MILANO, COLPO IN CANNA - TERZA PARTE
Quinta puntata
Nebbia e polveri sottili diffondevano un odore di zolfo che aggrediva con prepotenza le vie respiratorie. Bruno avrebbe sputato il caffè. Sei sentiva stanchissimo e anchilosato.
Linda non era in condizioni migliori. Il bel viso aveva perso colore e neppure il cappuccino bollente riusciva a rinfrancarla. Intorno a loro Milano riprendeva a muoversi a scatti convulsi. Non avevano osato tornare in albergo. Dormire in auto era stata un’ordalia appena mitigata dal reciproco calore, erspesso con semplici gesti. Erano tempi brutti.. Senza tracce da seguire, con la convinzione che Dragan avesse alleati anche nelle forze dell’ordine si sentivano vicini alla sconfitta. Ma Georg Bruckner il loro capo al Distaccamento Speciale Sicurezza di rese non ne voleva sentir parlare. Bruno aveva appena conferito con lui.
“Con ogni mezzo dobbiamo recuperare quel video che lega Dragan alla malavita pugliese e all’amministrazione di qui” disse a Linda che dispiegava un quotidiano appena acquistato sul tavolo del piccolo bar d’angolo.
Lo sguardo di lei era torvo. Picchiò l’indice sulla pagina della cronaca cittadina. Ufficialmente non era stato stabilito un collegamento tra la sparatoria in Viale Brianza e il pauroso incidente che aveva scaraventato una vettura dei carabinieri in una vetrina di Corso Buenos Aires. Due agenti morti e uno in rianimazione nel reparto grandi ustioni. Qualcuno diceva di aver sentito degli spari.
“Non è che possiamo andarne fieri”disse lei.
“No, ma sono convinto che chi ha mandato immediatamente quella pattuglia a prendere Lingua, l’amico di Cocchi, abbia agito per un’intuizione che non ha niente a che fare con la ricerca della verità.”
“Ma quei ragazzi non c’entravano...”
Bruno terminò il caffè cupo.”Danni collaterali” disse senza intonazione. “Siamo in guerra. Sempre, tutti i giorni.”
Linda distolse gli occhi osservando per qualche istante il traffico all’esterno. Malgrado tutto la città continuava a procedere secondo i suoi ritmi. Come se niente fosse successo. La perversa natura dell’uomo.
“Questo” soggiunse tornando a fissare il suo compagno “non ci aiuta a trovare Lingua. È svanito nel nulla.”
Bruno si mordicchiò il labbro, innervosito con se stesso. Si era distratto e il piccolo bastardo era sgusciato via. Però, se era al corrente dei progetti di Cocchi doveva rendersi conto che ancora aveva qualcosa da vendere.
In quel momento il suo cellulare vibrò.
Tutta la tensione del mondo racchiusa nel dito di malvasia in fondo al bicchiere.
Patrizio Villani, sbirro corrotto, uomo dappoco ma di grandi ambizioni, aveva trascorso tutto il resto della notte in casa a rimuginare. Aveva persino ripescato il dossier che i carabinieri avevano su Cocchi e il suo compare, Bettino Lingua, l’uomo che si era volatilizzato dalla sua edicola–pornoshop vicino a piazza Oberdan poco dopo l’incidente. C’era un evidente collegamento tra Cocchi, la sparatoria nella casa-bordello e Lingua. La telefonata di Bettino lo aveva colto di sorpresa, si era sentito persino offeso che quel malavitoso da quattro soldi avesse il suo cellulare privato.
Lo sguardo si posò sul bicchiere di Malvasia, sofferente. In quella città criminali e sbirri si scambiavano i ruoli, pervasi dagli stessi vizi, cacciatori e prede a seconda delle occasioni. Gli agenti del DSS adesso erano prede in fuga anche se ancora non avevano volto, almeno per lui. Ruslan era un cacciatore ma... la telefonata di Bettino cambiava tutto.
Lingua aveva il video, roba scottante. E, a differenza di Cocchi, aveva una mente acuta. Un piano.
E lui?
