Con lo studente Edmund Jones detto Jupiter…
"Edmund Jones era alto, magro e leggermente incavato; il suo torace non si espandeva se non veniva sollecitato". Sembra che sia appena uscito dall'ospedale, eppure ha una resistenza notevole se riesce a giocare cinque set a tennis sotto il sole d'estate. Soprannominato Jupiter per le sue folte sopracciglia e l'espressione altezzosa. Suo amico Sylvester "nerissimo con una sfumatura di indaco". In breve il nostro eroe dilettante, studente del corso di Belle Arti della Harvard University.
Il quale eroe deve andare dal prof. Singer, suo precedente tutor, per la specializzazione sopra citata. Come in ogni giallo che si rispetti l'esimio insegnante viene trovato ucciso con un pugnale conficcato nel petto. Di bello c'è l'impugnatura "splendidamente cesellata".
A indagare il sergente Rankin aiutato dal frenetico Jupiter. Qualche spunto in qua e là: borsellino con le iniziali di una signora, taccuino per gli appuntamenti con diverse persone e dunque diversi moventi, plagio di un'opera, biglietto da decifrare, una lettera di innamorata, quadri veri e relative copie, una botta in testa, ricostruzione finale con colpi di scena.
Non la faccio lunga e non aggiungo altro. Si avverte che Delitto a Harvard è una "prima" di Timothy Fuller. Il tutto appare francamente affrettato, abborracciato, con il nostro Jupiter che riceve tranquillamente le informazioni da Rankin, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. Carente, per non dire altro, la psicologia dei personaggi e insomma il romanzo mi ha lasciato l'impressione di un prodotto incompiuto. Come un quadro in cui mancano parecchie linee e diversi colori.
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