Da Milano alla Scozia l’esistenza di Vittoria va di pari passo con le disavventure esilaranti della sua disturbata famiglia, in una continua lotta con ormoni indomabili, con una follia dilagante, con un sistema immunitario traditore che le rifila un'indomabile malattia psicosomatica. Vittoria sta al mondo come può, aggrappandosi a differenti identità e nazionalità per riuscire a lavorare, facendo la danzatrice del ventre goffa nei ristoranti, l'inglese madrelingua nelle aziende e la cameriera da pub in Scozia. Immedesimandosi nel suo personaggio preferito, "Angelica la femmina ribelle" e facendosi consolare dall'amica prostituta di lusso, Vittoria non perde mai il senso dell'umorismo e l'incrollabile amore per una vita che spesso le sfugge di mano al galoppo. Tra il profondo affetto per Jack, “cugino” scozzese, il grande amore per un ragazzo di Edimburgo riccio, litigioso e guidatore di pullman, trova spazio incredibilmente anche l’amore di una figlia verso la propria folle madre. E non tutto è frutto della fantasia…
Il conflitto è il motore di ogni romanzo e in questo, in particolare, il conflitto si sviluppa su più piani. Ce li anticipi?
Si è vero, il conflitto è all’origine della creatività poiché genera domande, dubbi, pensieri, lotte, riappacificazioni, evoluzioni, vite. “Dannati Danni” è la storia del conflitto che è all’origine della vita di Vittoria e che la spinge a dover comprendere ed accettare una realtà molto dura, per potersi successivamente aiutare. Ciò che la protagonista scoprirà alla fine è che si può andare oltre il conflitto e trovare un livello di comunicazione anche con le persone più diverse da noi. All’origine del suo disagio iniziale c’è proprio la sua diversità dalle “vicende Danni”. E questa diversità la emargina facendola sentire sempre “fuori posto” nonchè capro espiatorio di tutte le disavventure che caratterizzano il suo “brodo primordiale”, anche detto “contesto familiare”. Vittoria infatti rischia la follia nel tentativo di non ammetere di sentirsi profondamente differente dai “Danni”. Con gli uomini invece la conflittualità si esprime attraverso la grande distanza emotiva. Nel vissuto di Vittoria gli uomini hanno dei ruoli ben precisi: la madre Anna li adopera e li manipola, l’amica Mara li sfrutta per denaro, il suo “grande amore” Justin non ha il coraggio di sceglierla, il promesso sposo Mario la terrorizza. Suo padre Roberto non riesce a tenere a bada la madre Anna da cui rimane sempre e comunque soggiogato. Il cugino scozzese “Jack” non riesce a reagire al proprio idilio con la bottiglia di whiskey. Vittoria si trova sempre e comunque da sola di fronte alle proprie battaglie. Con la vita, invece, fin da piccolissima cerca di andare d’accordo, di scendere a patti. Inizialmente tenta di adeguarsi, di costringersi ad accettare il ruolo che il destino sembra averle assegnato. Ma poi non ce la fa e si ribella il giorno in cui comprende che non si può essere ciò che il nostro ambiente si aspetta da noi, nel bene e nel male. Si nasce con una fisionmia anche interiore, con un carattere, con delle attitudini. La guerra di Vittoria finirà il giorno in cui ammetterà che è soprattutto a se stessa che deve lealtà e fedeltà.
Per dare un’idea a chi non ha ancora letto il libro, partiamo dalla signora Anna, la madre di Vittoria. Tu hai dichiarato che la signora Anna è contraria per principio alla realtà. Ciò implica però un discreto potenziale di fantasia...
La signora Anna è molto fantasiosa e dà il massimo delle sue potenzialità quando deve fornire spiegazioni surreali al direttore di banca su argomenti tipo “che fine hanno fatto i soldi” oppure quando deve convincere i vigili che non à stata lei ad andare contro un palo della luce ma à stato il palo, col favore delle tenebre, a saltarle sull’auto parcheggiata. Ma questi non sono che pallidi esempi. Anna possiede quindi delle qualità creative, immaginative e descrittive non indifferenti che la rendono quindi una persona spiritosa.