La moglie dormiva, sicura del suo benessere, i figli neanche lo guardavano. Cosa lo aspettava per il futuro. Obbedire a gente come Ruslan o, ancor peggio, a superiori e burocrati che mangiavano mentre lui sudava.
La notte lo aveva tormentato con le sue tentazioni.
Bevve d’un fiato il suo Malvasia e posò il bicchiere con rabbia sul tavolino da caffè.
La notte ha sempre ragione....
Afferrò il cellulare animato da una rinnovata determinazione.
Compose il numero di Ruslan.
Passava al contrattacco. Contro la vita. ‘Fanculo il resto.
Bruno cercò lo sguardo di Linda. Si scoprì a fissare quel volto per sempre magnifico creato da un bisturi. Una maschera di guerra. Cosa pensava realmente Linda Casillas?
“Allora?” fece lei.
“Abbiamo un appuntamento per domani mattina. Un giorno intero per organizzarci e recuperare una cifra tre volte superiore a quella chiesta da Cocchi. Bettino Lingua ha in mano una carta pericolosa e di valore.”
Linda aggrottò appena la fronte. “Dunque ci tocca chiamare Bruckner...
“No, Georg non ama essere distratto dai dettagli e poi non voglio che possano trapelare di nuovo notizie indiscrete.”
“Sempre del parere che siamo stati traditi da una talpa?”
Bruno si strinse nelle spalle facendole cenno di salire in auto.
Mise in moto avviandosi lentamente verso la periferia. Si fermò presso un’agenzia di un istituto di credito quasi sconosciuto. “Torno subito” annunciò.
Infrastruttura nota solo a lui. Bruno Genovese, prima di accettare l’incarico di lavorare per il Dipartimento Speciale Sicurezza aveva vissuto per anni come agente indipendente. Aveva contatti e fondi un po’ dovunque. Anche nella sua città. Cose che neanche linda,e di certo nessuno nel DSS, sapevano. Una volta dentro si fece riconoscere da un cassiere e venne scortato nel caveau. In una cassetta di sicurezza, rimasto solo, esaminò il suo piccolo tesoro. I soldi non erano un problema. Li avrebbe anticipati dal suo fondo spese. Bruckner lo avrebbe reintegrato senza fare domande. E poi i soldi dati a Cocchi li avevano persi... Bruno aveva un suo codice di comportamento. Mise il denaro in una grossa busta che inserì nel giaccone. Poi attivò un cellulare e mandò un messaggio a una casella di posta vocale. Lasciò l’istituto di credito esattamente venti minuti dopo.
“Hai intenzione di dirmi almeno qualcosa?” lo rimproverò senza reale acredine la ragazza. Bruno non rispose. Venti minuti dopo avevano raggiunto un garage di Quarto Oggiaro. Li aspettava un orientale, forse un filippino, che salutò Bruno con un dondolio del capo. Linda non fece commenti. Scese e si avvicinò alla vecchia Ford chiaramente blindata.
Il filippino aprì il bagagliaio mostrando loro un assortimento di giubbotti in kevlar, fucili a pompa e Mitragliatori automatici.
Bruno accese u sigaro. “Lingua ci ha dato appuntamento a una specie di campo nomadi presso il cimitero di greco. Ai margini della città. Più che altro è un deposito di roulotte e container vicino alla stazione. Di solito è occupato da nigeriane che ricevono i clienti nei container. Da lasciarci la pelle se uno non sta attento. “
“Il posto ideale per un agguato” commentò Linda.
“Tu che dici?”
Sesta puntata
Buio. La chiave scrocchiò nella toppa tre volte. Scateno prima un salva di fragori seguiti un istante dopo da un abbacinante fascio luminoso. All’interno regnava un calore ammorbato di sudore, cibo speziato andato a male e umori umani. Persino la vaga traccia di profumo rimestava lo stomaco. Bettino Lingua spalancò il portellone metallico e puntò la torcia sul materasso. Un bambino pianse. Un lamento raggelante, veniva dal buio. Sotto la trapunta la ragazza si mosse balbettando qualcosa.
“ Fuori di qui, troia. Prendi quel mostriciattolo e fila via.”
