La detective di Y.S. Lee, Mondadori 2010.
Si parte dall’agosto 1853 a Londra. Mary Lang, dodici anni, condannata all’impiccagione per furto con scasso, viene liberata da una fantomatica “Accademia per Ragazze di Miss Scrimshaw” con lo scopo di “offrire alle giovani una vita indipendente”. Direttrice Anne Treleaven e collaboratrice Felicity Frame.
Si passa di botto al 1858, quando Mary è già diventata una esperta insegnante. Arrivano i primi dati sulla sua vita sfortunata: il padre naufragato con la nave su cui viaggiava, la madre costretta a fare mille lavori, poi a prostituirsi e lei a rubare. Le viene chiesto se vuole far parte di una Agenzia di investigazioni e di svolgere alcune indagini su un mercante che sembra fare commerci di contrabbando. Affare fatto e da qui inizia l’avventura della nostra nuova eroina che entra come damigella di compagnia nella casa del mercante in questione Henry Thorold, sposato con moglie invalida ed una figlia capricciosa. Altri personaggi il giovane Michael Gray, segretario del sig. Thorold, George Easton, promesso sposo di Angelica, suo fratello James, la sguattera Cass (Cassandra Day) e…e tanto basta. Aggiungo il licenziamento della precedente damigella di compagnia che era rimasta accidentalmente incinta (da chi?).
Ora Mary ha diciassette anni, capelli corvini, bella, coraggiosa, risoluta, con la battuta pronta tanto da suscitare l’interesse di qualche maschietto come Michael e James. Iniziano le indagini, le esplorazioni al buio, un incontro particolare dentro un armadio, travestimenti, appuntamenti furtivi, movimento, pedinamenti, rivelazioni inaspettate, un ricovero per marinai asiatici che riceve una particolare sovvenzione dal sig. Thorold, certi conti che non tornano, le uscite in carrozza della sua signora, simpatie e battibecchi, il morto ammazzato e lo scontro finale. Con qualche spruzzatina di critica al maschilismo del tempo, alla condizione inferiore della donna e al razzismo degli inglesi per le persone di colore, mentre c’è un caldo bestiale ed una puzza orribile che viene su dal Tamigi.
Dubbiosa tutta quanta la struttura con diversi punti da chiarire e pure la psicologia dei personaggi un po’ traballante (sembra che manchi sempre qualcosa). L’impressione è quella di un lavoro che va via spensierato e giulivo con l’entusiasmo e l’ingenuità del neofita.
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