racconto

“Parla” urlò “cosa facevi la sera del 4 aprile tra le 22:00 e le 23:00?”

La stanza per gli interrogatori era quasi buia, con una sola lampadina da 40 watt che pendeva dal soffitto. Quattro mura grigie, vetro antiproiettile, un tavolo e due sedie. Asettica, spartana, fredda. Non avrebbe fatto sentire a suo agio nemmeno il più duro fra i duri.

“E chi se lo ricorda ispettò, so passati tre giorni. O quattro? A proposito, ma oggi che giorno è? Che mi scade l’assicurazione”

“Commissario”

“Come ispettò?”

“Ti devi rivolgere a me chiamandomi Commissario, perché io sono Commissario” strepitò scandendo le parole, “dov’eri tre giorni fa?”

“Ah ispett… ehm… Commissario, allora oggi è 7? No perché domani mi scade l’assicurazione. Sapete me lo sono dovuto segnare sul calendario. Certo non mi daranno mai uno di quei premi per chi si ricorda le cose, sì commissà, uno di quelli alla memoria”

Sentirsi a proprio agio è una dote che di certo non manca a Mario Bega, detto “Il Tracannatore” perché riesce a ingurgitare un bicchiere di vino in ottanta centesimi di secondo, netti.

“Parla, ho detto, e vedi di non farmi perdere la pazienza, che oggi proprio non è giornata”

“Ma ho già detto che non me lo ricordo. Ero di sicuro alla taverna, ispettò, ma a fare cosa che ne so”

“Solo perché ci lavori, non vuol dire che eri lì. E poi quella sera nessuno ricorda di averti visto fra le 22:00 e le 23:00”

“Ispettò, ma se la sera sono sempre tutti ubriachi, come fanno a ricordà?”

Il Commissario Telonio, Distretto di Roma, Trastevere, alto, capelli brizzolati, abito blu. Quasi un Richard Gere, se non fosse stato per quei trenta chili di troppo tutti ammassati sulla pancia. Insomma, più un Nero Wolf, ma senza baffi.

“Parla” gridò battendo i pugni sul tavolo e facendo rovesciare un bicchiere d’acqua “perché a quell’ora non eri dietro il bancone come tutte le sere?”

“Ah ispettò, ma voi proprio non capite. Non me lo ricordo. Lo sapete che mi piace il vino. Mi sarò fatto  un goccetto e me so ‘nnato a riposà”

Mario Bega era soltanto venti chili sopra il suo peso forma. Anche se non si capisce bene che forma. L’immancabile rossore sulle gote e sull’enorme naso non lasciava dubbi, il vino era il suo migliore amico. Grandi baffi e lenti spesse come fondi di bicchiere. Insomma un Nero Wolf, ma con gli occhiali.

 “Primo, ti ho detto che sono Commissario” tuonò “secondo, il medico legale ha stabilito che la morte dei tre clienti della tua taverna è avvenuta fra le 22:00 e le 23:00 di venerdì 4 aprile, per avvelenamento da Di-Isopropil-Fluoro-Fosfato, solubile in acqua e facilmente idrolizzato in ambiente alcalino. Si tratta di un liquido incolore, insapore, di odore aromatico, ideale per essere disciolto in acquedotti e riserve idriche e agisce come inibitore selettivo delle pseudo-colinesterasi”

“Ispettò, insomma, commissà ma perché state a parlà arabo? Che so ste cose che state a dì? Disopro che? E si vede che quei tre hanno bevuto troppo. Che ne so, io”

“Confessa o divento veramente cattivo”

“Dottò, ma se vi stanno a scoppià le vene del collo. Che volete diventà peggio di così?”

 “Basta! O parli con le buone o…”

“Marescià, che mi state a minaccià?”

“E no eh. Questo no. Ora basta! Ti ho detto che sono C-O-M-M-I-S-S-A-R-I-O!” le urla ormai risuonavano in tutti i corridoi

“Ah dottò, e che ve strillate”

“Parla, sei stato tu”

“Ma a fare cosa, commissà?”

“Tre clienti della tua taverna sono stati uccisi fra le 22: e le 23:00 di venerdì 4 aprile, avvelenati con gas nervino”

“E no, brigadiè. Mo me state a offende. Prima m’accusavano che ce mettevo l’acqua, poi la gazzosa, mo er gas. Pe ‘cchi m’avete preso? Ma dove se sentito mai poi er gas ner vino. Capità, il vino mio è genuino, così come esce dall’uva. Il mio è er vino più bbono de li Castelli. Altro che gas ner vino

L’aria divenne irrespirabile, anche perché il Commissario si accese una bella sigaretta e iniziò a soffiare il fumo negli occhi dell’interrogato.

“Mario, senti” disse tornando calmo “ora ti parlo con il cuore in mano. Ti conviene confessare perché quelli che verranno ad interrogarti dopo di me, non saranno così carini. Qui rischiamo un incidente internazionale. Quei tre erano cittadini russi, pezzi grossi. Guarda che quelli non scherzano”

“Ah commissà, io mica fumo, però. E comunque ci possiamo sta qua pure tutta la notte, ma io non c’entro niente. Che ne so io di russo? Io me ne voglio solo tornà a casa, a casa mia”

“Va bene Mario, sei libero. Puoi andare a casa tua, ma attento, ti teniamo sotto controllo”

Un taxi si ferma in un vicolo buio.

La persona seduta sul sedile posteriore tramortisce l’autista con una compressione del nervo vago all’altezza della spalla. Si strappa il naso posticcio e i baffi finti, con un fazzoletto si toglie il rossore dalle gote. Si sbottona la camicia e sfila una protesi spugnosa dall’addome. Accende il cellulare per mandare una e-mail: “Mission accomplished. Three birds down. Waiting for orders” mentre nel riquadro “send to” lampeggia il nome del destinatario: “MI6 Headquarters”.

Ismaele Vicentini è nato a Teramo il 13 gennaio 1974. E' impiegato presso l'Università di Teramo. Adora leggere thriller noir e romanzi d'avventura. Ha debuttato nell'antologia Bloody Hell - Storie di demoni e angeli caduti (Edizioni Demian) e sta collaborando alla stesura del DizioNoir delle serie tv (Delos Books).