La collana “Bruce Lee e il grande cinema delle arti marziali”, curata dalla Gazzetta dello Sport e Stefano Di Marino, presenta da ieri in edicola un film controverso: “L’ultimo combattimento di Chen” (Game of Death, 1978) è da una parte una scadente operazione commerciale - per non dire del vero e proprio sciacallaggio - che specula sulla figura di Bruce Lee a cinque anni dalla sua morte, ma dall’altra è anche stato per decenni l’unico modo che i fan di tutto il mondo hanno avuto per ammirare il suo ultimo - e migliore - lavoro... Almeno fino al 2000. Ma andiamo con ordine.

Quando il 20 luglio 1973 sopraggiunge la morte, Bruce Lee stava lavorando ad un progetto di film marziale come non ce ne sarebbero mai stati in futuro. Con allievi ed amici stava dando vita al “Game of Death”, un film di ascesa marzial-spirituale di cui però Lee riuscì a girare solo poche decine di minuti. La sua morte fece finire il tutto in magazzino.

Dopo quella fatidica data decine di film, quasi sempre di pessima qualità, millantano Lee nel cast cercando (e spesso con successo) di truffare gli spettatori: il nome di Bruce in cartellone vuol dire incasso assicurato.

Ho Chung Tao
Ho Chung Tao
Nel 1975 (altre fonti riportano 1977) la Shaw Bros, regina del cinema di Hong Kong, fa uscire nelle sale “Good Bye Bruce Lee!” (Yung chun ta hsiung), sbaragliando ogni concorrenza. Nella pellicola, infatti, un eccellente Ho Chung Tao (nome d’arte: Bruce Li) interpreta il ruolo di un attore marziale che finisce nei guai con la malavita, sbaragliando i propri persecutori in un combattimento finale in una struttura a più piani, vestito di una tuta gialla con bande nere... La Shaw praticamente racconta al pubblico il succo di “Game of Death”, il lavoro di Lee rimasto incompiuto. 

La reazione della Golden Harvest, la casa che ha prodotto i precedenti film dell’attore nonché detentrice dei diritti su quanto girato da Lee prima di morire, decide di rilanciare giocando una carta più alta: non raccontare, bensì presentare al pubblico il vero “Game of Death” di Lee. Un film cioè che mostri quei pochi minuti di girato con il “vero” Lee protagonista. Visto però che si parla di poche scene, i dirigenti decidono di costruire intorno al poco girato un pessimo e delirante film (molto simile a quello della Shaw).

Bob Wall e Sammo Hung
Bob Wall e Sammo Hung
Chiamano Robert Clouse alla regia, che dopo “I 3 dell’Operazione Drago” ha un nome di successo sia in Asia che in Europa (è anche sceneggiatore, ma si nasconde dietro lo pseudonimo Jan Spears); chiamano l’affermata star marziale Sammo Hung (che combatte contro Lee all’inizio proprio di “I 3 dell’Operazione Drago”) e gli affidano le coreografie dei combattimenti, nonché una piccola apparizione contro Bob Wall, anch’egli attore nel citato film di successo; affidano infine la colonna sonora a John Barry, premiato autore di storici temi musicali. Tutti nomi di prima categoria, tutte scelte oculate... ma il risultato è un vero orrore! 

L’ultimo combattimento di Chen” (intitolato così in Italia per millantare un inesistente collegamento con il personaggio di Chen, nome dato arbitrariamente nel nostro Paese ai vari ruoli di Lee) è la storia di Billy Lo, attore marziale di grande successo che decide di fingere la propria morte per ingannare dei loschi criminali, vendicandosi poi a modo suo. Ovviamente è un “film nel film”: vengono mostrate sequenze tagliate da precedenti film di Lee e si mette in scena una triste sequenza: quella della morte di Lee sul set. Questa sequenza ha generato per decenni leggende metropolitane a non finire: l’immagine di una comparsa che carica una pistola con un vero proiettile, sparando all’attore, rimarrà fissa nell’immaginario collettivo. Invece fu solo una pessima trovata di un pessimo film.

