9.09, 14.14, 20.20, 23.23, tutte doppie ore, esattamente quelle cui allude il titolo (ma a scanso d’equivoci alle ore indicate appena sopra non succede niente di niente…).
Stiamo parlando (ma guarda un po’…) de La doppia ora, opera prima di Giuseppe Capototondi, in concorso alla 66ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Sonia (Ksenia Rappoport, Coppa Volpi per l’interpretazione), ragazza di origine slovena cameriera in un hotel e Guido (Filippo Timi, avviato oramai ad una presenza in pianta stabile nel cinema italiano…), ex poliziotto custode di una villa, si conoscono durante una seduta di 'speed date'. Iniziano a frequentarsi, ma quando la storia comincia a trasformarsi in qualcosa di importante Guido rimane ucciso durante una rapina nella villa di cui è custode.
Ciò nonostante, Sonia continua a percepire la sua…
Incensato da molti, lascia per metà perplessi e l’altra delusi. Troppe le pellicole (da Allucinazione perversa a Il sesto senso passando per The Others) e i libri (uno su tutti: Ubik del grandissimo P.K.Dick) che lo hanno preceduto sulla strada dei twist-ending, ossia quei finali che disattendono di colpo tutto ciò che avevano lasciato immaginare in precedenza.
Ma il film sconta pesantemente anche una sceneggiatura un po’ pavida che giunta al dunque (chi mandare nell’aldilà e chi lasciare di qua?), sceglie la soluzione più inoffensiva.
Brava la Rappoport, premiata come già detto con la Coppa Volpi, ma non memorabile. Quasi indecifrabile Filippo Timi, uno di quegli attori che ad iniziare da In memoria di me preferisce, fatta eccezione per Vincere, togliere piuttosto che aggiungere, finendo in questo caso con entrare in zona evanescenza
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