Bentrovati a tutti nel nostro salotto letterario virtuale! Dopo aver cominciato il 2010 con un gennaio dedicato a una giovane autrice, che ci ha regalato un po' di entusiasmo, abbiamo il piacere di ospitare Andrea Bedini, che con il suo romanzo Dentro sono meglio (libri/9288) è alla sua prima volta editoriale.
Un'opera particolare che unisce diversi aspetti, dal noir all'amore, dagli anni Ottanta ai giorni nostri, passando per l'Appennino Emiliano, gli entusiasmi giovanili e la dura realtà. Andiamo però con ordine perché di tutto questo e di molto altro possiamo parlare con Andrea, che ci ha regalato la sua presenza per questo mese, cosa per cui lo ringraziamo di cuore.
Grazie a te Chiara, è un onore essere qui con te nel salotto di ThrillerMagazine.
Andiamo con ordine, come dicevo poco fa il tuo romanzo racchiude in sé diversi aspetti, che potrebbero farlo rientrare in diversi generi. Io per comodità l'ho definito "drammatico", tu come lo definiresti?
Un'icona provinciale dei favolosi anni ottanta.
Con questa breve definizione già introduci almeno due elementi portanti di tutta la vicenda, ma prima di entrare nel particolare mi piacerebbe che provassi a inventare un "trailer" di Dentro sono meglio, per aiutare il lettore a calarsi nell'atmosfera….
"…Diego Rubini non era bello, non era affascinante, non era molto sicuro di sé ed era sempre stato terrorizzato dal proprio futuro. Ma questa volta era stato lui a pescare la donna di cuori dal mazzo. E l'aveva fatto contro ogni previsione e nonostante tutti i bookmaker lo avessero dato cento a uno. L'aveva fatto andando contro le leggi della natura, del buon senso, della ragione. E quella mattina si sentiva da dio."
Diego Rubini è stato promosso per miracolo, non ha un soldo in tasca e ha una paura fottuta del proprio futuro. Vorrebbe vivere i suoi sedici anni in modo sereno, ma tutto gli appare complicato, difficile, irraggiungibile. É l'estate del 1988. Gli anni della dance stanno per terminare e ben presto lasceranno il posto alla techno e alla musica grunge. Per Diego Rubini questa sarà un'estate diversa, durante la quale le tensioni dell'adolescenza dovranno fare i conti con l'età adulta, con la responsabilità dei propri gesti e con le atrocità della vita. Un romanzo che danza sulle note degli Africa Bambata e degli Eighth Wonder, per poi evolvere rapido in una successione di eventi che trascineranno il lettore in una dimensione nostalgica e di forte impatto emotivo. Dentro sono meglio, il romanzo che doveva essere scritto 20 anni fa.
Quello che balza agli occhi già da queste poche righe è che il tuo romanzo, anche se inserito in una collana che si definisce di genere, in realtà usa lo spunto noir per parlare d'altro. E' vero c'è un morto, ma non ti interessa parlare di indagini e di colpevoli, piuttosto ti sei concentrato su altri aspetti…
E' vero. Credo che il connubio più intenso nella vita, e quindi anche in una storia, sia quello tra Amore e Morte. La mia storia inizia leggera, con molti personaggi, molto diversi, e apparentemente ben integrati nella società. Lo spunto noir mi serve per mettere in risalto una caratteristica fondamentale di tutti i protagonisti: nessuno è quello che è, o che dice di essere, o crede di essere. I miti si troveranno con le mani sporche di sangue, e i superbi impauriti prima di essere giustiziati.
Questo ultimo concetto si lega in maniera indissolubile con il titolo, Dentro sono meglio, evocativo e di grande impatto.
La prima cosa che ho scritto del mio romanzo è stato il titolo. Dentro sono meglio è il pensiero che accomuna tutti i personaggi di questa storia e la frase che ciascuno di loro avrebbe potuto pronunciare ad alta voce. Chi ha vissuto l'adolescenza negli anni ottanta sa molto bene quanto fosse importante l'immagine che si dava di sé, il vestito firmato e l'ostentare un benessere costante per essere bene accetti da "compagnie" e "gruppi di amici". Da qui il titolo del romanzo che deriva dal malessere di chi invece avrebbe voluto fare vedere dell'altro, oltre la superficie, convinto (o illuso) che dentro fosse meglio.
I protagonisti del tuo romanzo sono adolescenti: un gruppo di ragazzi che si ritrova a Monchio per trascorrere insieme l'estate. Come mai la scelta di scrivere una storia, passami la definizione, "da adolescenti"?
