All’inizio di questo suo complesso e articolato lavoro dedicato al film noir americano, Leonardo Gandini cita una frase pronunciata da uno dei più celebri studiosi ed esperti di cinema che la narrativa di settore possa attualmente vantare. “Il noir appartiene alla storia delle idee quanto a quella del cinema” affermava in maniera perentoria James Naremore all’interno di un suo importante testo sull’argomento (“More than Night. Film Noir in its Contexts”). Mai sintesi fu più calzante nel descrivere l’evoluzione di un genere anomalo e misterioso quanto le proprie caratteristiche intrinseche. Un genere che, vale la pena ricordare, si affermò nella storia del cinema senza sapere di farlo e che soprattutto coinvolse nei momenti cruciali della propria crescita influenze, tendenze e condizionamenti di ogni sorta. Da quelli ormai riconosciuti della psicoanalisi, della letteratura hard-boiled americana e dell’espressionismo tedesco a quelli meno caldeggiati ma egualmente pertinenti provenienti invece dall’esistenzialismo, dai b-movies, dall’horror gotico americano, dal film poliziesco e dal gangster-movie. Osservandolo da una distanza critica adeguata, il cinema noir ha effettivamente dato l’idea di essersi formato nel corso degli anni con e su ognuna delle tendenze appena menzionate. Non fosse altro che per la molteplicità di riferimenti e dimostrazioni di cui le numerose opere sino ad oggi realizzate hanno dato prova. E’ doveroso sottolineare però, al pari di quanto sostenuto da Gandini nel suo capitolo d’apertura, come l’epoca immediatamente successiva all’ufficializzazione del noir e al suo riconoscimento, sia stata caratterizzata da una netta contrapposizione di idee intervenute da più parti della critica internazionale per accendere un dibattito (che continua ancora oggi) interessante sull’argomento, capace di far entrare in relazione tra loro opinioni contrastanti, elementi sostenuti o confutati dalle diverse teorie e di spazzare via, almeno nelle intenzioni, le nubi da troppo tempo addensate sopra quel genere così inconsueto, distante dalla rigidità invidiabile di un western, di un musical o di un melodramma classico.

Il già citato primo capitolo dell’opera di Gandini ha proprio il merito di compiere con premura d’altri tempi, un viaggio denso di significato in quella parte di critica settoriale che non solo si è dimostrata interessata all’argomento ma che ha anche contribuito in maniera sostanziosa ed appassionante alla crescita di quella costruttiva dissertazione intellettuale. L’autore costruisce un immenso collage inaugurale alimentandosi della stessa passione utilizzata da coloro che egli passa in rassegna, lasciando al contempo percepire quasi la voglia di immergersi personalmente nelle piaghe di quella sua ricostruzione fedele fatta di citazioni, di riferimenti a opere simbolo del passato e di proprie personali considerazioni tese ad integrare degnamente l’interessante dibattito interno al testo. Questa trascinante partecipazione, nascosta a fatica nel primo capitolo, tende tuttavia a smorzarsi con il procedere della lettura, a tutto vantaggio di una crescita costante dell’approccio analitico messo in campo dall’autore. Dopo aver infatti affrontato la questione della definizione di un genere e delle sue caratteristiche, egli intraprende nei segmenti successivi un viaggio leggermente differente in cui l’intero ciclo vitale del noir viene scansionato con precisione assoluta, mettendo in costante relazione gli elementi fondamentali attribuibili alle dinamiche interne al genere con i film più o meno importanti che ne hanno segnato la storia passata e recente. Ecco che in questo modo prende forma il discorso incentrato sull’influenza della letteratura nei confronti del film noir (capitolo secondo), riassunto in quattro grandi esempi di trasposizioni cinematografiche storiche (Il mistero del falco, L’ombra del passato, Il grande sonno, La fiamma del peccato) utilizzate da Gandini per evidenziare in maniera dettagliata la discrepanza, ad esempio, tra il realismo della narrativa e la dimensione onirica acquisita dalla storia nel passaggio sul grande schermo ; o la differenza dello stile di racconto tra la pagina del libro, basata sui canoni di sintesi e concisione dettati dal giornalismo, e la pagina dello script solitamente molto più compassata e lenta. Nel fare ciò l’autore apre la strada ad una analisi sempre più approfondita, completata nella parte restante del testo da un segmento dedicato al collegamento del film noir (e della sua composizione visuale) alle dinamiche tipiche del sogno e dell’assopimento, e da un segmento molto interessante e delicato incentrato sulla dimensione spazio-temporale attribuita al genere sin dalle sue origini. In questi due capitoli Gandini continua parallelamente il viaggio nella storia del cinema noir, riuscendo a chiamare in causa stralci di opere grandiose ma anche piccole perle troppe volte accantonate da una certa storiografia. Soprattutto in questi due capitoli la sua scrittura diviene altamente professionale regalando al lettore i risultati evidenti di una preparazione invidiabile ed una stesura al contempo efficace e ammaliante. Questo suo approccio sia passionale che professionale garantisce inoltre quella calibrata incisività ad un testo che ha non solo il piacere di informare ma ha anche la pretesa di preparare il lettore eventualmente interessato allo studio della materia.

Lo strumento fornito dalla Lindau infatti è come al solito puntuale e completo, definito in ogni dettaglio esso garantisce qualità e accuratezza ad un argomento troppo spesso lasciato in mano a imprecisioni di vario tipo o rappresentazioni confusionarie e incomplete. Una piccola critica quest’ultima che potremmo rivolgere al capitolo finale del testo (quello dedicato al duplice periodo del post noir e del contemporaneo neo noir), all’interno del quale, sulla scia della vasta filmografia passata in rassegna in precedenza, avremmo voluto ammirare collegamenti con il cinema attuale che non si fossero limitati a Strade perdute di Lynch e a Fight club di Fincher ma che avessero incluso molti altri esempi di film meritevoli di essere scrutati dall’occhio attento di Gandini. Una considerazione finale che non scalfisce di certo l’importanza e la qualità di un’opera necessaria come quella riedita dalla Lindau dopo sette anni di distanza dalla prima pubblicazione.

La recensione è stata pubblicata anche in http://www.close-up.it/spip.php?article5207