Il raggio della torcia elettrica incontrò per un istante gli occhi grandi atterriti della ragazza. Naso schiacciato, labbra violacee. Segni di tatuaggi sottocutanei sullo zigomo destro.
“Io non... posso devo lavora.. mamà Buye fa male a...”
Bettino Lingua le afferrò la capigliatura tutta nodi e treccine e tirò fino a farla gridare. Quasi più forte del piccolo nel buio. Le assestò una botta al labbro con il bordo della torcia e la scaraventò fuori. La prostituta nigeriana si precipitò tra pianti e invocazioni a recuperare il bimbo da una culla di plastica tutta sciancata. Se lo tenne stretto sbavandoci sopra sangue e lacrime. Si beccò un calcio nel sedere che la proiettò direttamente fuori dl container dove viveva ed esercitava la sua professione.
Pieno di coca ed eccitazione, Bettino Lingua ansimava. Si volse verso l’uscio.
“Ecco...”
Fermarono l’auto sotto la volta di un ponte della ferrovia. Il primo convoglio dei pendolari passò pochi minuti dopo. Bruno osservò la scena. Confine nord est della città. Il cimitero si intravedeva nell’aria bigia del primo mattino. Dicevano che, un tempo,in quel posto venivano a farci le messe nere un gruppo di esaltati. Un bastione di caseggiati popolari si fermava vicino a un muro coperto di scritte. Poi oltre iniziava un parchetto di alberi striminziti e ammassi di rifiuti coperti di terra.
Bruno mise rumorosamente in canna un colpo del fucile a pompa. Chiuso con il giubbotto sotto il giaccone e la busta coni soldi in una tasca sembrava l’omino Michelin.
“Vado avanti io”, disse.
Linda preferiva muoversi in scioltezza. Assentì verificando il caricamento della mitraglietta automatica. Giubbino, jeans e scarpe da corsa. Calò lo zucchetto sul capo. Era già sparito prima che Bruno fosse sceso dalla vettura.
Bruno si guardò in giro cercando di delimitare il campo di fuoco. Una brutta zona. Le suole scricchiolarono sulla ghiaia. Lasciò lo sterrato avviandosi tra erbacce e sacchetti maleolenti. Raggiunse ciò che restava di una di quelle fontanelle che, da ragazzino, aveva soprannominato Il drago verde. Non funzionava e la testa con il rubinetto in metallo più chiaro a forma di testa di drago era stata strappata. In compenso ci avevano disegnato strani simboli con il gesso. Sul terreno un mucchietto di piume e una pasta colorata.
Bruno sapeva riconoscerei segni della morte. Poco oltre, appena passata la linea degli alberelli c’era un dedalo di container di medie dimensioni. Metallo rugginoso, mal verniciato. Resti di fuochi. Una roulotte persino.
Una terra di nessuno tra l’Italia dei disperati e l’Africa degli scampati alla morte violenta, alle malattie. Un vialone scorreva verso est, diramandosi in una piazzola dove bruno individuò un paio di ragazze intorno a un copertone trasformato in falò. Era la zona della prostituzione africana. Nigeria, Cameroon, Ghana, Mali. Schiave attirate con la promessa di una vita migliore e costrette a vendersi per poco, senza precauzioni. Pugni e magia nera. C’era sicuramente una donna della loro terra a reggere il filo, machi pigliava soldi erano malavitosi italiani. Alle botte ci pensavano albanesi e romeni. L’internazionale del sesso ‘insicuro’. Piaceri forti per borghesi annoiati.
Bettino Lingua aveva scelto bene il luogo dell’appuntamento. Bruno compì rapidamente un tratto di prato allo scoperto. Il cuore batteva e le mani sudavano sulla presa del fucile. Troppo silenzio. Non gli piaceva per nulla.
“Sono qui!” nell’aria fredda la voce querula di Bettino Lingua trillava inquietante.
Bruno seguì l’indicazione superando i resti di una griglia coperta di cenere. Oltre l’angolo di un container c’era una sorta di piazzola. Fucile impugnato Bruno si azzardò a un’occhiata. Bettino Lingua se ne stava spavaldo con un contenitore per videocassette senza fascette, in plastica nera come si usavano dieci anni prima. Lo agitava a mezz’aria, strafottente.