Perché a 16 anni quando le cose vanno bene sei l'incarnazione dell'Esercito Celeste in terra, quando vanno male ti sembra di essere inchiodato alla lancetta corta di un vecchio orologio senza pile. Perché il tuo corpo è privo di alcuna protezione e se un pugno in bocca ti brucia, lo sguardo sfuggente di Chiara ti devasta per sempre, costringendoti a tornare per anni su quella panchina abbandonata.
Da dove nasce l'idea di raccontare questa vicenda?
All'età di 35 anni ho sentito l'esigenza di tornare indietro nel tempo per rivivere gli anni più intensi della mia vita, gli anni della mia adolescenza. Avevo voglia di rivivere le sensazioni, i profumi, i sapori di un'estate unica, ma questa volta volevo essere io il regista di tutti gli eventi, delle vite dei personaggi, della loro gioia e del loro dolore, a costo di ingannare la realtà. Ma poi, quando ho iniziato a scrivere, la realtà e l'essenzialità della vita hanno preso il sopravvento e tutto è scorso in modo naturale.
Quindi mi stai dicendo che c'è una componente autobiografica?
Ovviamente sì. La storia è ambientata a Monchio, paesino di montagna dove ho trascorso tutte le estati della mia infanzia e adolescenza. Ogni anno rincontravo vecchi amici che durante l'inverno vivevano a Milano, Genova, Roma. Il romanzo trae ispirazione da alcune vicende di quel periodo, ma tutta la storia e gli intrecci tra i protagonisti sono frutto di fantasia. Infine, direi di aver fatto impersonare almeno 3-4 aspetti del mio carattere ad altrettanti personaggi della storia.
E' stato difficile, per rendere la storia credibile, ricordarsi come si è quando si è adolescenti e soprattutto sei sicuro che il risultato finale non sia filtrato dagli anni che sono passati tra quando lo sei stato tu?
E' stato estremamente semplice. Ricordo ogni particolare di quegli anni, come se fossero appena passati. E' come se il mio cervello avesse scannerizzato le emozioni, i profumi, i suoni di quel periodo e li avesse conservati sotto vuoto, al riparo dai tarli del tempo. Non ho trovato alcuna difficoltà nel descrivere le emozioni di 20 anni fa, ma non saprei dire se questo lavoro sia stato filtrato dalla mia "maturità". Nel romanzo vi sono anche personaggi adulti, con storie e problemi simili a quelli che vivo tutti giorni: l'alternanza delle vicissitudini dell'adolescenza e dell'età adulta mi ha dato la possibilità di staccare ogni tanto e di mantenere una certa obiettività nella storia.
Poco fa hai citato Chiara, che è una delle ragazze che fanno parte del gruppo. Parlaci un po' dei protagonisti di Dentro sono meglio, presentaceli.
I protagonisti della storia sono soggetti di fantasia, ispirati a persone che ho incontrato nel corso della mia vita, in posti diversi e luoghi diversi. Li ho trascinati tutti nell'estate del 1988, li ho fatti incontrare e scontrare, e ho osservato le loro reazioni. E' stato molto divertente. Diego Rubini è il protagonista del romanzo, timido, introverso, che si sente inadeguato nella maggior parte delle situazioni senza un motivo oggettivo, per una castrazione psicologica che gli altri non riescono a comprendere. Ma nell'estate del 1988 incontra Chiara e tutto cambia. Antoine Tulipano è il ragazzo di Chiara, "stragallo" di Piazza San Babila che decide di andare a trovare la fidanzata a Monchio. L'incontro Diego-Antoine si tramuterà ben presto in scontro. Poi ci sono Enrico e Lucia, una coppia sui 40 anni che si ama, ma vive il dramma della sterilità. Anche in questo caso l'intensità dell'amore si tramuterà in scontro, in incapacità di vivere gli ostacoli della vita, e quindi in fuga. Enrico Pisani verrà trovato assassinato, e le vicende dei protagonisti si intrecceranno, merito anche delle indagini approssimative del maresciallo Miloro e dell'appuntato Camodeca.
Parliamo ora dell'ambientazione: tu hai scelto di ambientare la tua storia in luoghi definiti e riconoscibili, forse anche perché conoscendoli direttamente ti sei sentito più sicuro nel parlarne…
I luoghi sono tutti riconoscibili e tuttora visitabili. Monchio è un paesino di villeggiatura sull'appennino tosco-emiliano, tanto eccitante nel 1988 quanto deprimente nel 2008. Ma forse sono io che son cambiato, che non saprei più far l'amore "scordando la moquette stile e l'Hi-Fi".
