Finito fra gli arrugginiti ingranaggi della pessima distribuzione italiana, “American Kickboxer” (1991) di Frans Nel è uno di quegli ottimi film che fanno chiedere allo spettatore come mai altri titoli di gran lunga peggiori abbiano conosciuto un immotivato fiorire di riedizioni. Distribuito in Italia nel 1993 dalla Warner Bros, il film si vede affibbiare il ridicolo titolo “Senza esclusione di colpi 2”, classica mossa commerciale che spera di vendere un prodotto ingannando gli acquirenti spacciandolo per un sequel del film “Bloodsport” (Senza esclusione di colpi! in Italia) con Jean-Claude Van Damme. La cosa divertente (o triste) è che il “vero” sequel ufficiale di detto film è stato distribuito distrattamente in Italia (trasmesso solo in TV, senza alcuna distribuzione home video) con il titolo “Colpi proitibi 2”: gli altri due sequel rimangono invece inediti...
“American Kickboxer” (preferiamo qui utilizzare il titolo originale) è un film marziale che appartiene al filone “sportivo”: niente combattimenti clandestini, niente vendette personali fra sangue ed ossa rotte, bensì una pura competizione agonistica sul ring con tanto di arbitro.
Quinn è un campione di kickboxing che però ha qualche problema comportamentale e mal gestisce i propri attacchi di rabbia: l’involontaria uccisione di un uomo durante un alterco con lo sgradevole campione Jacques Denard gli costa un anno di prigione e l’allontanamento da qualsiasi competizione agonistica. Dopo la detenzione sarà l’amico Chad a prendersi cura di lui, chiedendogli di allenarlo per un importante incontro proprio con Denard. Quinn, grazie agli allenamenti, ricostruisce la propria vita agonistica e quella sentimentale, ma Denard è un tormento continuo e il pensiero che non potrà mai batterlo in un incontro ufficiale è difficile da mandar giù.
La soluzione arriverà dal giornalista che sta seguendo la carriera di entrambi i lottatori: una competizione per soldi non è considerata “ufficiale” quindi Quinn potrà parteciparvi senza violare l’ordine del giudice. Stavolta Chad sarà l’allenatore invece che l’allenato e Quinn potrà finalmente affrontare sul ring l’odiato avversario.
L’assenza delle cadute di stile tipiche del genere marziale rendono il film un prodotto di gran qualità, inserendolo fra i migliori del genere “sportivo”, come “College Kickboxer” (1990), “Quadrato di sangue” (Ring of Fire, 1991) e “Impatto finale” (Final Impact, 1992). Protagonisti assoluti della pellicola sono John Barrett e Keith Vitali, coreografi anche delle proprie scene di combattimento.
John Barrett è uno degli artisti marziali introdotti al mondo del cinema da Chuck Norris. Come per Richard Norton (di cui abbiamo recentemente pubblicato un’intervista in questa rubrica), anche per John Barrett la carriera cinematografica inizia nel 1980 con una partecipazione al film “The Octagon”. Da allora, e fino a metà degli anni ’90, l’attore alternerà ruoli da attore a coreografie dei combattimenti per molti film marziali, come “American Ninja 3” e “Shootfighter: Fight to the Death”. In alcuni casi, come nel presente “American Kickboxer” o per “To the Death”, sarà anche protagonista della pellicola. Lasciatosi il cinema alle spalle, oggi Barrett è un apprezzato istruttore di arti marziali.
Keith Vitali (classe 1952) diventa cintura nera di karate nel 1971 quando frequenta l’Università del South Carolina. In breve tempo vince molti tornei di arti marziali fino a ricevere il soprannome di “Lottatore di karate numero uno degli USA”. Nel 1981 l’autorevole rivista Black Belt Magazine gli dedica un posto d’onore nella propria Hall of Fame, definendolo addirittura come uno dei migliori combattenti di sempre. Con l’inizio degli anni ’80 Vitali si affaccia al mondo del cinema, fra Hong Kong ed Hollywood, partecipando a film come “Ninja, la furia umana” (accanto a Sho Kosugi), “Il mistero del conte Lobos” (accanto a Jackie Chan e Sammo Hung) o “American Kickboxing” (accanto a Loren Avedon). Non avrà mai l’occasione di essere protagonista di una pellicola, ma sarà sempre fenomenale spalla dei vari interpreti. Negli ultimi anni si è molto dedicato al volontariato e allo sport per l’infanzia, inoltre ha scritto manuali come “Beginning Karate” e “Winning Karate Techniques”: tutti best-seller in patria.
Una menzione particolare merita l’atleta di origini sudafricane Brad Morris, nel ruolo dell’odioso Jacques Denard. Nato nel 1964 a Johannesburg, inizia presto ad allenarsi nelle arti marziali, anche se la sua grande passione è la recitazione: avrà la possibiltià di unire queste due doti quando un talent scout gli offrirà piccoli ruoli in film statunitensi girati in Sud Africa. Stregato dal cinema, con l’inizio degli anni ’90 si imbarca per gli USA e si prepara a conquistare Hollywood. Dopo alcuni piccoli ruoli, l’attore decide di ripiegare sul teatro off-Broadway, alternando la recitazione con il lavoro di istruttore di arti marziali e personal trainer.
Atleti capaci, come si è visto, più che attori consumati, coinvolti in una buona sceneggiatura (relativamente alla media del cinema di genere marziale) e con una regia forse poco innovativa ma sicura e capace, danno vita ad un film più che godibile che avrebbe meritato ben altro risalto, invece di finire purtroppo nella polverosa ed affollata cantina dei titoli dimenticati della distribuzione italiana.
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