A Palermo una guerra di mafia vede contrapposti due clan: da una parte la famiglia di Don Daniello, dall’altra quello che rimane di un grosso cartello criminale, sterminato dall’uomo di fiducia di Don Daniello, Lanzetta. Tra le fila del clan “perdente” a guidare la compagine, emerge un calabrese spietato, Cocchi, che organizza il rapimento della figlia del boss rivale. La situazione precipita e tra tradimenti, doppi giochi, manovre e interessamenti dei politici… in un finale assolutamente gattopardesco, nuovi equilibri vengono creati per assicurare la continuità del potere mafioso.

 

Il Boss, uscito in cofanetto Raro Video accoppiato ad un lavoro decisamente minore di Fernando di Leo, quale Killer vs Killers, è il capitolo conclusivo di quella che fu definita Trilogia del milieu. Dopo La mala ordina e lo splendido Milano Calibro 9, entrambi ambientati all’ombra della madonnina, il regista sposta la storia in una Palermo by night, quasi mai ripresa di giorno, quasi mai colta in esterno. La storia è secca, essenziale, senza concessione alcuna alle divagazioni. Si parte dritti dritti, già nel cuore della faida, con una mattanza volutamente esagerata nei toni, come quella iniziale della strage nel cinema. Il film procede a ritmo abbastanza serrato, senza che ci siano mai delle evidenti cadute di ritmo. Rispetto ai primi due film precedentemente citati, è chiaro, si perdono quei tick tipici del film di malavita: le scene in auto sono pochissime, gli inseguimenti men che meno. La tensione è tutta affidata alle scene in cui prorompe, alla maniera del Maestro, tutta la cattiveria e la ferocia di uno scontro tra clan che, oramai, morti i capi, non dovrebbe avere più alcun senso. Lo scontro avviene nel nome di regole d’onore che chiunque stenta a riconoscere non solo come valide… ma addirittura come esistenti. Proprio per questo le carneficine risultano volta per volta sempre più incomprensibili.

Parlando in termini di realizzazione, il film, rispetto a Milano cl.9 risulta povero nel cast: Henry Silva e Pier Paolo Capponi come uomini d’armi dei due clan e la bella Antonia Santilli come figlia di Don Daniello, spiccano tra i protagonisti mantenendo per ovvie ragioni i riflettori spesso puntati. Se la recitazione di Silva, come spesso è accaduto, è una interpretazione monocorde, ispirata certo, ma tremendamente monotona anche nella stessa espressività, Capponi, alle prese con una prova di ferocia davvero ardua, sfodera una interpretazione grandiosa, davvero terribile, efficace. Menzione a parte per la giovane Antonia, alla prima interpretazione seria… la ragazza mette in scena un personaggio difficile, una “contestatrice sessantottina, figlia di mafiosi”, che probabilmente gioca con tutto quello che fa: politica, affetti, sesso, droghe. Anche in questo caso, scevro da ogni moralismo o giudizio di sorta, in puro stile di Leo, il personaggio che esplode in tutta la sua ingenuità e femminilità, deve molto alla bellissima interpretazione dell’attrice, che trasforma questa ragazzina in un essere pulsante, di carne ossa, lacrime e sospiri.

Il film ha un suo messaggio politico tra le righe, affidato alla voce di un avvocato, onnipresente nel film,  tramite tra i poteri politici di Roma e gli uomini dei clan di Palermo. È questo avvocato ad architettare tutti i doppi giochi, parrebbe addirittura lui l’uomo che nei fatti benedice la scalata dei picciotti al rango di boss… ricordando a ognuno che stanno ereditando un territorio fatto di “7 collegi elettorali da controllare”. Chiaro il messaggio di Fernando di Leo. Non stupisce che qualche politico si sia risentito credendo di riconoscersi in una battuta del film. Come molti altri film di di Leo, dopo la denuncia di questo politico una trafila inutile di sequestri e la richiesta stupida di distruzione della pellicola. Tutte richieste che hanno appena prodotto qualche ritardo nella programmazione cinematografica, ma soprattutto, ex post, un punto di gloria in più per un autore come Fernando di Leo che della coerenza con le proprie idee e del realismo faceva una scelta di vita, prima che di cinema.

Il Boss è un film da non lasciarsi scappare… sebbene, dei tre film prima citati, risulti indubbiamente il più anomalo e meno inserito in quella ideale trilogia.

Valutazione tecnica

Il film è stato restaurato dalla pellicola con lavoro digitale ed è proposto nel solito 1.85:1 con adattabilità a formato 16:9 anamorfico. L’audio è ovviamente in formato mono e in lingua inglese e italiana. Sottotitoli solo in inglese su audio originale.

Povero di extra il film si presenta esclusivamente con una serie di biografie e filmografie in scheda, oltre che con un interessante documentario “alla maniera Raro Video” intitolato Storie di Mafia, con i contributi di intervista degli attori che presero parte al film. Accoppiato in cofanetto con l’opera minore Killer Vs Killers, sempre di Fernando di Leo.

Extra

documentario-intervista Storie di Mafia e bio-filmografia del regista