Strane cose, domani comincia martedì primo aprile 2008, quando Danio, psicologo, dopo un incontro-scontro con il figlio, scorge un diario su una panchina. Danio esita, intorno cade una pioggia fitta e leggera, poi decide di prenderlo, un gesto gentile e distratto, preludio malinconico di una storia che parte dalla pioggia e si concluderà nell’aria. Il diario come simbolo archetipico di un’intimità dell’io che è già disvelamento del privato: si concentrano biforcazioni pericolose, si sfogliano verità inquietanti. E quando Danio capisce che l’oggetto non era stato dimenticato da Federica, la legittima proprietaria, bensì lasciato lì apposta perché giungesse nelle mani di qualcuno, decide di cercarla per restituirglielo.
Ma questa è solo la partenza di un thriller mozzafiato finalista al Premio Strega -e cogliamo l'occasione per fare allo scrittore un grandissimo in bocca al lupo!-, un thriller che si libera di architetture e figure del noir consueto (indagine classica, detective, serial killer) e approda nel post-noir, nuova “area di esplorazione narrativa” che privilegia i personaggi e la loro introspezione senza rinunciare alla suspense. Nella fattispecie, questo è anche un romanzo che indaga senza fronzoli accademici la psiche, emoziona il lettore, lo trascina in un vortice di tensione, atmosfere oniriche, ricordi, sospensioni, segreti, dialoghi intensi, passaggi ipnotici. Nessun momento è casuale e la vicenda prosegue su tracce apparentemente misteriose anche se la sensazione, poi confermata, è che lo scrittore abbia totale padronanza del suo magma creativo. Raul Montanari riproduce con raffinatezza e completezza emozioni, insicurezze umane, cadute, tentativi, riflessioni. Non trascura il pensiero né lo predilige a scapito della materia. La sua attenzione è biunivoca, la fisica e la mente viaggiano sugli stessi binari alla stessa velocità e la corporeità trasuda dalle parole, dagli sguardi posati sulle forme, sui dettagli, sulla pelle. Perché «Noi siamo anche il corpo; siamo anzitutto il corpo».
Abbiamo chiesto a Raul Montanari di compilare il bugiardino del suo libro e, per tutte le cose sopra dette, siamo sicuri che contenga parecchi spunti terapeutici. Prima di lasciarvi alla lettura, concludiamo questa presentazione col meraviglioso –e quasi felliniano– elogio delle donne che lo scrittore regala verso la chiusura:
«Ma che incanto, queste ragazze! Non sono belle, ma vestite così irradiano grazia ed eleganza. Come sono felice che ci siano delle donne, qui. Come vi amo, tutte. Tanti anni fa, ho detto a Eliana: il giorno in cui morirò, intorno a me voglio solo donne. Che me ne faccio degli uomini?»
ISTRUZIONI PER L’USO
Se questo libro fosse un farmaco sarebbe:
Un misto fra antidepressivo e afrodisiaco. Categoria: postnoir.
Composizione ed eccipienti:
Principio attivo: Un maschio pericoloso (tutti i maschi alla svolta fra i 40 e i 50 o diventano pericolosi o sono già morti), una ragazzina sofferente, un diario, un incontro decisivo. Diluito in: una città talmente brutta da fare tenerezza (Milano), schemi familiari tutti saltati, la ricerca della felicità e un detective che somiglia così poco a Dio da finire per incarnarlo, quasi.
Indicazioni terapeutiche:
Ricerca di soluzioni nuove al vecchio problema di raccontare una storia. O leggerla: dipende dai punti di vista.
Consigliato a chiunque, particolarmente raccomandato per:
Chi col noir si annoia e con la narrativa mainstream idem. Lettrici in particolare.
Posologia:
Lettura lenta, che accompagni per almeno una settimana. Tanto poi dicono tutti che l'hanno divorato e ho visto con i miei occhi una donna leggerlo d'un fiato in treno. Be', il treno è arrivato in stazione con molto ritardo.
Controindicazioni:
Gli appassionati di farmacologia noir da cadenza metronomica dei cadaveri (un morto ogni dieci pagine) lo troveranno troppo simile alla vita vera, cosa che come sappiamo è da evitare.
Effetti indesiderati:
Viene voglia di leggere i libri precedenti, o di cessare ogni tipo di lettura.
a cura di Marilù Oliva
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