Con grandissimo piacere proseguiamo questa linea interna di Colpo in Canna-Interviste centrate sul noir ma anche sullo spionaggio. Come ospite d'onore non poteva mancare Andrea Carlo Cappi, amico da una vita, compagno di avventure, sbronze e sigari ma soprattutto vero professionista della scrittura d'intrattenimento che, svolta in maniera intelligente come fa lui, dovrebbe anche indurre a pensare.
Quando è nata l'idea de “Le grandi spie”?
In realtà... molto prima del libro. Nel 1970 mi sono appassionato alla spy-story vedendo al cinema “Intrigo internazionale” e “007 Licenza di uccidere” e ho deciso che da grande sarei diventato uno scrittore di spionaggio; nel 1977, seguendo i consigli del fratello di mio zio, il giornalista Bartolo Pieggi della “Domenica del Corriere”, ho deciso di documentarmi in proposito e imitando le sue tecniche ho cominciato ad allestire un archivio di informazioni: archivio che ho continuato ad ampliare nel corso dei decenni, anche parlando con persone che con quel mondo avevano realmente a che fare, compresa una ragazza che lavorava per Sua Maestà e che dopo un po' che le facevo domande deve avere pensato che fossi una spia sovietica... ma si sa che le funzionarie britanniche cedono sempre alle lusinghe dei giovani mediterranei (e non ho nemmeno dovuto regalarle un nodo d'amore algerino!)
Che cosa non si fa per l'Inghilterra...
Infatti! Poi nel 1996 ho inaugurato la rubrica Le grandi spie sulla rivista “Delitti & Misteri” (la firmavo con uno dei miei pseudonimi, Andrew Cherry, che ha tutta una sua storia) raccontando biografie ed episodi clamorosi. Da qui è nata veramente l'idea del libro... che in principio voleva essere una semplice raccolta di articoli vecchi e nuovi. In realtà la recente apertura di molti dossier rimasti segreti per decenni mi imponeva di riscrivere completamente il vecchio materiale, aggiornandolo con le nuove informazioni. Ma non bastava. Una breve raccolta di monografie su ALCUNE grandi spie del '900 sarebbe stata un'occasione sprecata: un libro del genere meritava che parlassi di TUTTE (o quasi) le spie che nel bene e nel male hanno fatto la storia degli ultimi 110 anni. Così, quando nella primavera del 2009 l'editore Vallardi ha approvato (a tempo di record!) il progetto, sapevo che mi aspettava un lavoro impegnativo. Non pensavo però che tirare le somme di 32 anni di ricerche, appunti e interviste mi avrebbe richiesto sei mesi di lavoro ininterrotto!
Ma non si tratta di un'enciclopedia, o sbaglio?
Non lo è. Ho voluto mantenere un approccio da narratore, sia nei lunghi capitoli dedicati ad alcuni personaggi chiave, sia nei box di varia lunghezza in cui raccontavo storie parallele di altri casi spionistici. Ho scritto un libro pensando, da una parte, a un lettore che lo tiene sul comodino e prima di andare a dormire si legge “la storia di una spia”, scegliendola tra quelle più brevi o più lunghe e seconda di quanto vuole restare sveglio; dall'altra a un lettore che si voglia divorare tutto il libro come se fosse un romanzo; e dall'altra ancora a un ipotetico studente di spionaggio che, grazie al glossario e all'indice analitico, può seguire i collegamenti interni tra una vicenda e l'altra. È incredibile come gli stessi nomi appaiano in contesti diversi, permettendo di tracciare un quadro a volte persino inquietante della storia recente.
Puoi anticipare qualche rivelazione?
In qualche caso l'ho già fatto. Ho rivelato il coinvolgimento di Ian Fleming – sì, proprio il creatore di James Bond – nell'Operazione Mincemeat durante la Seconda guerra mondiale già alla fine del 1999 nella prima edizione di “Mondo Bond”; e alla fine del 2009 il “Times” è uscito – 10 anni dopo di me – con lo scoop: “Ian Fleming lavorò nell'Operazione Mincemeat”. Meglio tardi che mai, io nel frattempo ho scoperto molte altre cose sui retroscena di quell'operazione, tutte riportate nel libro! In realtà molti dei segreti che “svelo” sono notizie già pubblicate persino sui giornali, ma che nessuno ha mai collegato tra loro. In un paio di casi, per tutelare la mia incolumità, non l'ho fatto (in apparenza) nemmeno io... anche se il lettore può trarre le proprie conclusioni attraverso l'indice analitico: basta guardare le pagine in cui appaiono certi nomi per fare due più due.
La storia più appassionante del libro?
Potrei dire... tutte. Dalla verità su Fraulein Doktor, molto diversa dalla versione raccontata finora, a quella drammatica di Richard Sorge, la spia che annunciò invano tanto l'invasione nazista dell'URSS quanto l'attacco giapponese a Pearl Harbor; dalla rilettura spionistica di un agente britannico divenuto famoso come... Lawrence d'Arabia, alla storia completa di “Munich”, che prosegue ben oltre quello che si vede nell'ottimo film di Spielberg. Ma una di quelle più emozionanti da ricostruire è stata la vita di Amleto Vespa alias “Comandante Feng”, un abruzzese che divenne il più grande agente segreto nella Manciuria degli anni Trenta; poco noto in Italia, grazie alle sue scottanti memorie è considerato a livello mondiale una delle fonti storiche più importanti di quel periodo; partendo da un piccolo indizio su Internet sono riuscito a localizzare e contattare una sua discendente che vive negli USA – e che, detto fra noi, sarebbe una credibilissima Bondgirl – la quale mi ha aiutato a colmare certe lacune della vicenda; quella del Comandante Feng è una storia avventurosa che meriterebbe un film... se il cinema italiano fosse ancora in grado di raccontarne di così epiche.
In copertina si legge una frase di Le Carré che non proviene da uno dei suoi libri...
No, l'ha pronunciata in occasione di un incontro al Courmayeur Noir in Festival. Devo dire che quando ho conosciuto John Le Carré sono rimasto profondamente colpito dal carisma e dalla saggezza che emana. Anche se abbiamo punti di vista diversi su alcune cose. Per esempio Kim Philby, la più celebre talpa sovietica nei servizi segreti britannici: Le Carré lo ha odiato profondamente, forse anche perché Philby rivelò al KGB il suo ruolo di agente segreto inglese in Germania! Va detto che Le Carré non è l'unico scrittore di cui si parla nel libro: oltre a Fleming, si racconta anche i lavoro spionistico di Graham Greene, Ernest Hemingway, Jacques Bergier, Jean Bruce, Kenneth Royce... E in fondo, nel mio piccolo, pure per me è stato un lavoro “di intelligence” raccogliere per tutti questi anni le informazioni che non solo sono state alla base dei miei romanzi di spionaggio, ma mi hanno permesso di scrivere questo libro, di sicuro uno dei più impegnativi di tutta la mia carriera.
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