Quanto c’è in Anna della tua mamma? E quanto dei suoi lati positivi (simpatia, predisposizione al bizzarro, inventiva) è stato da te ereditato?
Direi che in Anna ci sono molti aspetti della mia mamma, soprattutto per quanto riguarda l’inventiva. Io penso di somigliarle, per certi versi. Per esempio, fin da quando andavo a scuola e regolarmente non studiavo, non temevo mai le interrogazioni perché ritenevo di potermi tranquillamente inventare ciò che non sapevo. Il segreto era manetere un tono di voce convinto e crederci io per prima. Penso anche di possedere un’innata predisposizione al bizzarro che in me si esprime attraverso la goffaggine, che è la mia caratteristica principale. Devo dire che è la prima cosa che anche i miei colleghi qui a Edinburgo hanno notato di me. Immancabilmente, ogni giorno, rovescio il caffè sulla scrivania... eppure le ho provate tutte ma c’è sempre l’attimo traditore!
C’è un messaggio di fondo in questa antieroina che è Anna, personaggio letterario riuscitissimo?
Si, Anna rappresenta quanto di bene e quanto di male ci possa essere in una persona. Se non fosse stato per i lati decisamente distruttivi e pericolosi, Anna sarebbe stata un’ottima madre. Perchè, oltre allo spirito libero, alla creatività e alla simpatia, Anna possiede una tenacia e un’inaffondabilità decisamente rari e che sono un esempio preziosissimo per un figlio. Quindi il messaggio è che, nei limiti del possibile, è bene accettare di ricevere ciò che di buono una persona ci può dare, riconoscendone i difetti e i limiti e proteggendosi dagli eventuali disastri che certi tratti caratteriali portano come inevitabile conseguenza.
Vittoria e gli uomini. Anticipi qualcosa a chi non avesse ancora letto il libro?
Gli uomini che Vittoria incontra nel libro sono caratterizzati da profonde debolezze. Jack non riesce a fare a meno della bottiglia, Mark è vittima di varie dipendenze, Roberto rimane soggiogato dal fascino di Anna così come il povero Attila, Mario non accetta la propria omosessualità, Justin si rifugia in un matrimonio totalmente privo di passione, Frank non riesce a reagire alle prepotenze prima di sua madre e poi della sua fidanzata. In ognuno di loro ci sono ottime qualità offuscate però dall’indecisione e dall’incapacità di reagire, soprattutto sul piano affettivo.
La malattia psicosomatica che colpisce Vittoria è indice di una sofferenza interiore che esplode minando l’immagine esterna. Vorrei approfondire questo collegamento: immagine-femminilità...
Vittoria viene colpita da una malattia psicosomatica e auto-immune che mina profondamente la sua immagine. Fin dai tempi antichi, i capelli simboleggiano la vanità, la sensualità, la femminilità e, per certi versi, anche la forza emotiva. La perdita dei capelli, soprattutto durante l’adolescenza, può interferire in modo significativo con la percezione di sè e col senso d’indentità in una ragazzina. Tuttavia, Vittoria comprenderà che i capelli non sono che la rappresentazione di doti interiori, la cui sede non è “all’esterno della testa” bensì al suo interno. E ciò le permetterà di appropriarsene in modo incondizionato e di utilizzarle con consapevolezza. Senza nulla togliere alla sofferenza di una malattia come l’alopecia areata, Vittoria si approprierà della propria femminilità proprio attraverso il conflitto con un problema che va ad attaccare la sua immagine spingendola oltre i propri confini corporei. Ciò non le impedirà infatti di lavorare come danzatrice del ventre, naturalmente goffa, nei locali notturi per arrotondare il suo stipendio di insegnate d’inglese “madrelingua”.