“E cosa mi impedisce di spararti in bocca e prendermi la cassetta?” domandò Bruno emergendo solo per un quarto, come da una quinta di teatro, la canna del fucile in vista.
Bettino Lingua gli rimandò uno sguardo feroce.
“Perché questa è un’asta, sbirro!”
Da un angolo vicino sbucò una figura fasciata da un giubbotto di pelle. Cranio rasato, orecchino, una brutta faccia da duro.
“Che cazzo è sta storia, Lingua? Villani mi ha detto che eri pronto a vendere, i soldi ce li ho...”
Lingua posò gli occhietti su Bruno e su Ruslan. Stirò le labbra. “Lo so che li avete i soldi tutti e due. E anche le pistole. Il più vedere chi di voi è disposto a offrire di più. In questa cassetta ci sono le prove che un importante personaggio della provincia di Milano ha concesso... come dire l’appalto di certe attività all’asse Lecce-Pristina.. materiale di prim’ordine. Ma io voglio farci un po’ di soldi e salvare la pelle, così ho pensato di convocarvi qui entrambi. Una precauzione.”
Bruno maledisse Lingua. Non si tratta con certi animali.
Ruslan, l’inviato di Dragan, non era venuto a trattare. La sola ipotesi di vederlo coinvolto in un accordo era ridicola. Alle sue spalle, Bruno intuì del movimento. Uomini in rapido movimento.
Il serbo assentì come se avesse colto solo in quel momento tutti i risvolti della situazione. Luciferino. “E quanto vorresti, Bettino?” domandò infilando la mano nella tasca del giaccone.
“La base d’asta sono cinquanta milioni...” esclamò trionfante Lingua.
Il sorriso gli si gelò sulle labbra.
Rapidissimo Ruslan aveva estratto una CZ-75. Sparò due volte scatenando tuoni nel parchetto.
I proiettili esplosivi aprirono squarci crudeli nel petto di lingua uscendo dalla schiena con getti di sangue nero. Bettino fu sollevato da terra. La cassetta volò come un frisbee.
Bruno si tuffò in avanti ruotando su se stesso, le dita salde ma non bloccate sul fucile. Le ombre chiudevano il cerchio. Bettino Lingua aveva cercato di raddoppiare la posta e aveva firmato la sua condanna a morte. Gli uomini di Dragan a Milano non erano venuti per fare regali. Erano calati per fare pulizia.
Atterrando su una spalla Bruno premette il grilletto lasciando partire una scarica di pallettoni che investì uno degli aggressori tra la coscia e l’anca facendo una scempio.
L’urlo di battaglia Ruslan quasi coprì lo staccato della mitraglietta. Il terreno esplose a fianco a Bruno costringendolo a muoversi mentre ricaricava freneticamente.
Linda strisciava. In quella giungla di rifiuti come in Estremo Oriente. Adrenalina, rabbia, incosciente eccitazione per la battaglia la sua vita. Udì gli spari. Vide gli uomini armati spostarsi con precisione militare per chiudere Bruno. Erano in quattro. Linda si accucciò in ginocchio, silenziatore avvitato. Doppio colpo. Plop. Plop. Un cranio si aprì con uno schianto d’ossa. Un altro dei sicari incassò due colpi direttamente alla nuca. Non era un gioco. Sparare alle spalle fa parte delle necessità di sopravvivenza.
E anche dei rischi. Linda si voltò di scatto al fruscio disordinato alle loro spalle. Si trovò di colpo faccia a faccia con una nera semivestita con lunghe extension blu. Tra le braccia teneva un bimbo minuscolo. Il viso rigato di lacrime.
Linda cercò di rassicurarla con lo sguardo. Le scivolò accanto e, per un istinto che non sapeva spiegare, accarezzò la testa del piccolo.
“Da dove vieni?” domandò mentre tra il fragore degli spari già elaborava una teoria. I guai erano lontani dall’essere finiti. La prostituta sembrò per un istante incapace di parlare.