Al contrario di altri film con sosia di Bruce Lee, “L’ultimo combattimento di Chen” ha la disonestà intellettuale di spacciare per il “vero” Bruce Lee quello che si muove nell’inquadratura, trovandosi quindi costretto a trucchetti vergognosi come usare dei sosia ripresi di spalle o addirittura delle ridicole sagome cartonate! Nelle scene d’azione più marziali, il sosia è Yuen Biao, celebre attore amico di Sammo Hung e Jackie Chan - anche se purtroppo quasi del tutto sconosciuto in Italia. Nelle scene recitative ad interpretare Lee c’è Kim Tai Chung, che ripeterà l’operazione in “L’ultima sfida di Bruce Lee” (1981) e ancora in “Kickboxers: vendetta personale” (1986), dove darà vita... al fantasma di Bruce Lee!

L’unico motivo per vedere questo film è la parte finale, quando il vero attore mostra il lavoro a cui si stava dedicando prima di morire: le sequenze di combattimento nella pagoda. In esse infatti, malgrado il delirante script del film, c’è tutto il pensiero di Bruce Lee maestro: l’ascesa di una metaforica pagoda, con nemici sempre più forti, fino alla conoscenza assoluta, alla pura marzialità mentale. Ricordiamo, come si è detto in un precedente articolo di questa rubrica, che l’espediente era già stato usato quasi identico da Chang Cheh per il film “Le invincibili spade delle Tigri Volanti” (Have Sword, Will Travel / Bao biao, 1969), ma Lee lo ammanta di una ulteriore carica filosofica.

 

Per vent’anni, questo è stato quanto si è potuto ricavare dal Gioco della Morte... ma il gioco continua...

Nel 1994 John Little viene chiamato da Linda Lee Cadwell (moglie di Bruce e detentrice dei suoi diritti) per organizzare un «armadietto contenente artefatti e fogli personali di Bruce Lee in un ripostiglio a Boise, Idaho, nella tenuta dei Lee», racconta Little in un articolo arrivato in Italia grazie alla rivista “Bruce Lee Kung Fu Magazine” (settembre 2000). Lo scopo è quello di pubblicare materiali inediti per la collana “Bruce Lee Library Series”, che vede poi la luce per la Charles E. Tuttle Publishing Company di Boston.

Mentre ordina il materiale, Little si imbatte per caso in qualcosa che lo colpisce subito: «le bozze degli script e le coreografie originali di Lee per il Gioco della Morte perfettamente intatti». Little non ci pensa due volte e vola ad Hong Kong negli studi della Golden Harvest, dove iniziano sei lunghi anni di ricerche del materiale che Bruce cita nei propri appunti. Alla fine, «più di 95 minuti di riprese tagliate vennero scoperte nei sotterranei degli studios Golden Harvest.»

Con grande emozione e passione, Little inizia a montare le sequenze trovate secondo gli appunti lasciati da Bruce Lee. «Le sue note somigliano alle indicazioni per assemblare un complicato modello: senza di esse sarebbe impossibile conoscere esattamente le angolature delle scene, e l’esatta sequenza nella quale Bruce le voleva montate. Adesso sarà fatto alla perfezione.»

Non è stato possibile ricostruire tutto – manca, ci dice Little, «il combattimento tra Dan Inosanto e Chieh Yuan, nel quale quest’ultimo attacca Dan con un grosso ceppo di legno e Dan lo finisce con le sue

Bruce Lee e James Tien in una scena inedita
Bruce Lee e James Tien in una scena inedita
tecniche escrima» – ed alcune riprese sono state scartate, «vale a dire, le parti che Bruce stesso aveva indicato che NON dovevano essere incluse.»

Il risultato è il bellissimo documentario “Bruce Lee Warrior Journey”, distribuito in Italia solo in edizione DVD con il titolo “Bruce Lee - La leggenda” (racchiuso poi nell’edizione speciale 2 dischi de “I 3 dell’Operazione Drago”). Attori moderni interpretano quelle parti che Lee aveva solo sceneggiato e non girato, mentre il grande attore (ed un bravo James Tien) appaiono nella parte finale, nella sequenza della pagoda più lunga di un paio di decine di minuti rispetto a quella vista ne “L’ultimo combattimento di Chen”. Un vero paradiso per gli appassionati di Lee e del cinema marziale in genere!