Nome: Werner
Cognome: Hartenstein
Professione: risolutore
Nato il: 25 aprile 1964
A: Rostock, Deutsche Demokratische Republik (ci tengo).
Protagonista di: In perfetto orario (libri/8721)
Autore: Luca Rinarelli
Intervista con un personaggio esordiente.
Grazie Warner per essere qui. Già in passato mi è capitato di intervistare dei personaggi, ma questa volta è un po' diverso perché tu sei il primo "protagonista" esordiente ospite del nostro salotto letterario. Ma secondo te, come mai Luca ha preferito lasciarti carta bianca per questa intervista?
Credo che gli piacerebbe incontrarmi di persona, se solo fosse possibile. Tutti sanno che gli autori spesso si affezionano sinceramente ai loro personaggi. Credo che vorrebbe vedermi vero, vivo e vegeto.
Allora cominciamo con il dare al lettore un'infarinatura generale. Tu che sei un uomo d'azione prova a scrivere un trailer della tua vita.
Un sicario dal passato travagliato e dal presente pieno di dubbi. Werner è un professionista che cerca una giustificazione per uccidere o un motivo per smettere. Non ha un telefono, una mail, un documento. Non ha identità e questo gli permette di sopravvivere, ma lo condanna alla solitudine. Dal suo incontro con Salvatore, un operaio, uomo mite che, contro la sua natura, sente il bisogno di vendicare un delitto atroce, scaturisce una terribile serie di omicidi. Sullo sfondo una Torino che attende l'Evento Olimpico, piena di cantieri e crateri, in cui si muove un’umanità disorientata, in cerca di riscatto. Amore e morte al tempo della crisi. Un noir, spietato e commovente, che racconta la solitudine e gli incontri che cambiano la vita.
Già con queste poche righe introduci moltissimi temi centrali del tuo romanzo. Cerchiamo di andare con ordine però e partiamo dal titolo: "In perfetto orario"… per cosa?
In perfetto orario, secondo Luca, riassume abbastanza bene il mio modus operandi, essenzialmente basato sull'essere al posto giusto nel momento giusto. Io non ho un telefono, una mail, una residenza, nessun documento. Questo mi permette di non essere reperibile. Io non esisto. Devo però essere "fisicamente" preciso. Mai mancare a un appuntamento, sia per appostamenti e pedinamenti che per l'esecuzione vera e propria. In realtà il titolo è una sorta di metafora della mia personalità: devo avere sempre tutto sotto controllo. Comando io il gioco. Sempre. O quasi...
E tu ti senti "in perfetto orario" con la vita? O meglio, la visione che il tuo autore ha di te, corrisponde al vero?
No, purtroppo. Io cerco di essere sempre preciso e risoluto, ma comincio a perdere i colpi. Anche le migliori macchine da guerra possono incepparsi.
Nella "carta d'identità" iniziale alla domanda professione hai risposto con un diplomatico "risolutore". Perché non dire chiaro e tondo killer professionista?
Non ho voluto essere diplomatico. "Risolutore" mi è sembrato un termine più ampio. A volte si possono risolvere delle cose senza dover per forza uccidere. Ciò non toglie che io sia un sicario di professione.
E come è la vita di uno che fa il tuo lavoro?
Sarò banale. E' decisamente solitaria, e mi è sempre andata bene così. Raramente si conoscono persone per cui valga la pena abbandonare la solitudine. Quando sei solo, tutto è più gestibile, maggiormente sotto il tuo controllo. Certo, a volte si fanno degli incontri che rivoluzionano tutto...
Hai dei modelli di riferimento per svolgere al meglio la tua professione?
No. Non credo si possano avere dei modelli, in questo mestiere. Ho avuto dei buoni maestri: gli addestratori della Marina della DDR sotto il servizio di leva, il tenente della STASI che mi ha introdotto per la prima volta al mestiere di agente segreto e, soprattutto, un colonnello del KGB incredibilmente abile. Era in grado di uccidere cinque persone a mani nude prima che se ne accorgessero in tempo.
