Heat Wave di Richard Castle, Fazi 2010.
New York, trentasette gradi e un tizio, più precisamente l’immobiliarista Matthew Starr, che cade giù dal sesto piano di un edificio e rimane stecchito. Ad indagare la detective Nikki Heat con i colleghi Ochoa e Waley (Roach) e lo scrittore Jameson Rook. Alcuni indizi fanno pensare ad un omicidio e non mancano i possibili sospettati: la moglie che tradisce, un concorrente in affari, un mafioso, l’amministratore finanziario e via di seguito.
Al centro la nostra Nikki, belloccia e sfortunata con la madre morta uccisa quando aveva diciannove anni e i ricordi che riaffiorano all’improvviso. Atletica, si allena con le arti marziali e con il suo allenatore Don anche per un altro tipo di allenamento più ravvicinato. Suo metodo di lavoro parlare, ascoltare, capire e poi riflettere con nomi, date, fotografie sulla lavagna. In conflitto con Rook, ci scappa pure un “Vai a cagare”, ma poi ripensamenti, occhiate e sguardi furtivi conditi da batticuore fino allo scontato epilogo con capriole sul letto.
Le indagini portano a scoprire una vita dissoluta del morto tra donne e gioco e allora i sospetti su questo e su quello, una collezione di quadri che fa gola (veri o falsi?) ed altri cadaveri sparsi fino alla chiusura con inevitabile lotta.
A chiudere in bellezza via il caldo torrido e l’arrivo di un’ondata di freddo dal Canada. Ergo vento, pioggia, fulmini e i due eroi che si baciano sulla porta di casa inzuppati fradici. Che carini!
Note positive: costruzione discreta, lettura veloce, piacevole, psicologie credibili, movimentato il giusto.
Scontati: solito passato di merda che riaffiora, solita sfiga familiare, solito contrasto che si tramuta in innamoramento, solito caldo boia, ormai cliché irrinunciabile.
Ma gira e rigira gli elementi di un romanzo poliziesco sono sempre i soliti ed è difficile tirar fuori anche un sol pizzico di originalità.
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