Nel dicembre 2009 la casa italiana AVO Film, forte del sodalizio con la cinese Celestial Pictures, presenta in DVD italiano la versione restaurata e rimasterizzata del film “Le invincibili spade delle Tigri Volanti” (Have Sword, Will Travel / Bao biao, 1969), opera minore ma decisamente rappresentativa della poetica del regista Chang Cheh. Scritto dal prolifico sceneggiatore Ni Kuang, autore di successi storici come “Mantieni l’odio per la tua vendetta” (The One-Armed Swordsman, 1967), “Blood Brothers” (Ci Ma, 1973), “I giganti del karatè” (Shaolin Martial Arts, 1974) e tantissimi altri, il film vede fra i protagonista David Chiang e Ti Lung, due degli attori cari al regista che li userà in moltissimi altri successi. Il titolo è una citazione della celebre serie americana western “Have Gun - Will Travel” (1957-1963), ed in effetti la storia può essere vista come una rivisitazione in chiave marziale di un classico tema western. La particolarità di questo film, inoltre, è che anticipa di quattro anni una trovata resa celebre in seguito da Bruce Lee...
Ogni anno dal Villaggio Invincibile parte una carovana per trasportare una forte somma d’argento nella capitale. Ying Ke-feng era solito garantire la protezione grazie alla propria fenomenale bravura con la spada, ma l’età è ormai un grave problema e non può affidare l’intera responsabilità al nipote Siang (Ti Lung) e alla di lui promessa sposa Yun Piau Piau (Lee Ching). Contro la volontà dei due giovani, quindi, Ying ingaggia Lo Yi (David Chiang), un fenomenale lottatore che incontra per strada, dopo averlo creduto una spia del clan rivale delle Tigri Volanti. Accettato l’incarico, durante il tragitto verso la capitale Lo Yi si innamora della promessa sposa di Siang, venendosi a creare quindi una situazione molto tesa fra i tre. Caduti in un’imboscata delle Tigri Volanti, durante la strenua lotta Lo Yi si sacrifica al posto di Siang, in quanto giunto a conclusione che quest’ultimo sia più meritevole dell’amore di Yun Piau Piau, permettendo così ai due di portare a compimento sia la missione che il matrimonio.
Il combattimento finale, vero e proprio bagno di sangue lucente nel più classico stile del regista, si svolge interamente in una pagoda: mentre Yun Piau Piau combatte nei pressi dell’edificio, Yi e Siang salgono man mano i piani della pagoda affrontando ogni volta nemici sempre più fenomenali, fino ad arrivare in cima, dove li attende il villain del film. Questa ascesa catartica che si compie attraverso la marzialità la ritroviamo in “Game of Death”, grandioso progetto a cui Bruce Lee stava lavorando proprio nei giorni precedenti l’improvvisa dipartita. L’attore-maestro aveva concepito un film in cui il protagonista avrebbe sfidato, proprio in una pagoda, vari livelli di marzialità fino ad arrivare in cima, fino cioè ad incorporarli tutti e a raggiungere un livello superiore.
Lo stesso accade in questo antecedente film di Cheh. Lo Yi in fondo, come spesso accade ai protagonisti delle pellicole del regista, è uno sbandato che ha sempre preso la vita con poca serietà: innamorarsi di una donna impegnata non era mai stato un gran problema per lui. Ma è ora tempo di seguire ideali superiori: proprio perché ama Yun Piau Piau non può permettere che ella rinunci all’amore di Siang, partito decisamente migliore. Non solo l’amicizia che lo lega a Siang, non solo l’amore che lo spinge ad allontanarsi da Yun Piau Piau, ma il vero ed inimitabile epos di Cheh porterà Lo Yi ad immolarsi sulla cima della pagoda: dopo aver affrontato i vari livelli, ora è un uomo migliore, un uomo in grado di immolarsi per il bene della donna amata e dell’amico fedele.
La pagoda come ascesa catartica rimane comunque celebre nella versione di Lee. Prima della morte prematura l’attore riuscì a girare solo una decina di minuti del suo progetto: cinque anni dopo una discutibile operazione commerciale assemblò alla meno peggio (o forse “più” peggio!) sequenze girate con un sosia e scarti di altri film, creando quell’irrispettoso collage conosciuto come “L’ultimo combattimento di Chen” (Game of Death, 1978). Per fortuna John Little, vent’anni dopo, trovò abbandonati in un magazzino cinematografico di Hong Kong gli spezzoni originali girati da Lee, così che poté pulirli, rimasterizzarli e presentarli in un documentario strepitoso, “Bruce Lee - La leggenda” (Bruce Lee: A Warrior’s Journey, 2000), decisamente più riguardoso del pensiero dell’attore-maestro.
Malgrado tutto, l’operazione commerciale servì a rendere celebre l’elemento della pagoda, al contrario di “Le invincibili spade delle Tigri Volanti”, che rimase un film poco sconosciuto per decenni prima che la Celestial Pictures lo riportasse a novella vita.
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