Per essere un killer ho avuto l'impressione che nella tua vita i poliziotti compaiano sempre molto poco.
Molto meglio per loro, ti assicuro. Io credo che i poliziotti siano sopravvalutati, soprattutto nel cinema e nella letteratura. Mi spiego meglio. Molti si lanciano a raccontare storie di investigatori superintelligenti che capiscono tutto. La realtà non è così, secondo me. Chi indaga trova la maggior parte degli indizi attraverso la tecnologia, le macchine, i computer e la chimica. Il mio unico modo per sfuggire è essere fuori dal mondo. Io, al crollo del Muro di Berlino, ero già senza identità. E' del tutto ovvio che la STASI e il KGB ci avessero fatto sparire come normali cittadini, a me e ai miei ex colleghi. Werner Hartenstein è un nome che piace tanto a Luca per motivi suoi. Io ho molti altri nomi. Arrivo in Italia, senza identità, senza documenti, ma soprattutto senza inutili orpelli tecnologici come il computer o il telefono cellulare. Chi mi cerca? La polizia postale? Mi viene da ridere. Trovano le mie impronte vicino a un cadavere? E le confrontano con cosa? Non ho una vera casa, passo da un posto all'altro e mi vesto sempre in modi diversi. Non si può cercare chi non esiste. Dal punto di vista del confronto sul campo, trovo che i poliziotti siano ancora una volta sopravvalutati. Io, come molti altri sicari professionali, veniamo quasi sempre da un passato militare nei corpi speciali. Altro che un normale agente di polizia. Se cerco di evitare gli uomini delle forze dell'ordine, è perché non voglio essere costretto ad ucciderli. Non ho mai commesso un omicidio che non fosse commissionato o necessario.
Visto che hai introdotto l'argomento parliamo dunque dell'Italia, dove ormai sei da parecchi anni. Che rapporto hai con il nostro paese?
E' semplicemente il paese dove adesso vivo.
E allora perché l'Italia piuttosto che un altro paese?
Davvero, ci sono capitato dopo anni di vagabondaggio alcolista in giro per l'Europa. La DDR era tutto per me. I miei compagni di lavoro, la mia identità in cui ho anche creduto. Non ho mai fatto finta di non vedere cosa non funzionava, ma ho ancora l'idea che il mio paese avrebbe potuto sviluppare qualcosa di meglio. Conosco molto poco l'Italia. Ho fatto qualche lavoro a Milano e uno a Venezia. Io, in Italia, sono sempre stato a Torino. Ci sono arrivato. Mi ci sono fermato. Affinità? Non so. Hai presente come vivono e cacciano i gatti? Preferisco essere sicuro nel mio territorio. Ornai lo conosco molto bene e so come sopravviverci.
Ora parliamo per un attimo dei personaggi femminili che incontri: Irina.
Irina è una prostituta russa sfortunata, perché io le uccido un cliente in casa mentre lei sta lavorando. Non potevo fare altrimenti. Le nostre vite si incatenano, e influiscono una sull'altra fino alla fine.
E Giulia?
Giulia è il motivo per cui prima ti ho detto che avvengono degli incontri che cambiano tutto. Non ci si dovrebbe mai innamorare, facendo il mio lavoro. Ma a volte arrivano gli imprevisti a cambiarti la vita, e non è detto che sia in peggio. Dimmi tu se uno come me si doveva innamorare di una studentessa del DAMS. E' incredibile...
Mi stai dicendo che ti dispiace esserti innamorato?
Non credo che si possa essere dispiaciuti di essere innamorati. Se ne può avere paura, soprattutto se è la prima volta nella propria vita e se si è sulla quarantina. Come ho accennato prima, fare il sicario a modo mio significa essere del tutto soli. L'amore crea problemi.
Infine c'è una terza protagonista femminile: Torino
Chiara, sai che questa cosa è interessante? Femminile...