Bruno sparò, azionò il caricatore a pompa quattro volte di seguito. Correndo e spostandosi per non offrire bersaglio. Trapanò l’angolo di un container. Scartò ancora e si trovò faccia a faccia con uno dei sicari. Fece girare il fucile tra le mani e lo usò come una mazza. Spaccò il calcio sul viso dell’incappucciato che mugolò svanendo alla vista.
Passi di corsa alle sue spalle. Senza pensarci Bruno caricò un calcio all’indietro. La suola colpì qualcosa di duro. Forse un giubbotto antiproiettile ma fermò l’attacco di Ruslan. Il servo perse la pistola sparando un ultimo colpo nel vuoto.
Bruno gli si gettò contro entrando nella sua guardia. Ginocchio piantato all’interno della coscia. Le mani si mossero come serpenti deviando l’attacco scoordinato di Ruslan. Bruno respirava fuoco. Ruotò facendo perno sugli appoggi e manovrò il suo nemico come un manichino privo di articolazioni. Ripiegò un braccio e gli afferrò il mento con l’incavo della mano. Impresse una rotazione contraria con le anche e le spalle.
CRAK.
Il collo di Ruslan si spezzò con un suono quasi soffocato ma che Bruno avverti sin nel cervello.
Finita. L’aria puzzava di fumo e sangue. la paura, per quanto potesse sembrare strano, ancora si teneva in disparte, sopraffatta dall’istinto di conservazione.
Lentamente Bruno si avvicinò ai resto massacrati di Lingua. “Chi troppo vuole...” commentò raccogliendo la cassetta.
“Eh, non credere che sia così facile” tuonò una voce alle sue spalle mentre la porta di un container si spalancava.
Patrizio Villani, in abiti civili, stava per fare la sua mossa. Barba mal rasata, pistola ‘pulita’ in pugno aveva guardato gli altri massacrarsi per lui. Primo tra tutti quel fesso di Lingua.
“Da come la vedo io...o mi sganci i soldi che avevi portato per Lingua”disse con quell’accento regionale marcato che non riusciva a cancellare,”o ti sparo alla schiena e la cassetta la tengo io... per tempi migliori.”
Bruno intuiva l’avidità e la meschineria dell’uomo che lo minacciava. Si voltò incurante della pistola. Doveva essere lui lo sbirro infiltrato. Anche se non aveva l’uniforme. Complice di Lingua in quello che doveva essere il colpo perfetto. Fregare lui e Ruslan allo stesso tempo. “E magari ti tieni anche i soldi di Ruslan...”
“Perché no?” fece Villani. “Non si guadagna mai abbastanza in questo lavoro...”
“Non è così che funziona” rispose Bruno freddamente.”Questo gioco è per i bambini grandi...e tu sei un piccolo stronzo.”
Villani non ebbe neanche tempo di avere paura, o di provare rabbia. Qualcuno alle sue spalle gli scaricò un calcio dietro il ginocchio e gli strappò la pistola di mano con una facilità sconvolgente.
Rotolò con la faccia nella mota.
Linda gli piazzò una pallottola nell’incavo del ginocchio facendolo guai re come un cucciolo maltrattato. Villani piangeva, implorava. Ma Linda e Bruno quasi non lo guardavano più. Lui aveva recuperato la cassetta. Passò i soldi di Ruslan alla sua compagna che li degnò appena di attenzione.
Linda si volse e gettò la busta alla prostituta nera con il bambino. Lei afferrò i soldi senza quasi comprendere. Intorno a loro dai container era comparso un popolo di zombie. Le prostitute africane con i loro bambini. Schiave in un Paese civilizzato...
“Tenete quei soldi e fate piazza pulita, anche di questo qui...se siete furbe sparite per sempre alla faccia del vudù”.
Linda s’incamminò a fianco a Bruno verso la loro vettura.
“Non cambierà nulla, lo sai?”
Sulle labbra di lei comparve appena un sorriso. “Te l’ho mai detto che sono una sentimentale? Mi piace credere che le cose possano migliorare...”
Bruno non rispose. In mano aveva la cassetta. Bruckner avrebbe saputo come usarla.
Il loro obiettivo restava sempre il criminale di guerra Caspar Dragan. Per prendere lui avrebbero dovuto salire sulle montagne....
FINE...e qui comincia ORA ZERO....
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