Per quanto riguarda, invece, lo stile, hai scelto una scrittura molto semplice e lineare, unendola a un'alternanza di livelli narrativi, che slittano tra passato e presente. Sei riuscito così a creare la giusta tensione narrativa, che tiene il lettore sul "chi va là" fino all'ultima riga.
La struttura della storia assomiglia più alla scenografia di un film che a un romanzo. Sicuramente alcuni lavori di David Linch, regista geniale, hanno influenzato significativamente la scelta dello schema narrativo del romanzo. Trovo che impedire al lettore di comprendere su quale piano temporale si trovi, almeno per alcune pagine, sia molto efficace per aumentare l'interesse nella storia. E dare la possibilità ad alcuni personaggi, ormai adulti, di tornare indietro nel tempo a riflettere sugli eventi del passato sia un modo per creare un'ottima empatia con il lettore.
C'è qualche autore in particolare a cui ti sei ispirato?
Ammaniti e Carlotto.
Con il senno di poi cambieresti qualcosa del tuo romanzo?
Credo di no. Tutte le volte che rileggo il mio romanzo mi rendo conto di quante scene avrei potuto scrivere meglio, descrivere con maggior attenzione, esprimere con uno stile più maturo; ma allo stesso tempo mi piace vedere com'ero e come sono cresciuto pagina dopo pagina. E' un po' come sfogliare un vecchio album di foto: non cambierei mai quella ridicola pettinatura alla Rick Astley, anche se ne avessi la possibilità.
Quale è la parte che ti sei divertito di più a scrivere?
La serata in discoteca al Vanity Club, che credo sia uno dei momenti più esilaranti e drammatici della storia. E' una notte particolare che dà, a ogni personaggio, la forza di esprimere ciò che prova senza pensare troppo alle conseguenze. Molte delle situazioni che ho descritto sono realmente accadute ed è stato molto divertente esasperarle fino al ridicolo.
E quella su cui hai fatto più fatica?
Il finale. Sono arrivato al termine della storia molto stanco e con il dubbio se prolungare la parte finale per altre 100 pagine o fornire una serie di colpi di scena in poche pagine. La seconda scelta mi è sembrata la più sensata, in linea con lo stile dinamico della storia e dei protagonisti.
Come sei arrivato alla pubblicazione?
Grazie ai consigli de "Il rifugio degli esordienti". Ho stampato e rilegato (con copertina colorata e molto accattivante) una ventina di dattiloscritti e li ho spediti sia alle grandi case editrici, sia a quelle piccole e medie. In alcuni casi ho telefonato per sapere se l'eventuale pubblicazione richiedeva un contributo da parte dell'autore. Alla fine ho ricevuto 4-5 proposte, tutte con richiesta di contributo. Poi, dopo circa 8 mesi dal termine del romanzo, mi contatta la casa editrice Eclissi di Milano. Mi comunicano che il romanzo è di loro interesse e che non richiedendo alcun contributo. A questo punto ci siamo incontrati e c'è stata subito un'ottima intesa.
Sei soddisfatto?
Fammici un po' pensare….!
Cosa consigli di fare a chi ha il romanzo nel cassetto?
Gli consiglierei di provare a farlo pubblicare, ma non per il desiderio di avere successo o di trovare il proprio romanzo in libreria, ma per sapere se ciò che ha fatto è una cosa buona. Vi assicuro questo: pubblicato o no, non vi cambierà la vita. Sarei molto diffidente di chi ti riempie di complimenti, ma poi alla fine ti chiede un contributo. E questo non tanto per i 2-3.000 euro che potresti "investire", ma perché non saprai mai se è stata premiata la qualità del tuo lavoro.
E ora che siamo sul finire di questa intervista ti faccio la più classica delle domande: progetti?
Se il miglior investimento che un uomo può fare è un figlio, credo che mi metterò a "cercare" il terzo.
E per quanto riguarda l'ambito letterario? Stai scrivendo qualcosa di nuovo?
Ho un progetto importante, in parte già abbozzato, ma che non vedrà la luce a breve. Passeranno anni, ma credo che sarà un buon lavoro. Si tratta di un thriller psicologico, molto complicato, con una struttura simile al gioco delle scatole cinese. Un po' ambizioso…?
Bene, siamo davvero giunti al termine. Grazie mille, Andrea, per essere stato con noi e ti chiederei di chiudere rispondendo a un'ultima domanda: perché leggere Dentro sono meglio?
Perché sono un narcisista sociopatico!
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