E' vero, sia io che Luca vediamo Torino come una donna. Che sa essere molto bella e molto sciatta allo stesso tempo. Magnetica e affascinante, ma anche molto crudele e indifferente. Io credo poi che Luca abbia inteso usare Torino, nella sua fase di cambiamento fisico ed economico, come una metafora a scatole cinesi del mondo. Le persone che sono costrette a cambiare, in una città costretta a cambiare, in un mondo costretto a cambiare. Io queste cose le so bene, arrivando da un paese e da un mondo che non esistono più.
Approfondiamo per un attimo questo discorso, visto che Torino è l'ambientazione della vicenda, ma assume anche un significato diverso e un ruolo attivo. Parlami di questa Torino e del rapporto che c'è tra essa e la vicenda narrata…
In effetti, c'è una bella differenza tra essere una location ed essere una protagonista. Torino è protagonista quanto me, Giulia e Irina. Credo che Luca sia stato fortunato a trovarsi in una città in forte cambiamento, cambiamento che però ha sempre un po' avuto l'aria di essere forzato, imposto, non spontaneo. La città che in Italia è stata operaia e meccanica per eccellenza non ha ormai che una minima parte di tutti gli operai che c'erano anche solo 20 anni fa. Questo è un dato socialmente molto importante. L'incidenza dell'industria sulla città e sul suo hinterland è diminuita molto. Tutto questo ha il suo specchio edilizio-architettonico. Un terzo di tutto il territorio urbano, quello con gli edifici industriali, è stato quasi del tutto smantellato e rifatto a nuovo. Nuovi condomini, nuovi quartieri residenziali. In proporzione alle dimensioni dell'area urbana, neppure a Berlino c'è stato uno stravolgimento così grande del territorio. Questa parte di città in demolizione, con le ruspe che attendono di colpire come predatori, ha sicuramente colpito la fantasia di Luca, che aveva visto da poco Il nemico alle porte di Jean Jacques Annaud sulla battaglia di Stalingrado. Ha trovato i paesaggi quasi identici, e allora si è inventato un suo cecchino che si nascondesse in questi luoghi. Vedi Chiara, io sono un uomo che sopravvive al suo passato, Giulia e Irina faticano a trovare la strada per il loro futuro. Non avremmo potuto trovarci in un posto migliore. A proposito di passato e futuro, di reinventarsi e del mio paese che non esiste più, c'è un altro film che ha ispirato molto Luca. Credo che raramente abbia riso e pianto così tanto come quando ha visto Goodbye Lenin.
Tornando, invece, al tema degli incontri che cambiano la vita, oltre a Giulia anche il tuo ultimo cliente, in un certo senso, contribuisce al tuo mutamento.
Salvatore forse è il personaggio più umano di tutti. Dopo le ingiustizie e il dolore che ha dovuto subire, è assolutamente comprensibile che cerchi la vendetta. Gliela do io, la vendetta. Ma è un personaggio che mi colpisce profondamente, perché è una persona buona, normale, a cui capita una cosa terribile. Sì, Salvatore mi ha colpito profondamente.
Che rapporto hai, invece, con il tuo autore?
Affetto e conflitto. Credo che lui sia molto affezionato a me, e io ammetto di volergli un po' di bene. Essendo mio padre, è ovvio che Luca abbia messo dentro di me molto di sé, delle sue paure e dei suoi paesaggi, umani e non umani. Quello che mi infastidisce è che, come tutti i padri, ha troppe aspettative sul proprio figlio. Nei sogni di Luca io dovrei diventare il killer del secolo, il più bravo della letteratura e del cinema, e allo stesso tempo essere umano, romantico e magari bello. Ma non ti preoccupare, lo calmo io.
Bè credo sia normale avere certe aspettative sui propri "figli". Da parte tua, invece, esiste un personaggio di un romanzo già scritto che avresti voluto essere?