La malattia comporta una crisi che però è anche l’inizio di un’evoluzione spirituale, di una maggior consapevolezza di sè, concordi?
Assolutamente sì. Dopo lo sconcerto iniziale la protagonista ha comunque avuto l’input per compiere un viagio introspettivo e cognitivo di grandissimo valore.
Dal momento che nelle foto appari sempre tagliata, o di spalle, ti chiedo: ci descrivi qualche particolare fisico su di te, oltre ai tuoi bellissimi occhi?
Grazie! Adesso arrossisco! Diciamo che, dopo mille peripezie, la mia caratteristica rimangono i capelli rossi, impettinabili (anche perché alla mattina raramente mi cimento) e l’aria un po’ selvatica. Quando andavo a scuola, il mio soprannome era Mowgli, da “Il libro della Giungla”. Me l’aveva affibbiato un professore perché neppure allora la pettinatura era il mio pezzo forte.
Ci sveli qualche tuo vizio?
Da dove iniziare? Confesso con contrizione di avere il vizio di mangiare solo il ripieno dei biscotti farciti e poi di rimettere via le due cialde vuote nella confezione come se niente fosse sperando che le mangi qualcun altro, generalmente ignaro delle mie razzie (è una cosa genetica che circola nella famiglia Danni). Rovesciare il caffè conta? E poi non riesco a resistere alla buona cucina e alle torte. Naturalmente anche al buon vino rosso.
Vivi ad Edimburgo. Qual è lo shining della Scozia?
Edimburgo è una città molto particolare, dal fascino mutevole. Quando c’è il sole si rivela molto aperta, allegra, piena di parchi e spazi verdi. Ma appena arriva la stagione fredda si trasforma nella città che ha ispirato numerosi romanzi gialli: misteriosa, nebbiosa, cupa. Tutto sommato si vive bene, la gente è cordiale ed è molto attiva dal punto di vista artistico e culturale. Inoltre è anche molto cosmopolita. Ci sono continue manifestazioni: il Film Festival in cui vengono mostrati cicli di pellicole da tutto il mondo, il Book festival in cui si possono anche prenotare degli incontri con gli autori, vari Festival musicali e di danze etniche, e poi il famoso Fringe Festival in Agosto. Inoltre qui sono ancora molto vive le tradizioni, spesso si organizzano i “ceilidth”, feste in cui si suonano le ballate tradizionali e si balla appunto il ceilidth che è la danza caratteristica locale. In queste occasioni gli uomini indossano il kilt.
“Dannati Danni” è il tuo romanzo d’esordio. É stato difficile pubblicare? Come ti sei mossa?
Come molti esordienti ho incontrato numerose difficoltà quando ho iniziato a manadare in giro il manoscritto, soprattutto per il tipo di storia che ho raccontato. Una storia personale, carica di temi delicati e difficili da trattare, presentata da un’autrice totalmente sconosciuta. Quando ho terminato la stesura del manoscritto ho chiesto ad alcune amiche appassionate di scrittura di leggerlo e darmi le loro opinioni. Devo dire che sono stata consigliata bene, mi hanno fatto rielaborare parecchie volte il testo. Dopodiché, ho iniziato ad inviarlo alle case editrici sperando di trovare un editore che desiderasse pubblicarlo... e sono stata contattata dalla casa editrice Eclissi.
Ritieni che vi sia una peculiarità della scrittura al femminile?
Sì, direi proprio di sì. Penso che la scrittura femminile tenda molto all’analisi di temi riguardanti la sfera emotiva, personale ed esistenziale. Ritengo che sia necessario molto coraggio nel fare ciò in quanto si finisce sempre per toccare argomenti delicati, assolutamente non facili da esporre e da affrontare in modo equilibrato.
Progetti futuri?
Al momento sto terminando la stesura di un giallo in chiave comica ambientato qui a Edimburgo. Speriamo!
Grazie mille Marilù!
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