"L'estate romana incurante delle nefandezze degli uomini era esplosa prodiga del suo splendore con la forza dei suoi eccessi. Talvolta i paesaggi sembrano apparire superbi là dove maggiore alligna l'umana infelicità. La natura nei suoi arcani disegni gode, sembra prendersi gioco delle sciagure umane anzi quando queste sono più cupe lei di più risplende, lussureggia".

Sono parole tratte da una delle pagine più esemplari e dolenti del nuovo romanzo dello scrittore e poeta calabrese Bernardo Maiolo, Cumulo d'immagini infrante, un affresco di lucida follia descritto con stile lirico e innovativo.

L'opera, inserita dall'editore Mauro Pagliai nella collana di narrativa fondata da Enzo Siciliano, è una storia a ritroso nel dolore e nei luoghi dell'anima, un racconto interlocutorio che l'io narrante porta avanti rivolgendosi ai propri genitori. Tutto inizia a Roma quando questi ultimi decidono di adottare un bimbo tedesco trovato durante un bombardamento, un pargolo senza famiglia, di cui non si sa niente: "era come se non avesse un passato, ma solo ombre". È lui, che verrà chiamato Aurelio, a catalizzare ben presto l'amore di Ruggero ed Emma. Chi racconta la storia, secondo fratello nato per caso, non sarà mai degno di vero affetto o attenzione, e resterà sempre spettatore di un rapporto totalizzante, ambiguo e morboso: il padre, la madre, Aurelio, quasi una trinità a rovescio. Gran parte degli eventi ruota attorno a questo quadro familiare grottesco, descritto nelle sue più profonde e perverse implicazioni psicologiche, che lo rendono pericolosamente realistico. Gli anni passano, la famiglia cambia città, le vicende dei personaggi si susseguono tra qualche amore e molte delusioni, tra la salute e lo spettro incombente della malattia, tra la gioia artefatta di una effimera pace borghese e le premonizioni di ineluttabili sciagure, fino all'allucinante epifania dell'incesto e infine alla resa.

La penna di Maiolo, sperimentale quanto graffiante, racconta un'epopea straziante, arcigna e densa di angoscia dove personaggi senza speranza si muovono in una spirale discendente verso un frastornante ma inevitabile finale.

Cumulo d'immagini infrante di Bernardo Maiolo (Mauro Pagliai Editore)  pp. 264 - € 13,00 - ISBN: 978-88-564-0089-2

Un lucido delirio, una confessione-interlocuzione dell’io narrante di fronte ai cadaveri dei propri genitori. Eutanasia da parte del padre sulla madre gravemente malata e suicidio di questo con una dose letale di ipnotico miscelato ad alcol. Un discorso a distanza, una ricognizione feroce e senza via d’uscita sul dolore e nel dolore: l’ineludibile gorgo di un’iniziazione alla sofferenza e alla negazione d’amore sulla pelle del protagonista senza nome.

Figlio legittimo nato per caso e secondo fratello di un bambino tedesco adottato durante la guerra dai genitori che lo hanno trovato all’uscita di un rifugio dopo il bombardamento su Roma a San Lorenzo e su cui hanno riversato un morboso amore. Rendiconto estremo dalla seconda guerra al 1981, privo di pudore, sulla vita, sulla morte e sulle efferatezze di un’ipocrita pace borghese. Al di là delle apparenze sempre al limite della follia, traspare che l’ambiente familiare altro non è che una tana di serpi fatta di abusi e perversioni.

Una discesa agli inferi: Ruggero, Emma e Aurelio come una Trinità al contrario. Al termine della discesa tutto sembra per un attimo acquietarsi ricomponendosi la fine con l’inizio, “la lontana fotografia”, quasi una luce catartica ma subito rappresa da rimorsi e sensi di colpa di espiazioni fallite omai cercate. Vane. Luce perciò fine a se stessa, non consolatoria, giammai assolutoria.