Ovvero i sette vizi capitali…
Seven di A.A. V.V. a cura di Gian Franco Orsi, Piemme 2010.
Già mi ero trovato bene con l’antologia History & Mystery pubblicata sempre dalla Piemme nel 2008 e sempre curata egregiamente da Gian Franco Orsi, per cui, quando ho intravisto sugli scaffali della solita libreria di Siena la bella copertina rossa della presente, vista e presa. Sono del Toro, ergo un po’ abitudinario, e se c’è da andare sul sicuro ci vado.
Ventuno scrittori che si cimentano sui famosi sette vizi capitali: superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia, accidia. Tre racconti per ciascun peccato e non si fa torto a nessuno con la spiegazione finale della scelta da parte degli autori. Introduzione golosa (tanto per restare in tema) di Orsi con citazioni da tutte le parti.
Si inizia con l’accidia e via su fino alla superbia. Un excursus godibile tra infingardi accidiosi che non hanno voglia di fare nulla, neppure di terminare un libro già cominciato, grassoni golosi che finiscono in un carcere di rieducazione alimentare, tirchi dannati che vivono una vita di merda, invidiosi da morire (prendetelo alla lettera) e via di seguito.
Questa antologia va sfogliata con lo spirito giusto. Racconti leggeri, briosi, ironia, grottesco, scene di vita quotidiana, scene apocalittiche (Altieri mi mette sempre in agitazione), addirittura il classico enigma della camera chiusa, il finale d’impatto che non ti aspetti, qualche pizzicotto a certe magagne della società, a certi atteggiamenti individuali “non gliene frega niente a nessuno di quello che dicono gli altri”, il ladro ruba ma Lorenzo il bancario frega lo stesso i suoi clienti per conto della banca e se uno fa una rapina ben congegnata ma poi i giornali non ne danno notizia che gusto c’è?
Gli intellettuali, come al solito, boriosi da morire, ci fanno una figura cacina con i loro tic, le loro pretese di grandi scrittori e recensori (attento Fabio, ricordati di Mister A…), il povero Filoandro poeta vero (dice lui) che se la prende con il “tempo sciagurato, questo, in cui fattorini, cavadenti, servi e sguattere e puttane possono essere poeti!” e sembra di essere ai giorni nostri in cui solo le puttane (forse) svolgono rigidamente il loro mestiere senza invadere altri campi.
E tra tutte queste strizzatine d’occhio, tra tutta questa ironica brillantezza non scordiamoci i morti ammazzati che qui, alla fin fine, non si scherza.
Un’antologia terapeutica “per tutti gli scrittori che hanno deciso di parteciparvi” ma, sono convinto, anche per i lettori con il subdolo pericolo che si potrebbero ritrovare superbi, avari, lussuriosi, irosi, golosi, invidiosi e accidiosi e non lo sapevano.
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