Nel 1972 l’apprezzato scrittore di fantascienza Robert Silverberg si unisce al novero degli autori di pseudobiblia con il suo “The Book of Skulls”, romanzo che esce nel 1975 in Italia con il titolo “Vacanze nel deserto” (Andromeda n. 18) e, con lo stesso titolo, nel 1991 nei Classici Urania (n. 172). Nel 2004 la Fazi lo ristampa con il titolo decisamente più appropriato di “Il Libro dei Teschi”.

Il romanzo inizia come una delle classiche storie di viaggio tanto care gli autori (e lettori) statunitensi: un gruppo di studenti, organizzando una gita per le vacanze di Pasqua, decide di andare nel deserto dell’Arizona. Il motivo è semplice: «Eli stava esaminando certi manoscritti rari, nella biblioteca [...] e si è imbattuto in uno intitolato “Libro dei Teschi”, che evidentemente era lì da cinquant’anni senza che nessuno l’avesse mai tradotto». Dopo alcune ricerche, Eli scopre che una confraternita, chiamata I Custodi dei Teschi, vive proprio in Arizona e vale la pena andare a trovarli. Da questa premessa decisamente anomala, tutta la prima parte del romanzo parte e si svolge nella più classica tradizione del “viaggio giovanile”, con avventure, incontri e scontri. Tutto questo, però, serve solo a far conoscere il carattere dei quattro protagonisti.

Perché quattro? Semplicemente perché quello è il numero necessario per entrare a far parte dei Custodi dei Teschi... Ma andiamo con ordine.

 

«La nostra biblioteca ha una “geniza”, una sezione di anticaglie, manoscritti, apocrifi, che nessuno si è mai preso la briga di tradurre, decifrare, classificare, o almeno esaminare». Così Eli inizia il racconto della sua scoperta e traduzione del “Libro dei Teschi”. «In verità non lo stavo cercando. Non ne avevo mai sentito parlare. [...] Il professor Vasquez Ocaña, col quale dovrei eseguire una serie di traduzioni dal catalano, aveva sentito parlare della raccolta Maura dal suo professore, trenta o quarant’anni fa, e si ricordava vagamente di aver avuto per le mani qualcuno di quei manoscritti. Consultando stinte schede compilate con l’inchiostro copiativo del diciannovesimo secolo, appresi in quale punto del sotterraneo era probabile che si trovasse la raccolta Maura, e andai a vedere. [...] Ed ecco: una custodia rigida in carta rossa contenente uno splendido manoscritto miniato, su fogli di ottima pergamena. Il titolo, adorno di ricchi fregi: LIBER CALVARIORUM. “Il Libro dei Teschi”.» Il libro cattura subito l’attenzione del giovane ricercatore: «testo non in latino ma in un catalano molto latineggiante, che tradussi a prima vista. “Sappi questo, o nobile di nascita: la vita eterna offriamo a te”. Il più maledettamente bislacco inizio di testo che avessi mai incontrato. Per caso avevo commesso un errore d’interpretazione? No. “La vita eterna offriamo a te”».

«Il testo era indirizzato a un certo principe dall’abate di un monastero che godeva della protezione del medesimo, ed era essenzialmente un invito a ritirarsi dalle vanità del mondo allo scopo di condividere i “misteri” di quell’ordine monastico. Le pratiche dei monaci, diceva l’abate, erano dirette alla sconfitta della Morte; e con ciò non intendeva il trionfo dello spirito nell’aldilà ma il trionfo del corpo in questo mondo. “La vita eterna offriamo a te”. Contemplazione, esercizi spirituali e fisici, dieta appropriata, e così via... Ecco le porte verso la vita imperitura».

La traduzione continua, ed ecco un intero paragrafo dello pseudobiblion: «Il Primo Mistero è questo: il teschio giace sotto il volto, così come la morte giace lungo la vita. Ma in ciò, o nobile di nascita, non vi ha paradosso, poiché la morte è la compagna della vita e la vita è la

Robert Silverberg
Robert Silverberg
messaggera della morte. Se solo si potesse penetrare attraverso il volto fino al teschio sottostante e porgergli amicizia; sarebbe possibile... (il resto non riuscii a decifrarlo)». Basta questa prima traduzione per stabilire l’inizio del viaggio!

Un’ombra accompagna però i quattro ragazzi, durante le loro avventure di viaggio: le regole per entrare nella setta dei Custodi dei Teschi. Su ogni quattro candidati, infatti, soltanto due avranno la vita eterna: gli altri due dovranno morire! Uno scherzo, forse, una leggenda folkloristica, magari... ma il dubbio non è facile a sradicarsi. Chi dei quattro sarà disposto a morire per donare la vita eterna agli altri? E se fosse tutto vero, e ci fosse l’intenzione di entrare nella confraternità ma non ci fossero “volontari”, chi sarebbe disposto ad uccidere due propri compagni per ottenere la vita eterna?

Con queste premesse inizia la seconda parte del romanzo di Silverberg, tutta ambientata nella Casa dei Teschi, il monastero sperduto nell’Arizona che ospita la piccola comunità dei Custodi dei Teschi. Quella che era partita e sviluppata come una vacanza scolastica, diventa ora un pericoloso viaggio interiore: forse di crescita... forse di regressione!

I quattro ragazzi, dopo una lunga permanenza al monastero, non sono più così uniti come all’inizio del viaggio. Iniziano ad amplificarsi i piccoli dissapori di tutti i giorni, e le grandi differenze nel vedere la vita e il mondo: la situazione, quindi, diventa esplosiva ogni volta che ci si ricorda che due di loro dovranno morire... in un modo o nell’altro!

 

Non riveleremo altro sugli sviluppi della storia, per non rovinare la sorpresa a chi volessere leggere il romanzo di Silverberg.

Chiudiamo riportando un altro capitolo del “Libro dei Teschi”, sicuramente il più esplicativo: «Il Nono Mistero è questo: il prezzo di una vita non può mai essere altro che una vita. Sappi, o nobile di nascita, che le eternità devono essere controbilanciate dalle estinzioni, e per questo ti chiediamo di mantenere con lietezza l’equilibrio prestabilito. Due di te ci impegniamo ad accogliere nel nostro gregge. Due dovranno andare nelle tenebre. Come, vivendo, moriamo giorno per giorno, così, morendo, vivremo per sempre. C’è fra te uno che sia disposto a rinunciare all’eternità in favore dei suoi fratelli della figura quadrilatera, in modo che loro possano giungere a comprendere il significato dell’abnegazione? E c’è fra te uno che i suoi compagni accettino di sacrificare, in modo da poter giungere a comprendere il significato dell’esclusione? Le vittime si scelgano da sé. Dimostrino, con la qualità del loro dipartire, la qualità della propria vita...».