Il protagonista de La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig. Non è un sicario, ma i suoi dubbi e i suoi sdoppiamenti mi hanno affascinato molto. Inoltre ho trovato che fosse un libro bellissimo. Esistono alcuni killer che leggono parecchio, sai?
Non ne dubito, infatti sarei curiosa di sapere quali sono gli ultimi tre libri che hai letto.
Il mondo in una piazza di Fiorenzo Oliva, Opio en las nubes di Rafael Chaparro Madiedo e, tutta d'un fiato, la riedizione in dieci numeri della saga di Corto Maltese di Hugo Pratt, riedita dall'Espresso mi pare due anni fa, ma letta solo ora.
Che tu sappia, come sei arrivato sulle pagine di un romanzo?
Su questo dovrebbe rispondere Luca. Per quel che so io, ha iniziato a scrivere dei racconti brevi, con diversi personaggi. Poi, in una notte buia e tempestosa, si è accorto che potevano conoscersi e interagire. Ed eccoti il romanzo.
Sei soddisfatto o, tu che sei abituato a vivere nell'ombra, ti senti a disagio?
Io sono un sogno di Luca. Tu credi agli universi paralleli? Nel vostro universo, io sono un personaggio di un libro. Nel mio mondo sono reale e vivo nell'ombra. L'importante è che io non diventi un personaggio pubblico nel mio mondo. Sarebbe un bel problema.
Ammettiamo che io creda agli universi paralleli: tra il mio e il tuo c'è qualche punto di contatto per cui tu potresti correre dei rischi?
No, non credo. L'unico punto di contatto che ho con il tuo mondo è il "mio" autore. Se parliamo di contatto fisico o visuale, chiaro. Abbiamo molti più contatti di quel che pensi, ma non saranno mai fisici o visuali.
Secondo te, cosa hai tu più di un qualsiasi altro protagonista di un romanzo? Perché un lettore dovrebbe sceglierti?
Mi risulta difficile autopubblicizzarmi. Posso dire di essere un uomo, coi sui errori, le sue crudeltà e meschinità, le sue paure e i suoi sentimenti. So benissimo che il lavoro che faccio è riprovevole, secondo i canoni morali attualmente in vigore. Le persone che uccido meritano però di morire. A volte uso questo come giustificazione, ma davvero c'è gente che meriterebbe di conoscere almeno una volta nella vita la sofferenza che ha procurato ad altri. Inoltre costo pochissimo. Hai un problema? Ti trovo io e ti propongo la soluzione. Purtroppo sono sempre tallonato da rimorsi e dubbi. Anche gli altri personaggi sono assolutamente veri, sinceri, con le loro debolezze e le loro speranze. Ecco, credo di poter dire che si tratta di una storia molto umana, nel senso più completo del termine. Noi esseri umani siamo fatti così, nel bene e nel male. Credo potrà piacere molto anche l'ambientazione. Sai, secondo me anche i luoghi soffrono, si leccano le ferite. Come le persone. Forse è per questo che mi attraggano così tanto i posti in decadenza. Le vecchie fabbriche in demolizione. I palazzoni di periferia, che non sanno neppure loro perché sono nati, e proprio lì. Alla fine credo che in ogni morte ci sia una nuova vita. Il dolore e la fatica che possono essere provocati dal divenire, dalla trasformazione.
E se dovessi inventare uno slogan per il tuo romanzo?
Anche il peggiore assassino appartiene alla tua stessa specie animale. Ha dei sentimenti come li hai tu. Prova emozioni simili alle tue. Soffre come te. E' questo che ti spaventa.
E per finire quali sono i tuoi progetti? Pensi di tornare o resterai un personaggio esordiente?
Io non faccio mai progetti a lungo termine. Io progetto dei lavori. Sono l'essenza stessa del precariato, che inteso in senso totale ed esistenziale, è uno dei temi-base del romanzo. Io non so se sopravviverò. Se sarà così, può essere che ci si riveda.
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