi film - troppo spesso bistrattati - erano grandi testimoni.

Durante la Dinastia Qing, l’imperatore Yung Cheng viene a conoscenza che uno dei suoi uomini fidati ha costruito un’arma fenomenale, chiamata ghigliottina volante. Questa consiste in una cesta dai bordi taglienti, capace di mozzare una testa a più di trenta metri di distanza. Viene subito creata una squadra di guerrieri che, dopo un lungo addestramento, si specializzerà nell’uso di questa terribile arma.

Dopo alcune missioni, uno degli uomini ha dei dubbi: si rende infatti conto che la squadra di cui fa parte in realtà sta uccidendo degli innocenti. Prova a protestare, ma verrà ridotto al silenzio con la morte, sua e della moglie. Anche Ma Teng (Chen Kuan Tai) si rende conto dei subdoli piani che stanno alla base della squadra, ma preferisce defilarsi che rischiare la morte. Il resto della squadra impiegherà un anno a

Chen Kuan Tai
Chen Kuan Tai
ritrovare l’uomo, il quale nel frattempo si è formato una propria famiglia e vive nell’anonimato: all’arrivo dei suoi ex compagni d’arme, saprà accoglierli con un’arma di propria invenzione, degna controparte della ghigliottina volante.

 

L’epica della storia la si può gustare sia nei rimorsi di coscienza di alcuni soldati quando si rendono conto dell’iniquità del potere che li comanda, ma soprattutto nel sacrificio di uno di questi per salvare Ma Teng, ormai tiratosene fuori.

Pare che il film si rifaccia ad un vero episodio della storia del XVIII secolo cinese, e che sia esistita veramente un’arma simile a quella vista sullo schermo: non essendoci testimonianza alcuna della sua forma, questa è stata concepita usando la pura fantasia. Comunque la realtà storica del film - o quella tecnica dell’arma in particolare - non è assolutamente lo scopo principale del regista, né tanto meno del pubblico: entrambi preferiscono le vicende umane condite di dosi abbondanti di combattimenti spettacolari.

Locandina originale
Locandina originale
Il film riscuote un grandissimo successo al botteghino, tanto da spingere una produzione taiwanese a girare in tempo record una specie di remake della storia: “Master of the Flying Guillotine” (Du bi quan wang da po xue di zi, 1975), scritto, diretto, interpretato e coreografato da Jimmy Wang Yu, un grande veterano del cinema di genere. Visto che la vicenda si rifà ad un vero fatto storico, questo secondo film - inedito in Italia come tutti gli altri relativi alla ghigliottina volante - rielabora la stessa vicenda condendola con più personaggi, fra cui il celebre Spadaccino Monco (One-Armed Swordsman) che ha reso immortale l’attore Wang Yu.

Il vero seguito della vicenda del film lo si avrà nel 1978 con “Flying Guillotine 2” (Can ku da ci sha) di Cheng Kang e Hua Shan, con un mostro sacro nel ruolo di Ma Teng: Ti Lung. Proprio ora il talentuoso regista di Hong Kong Dante Lam sta lavorando ad un remake ad alto budget di “Flying Guillotine”, di cui ancora però non si conoscono i dettagli.