Con l'ispettore Méndez...
Ormai lo conosciamo l’ispettore Méndez. Un uomo all’antica, amante della poesia rivoluzionaria e poco amante dei regolamenti. Occhi metallici, magnetici, occhi “da vecchio serpente”. Senza pietà con “gli stupratori, con i corruttori di minori e con i pistoleri arroganti”. Sospetto a tutti i regimi e infelice sotto ogni regime perché “le dittature tagliano sempre le palle degli innocenti, mentre le democrazie non tagliano mai le palle ai colpevoli”. Uomo di pazienza ma al bisogno anche di azione. Duro, testardo e generoso. Preso dalle storie di strada che trova nei vicoli della Barcellona più povera.
Questa volta si trova di fronte al caso di Palmira Canadell, persona dai “modi maneschi”, violentata e assassinata che ha una sorella gemella dal temperamento opposto sorvegliata da un killer professionista. Insieme alle indagini per questo caso si sviluppa la storia di una bambina e di una madre costretta per bisogno a fare la prostituta. Chi racconta in prima persona è proprio la bambina, divenuta adulta, anche lei costretta a seguire le orme della mamma.
Libro di forte impatto emotivo, di violenza, di prevaricazione, di potere e dominio dell’uomo sulla donna attraverso il denaro e il sesso. Ma anche storia di imbrogli, falsi fallimenti, finte vendite di terreni, di un sistema giudiziario corrotto dove “I giudici non sono tutti uguali”. Il rimpianto di un mondo che non c’è più. Violenza e dolore con qualche spunto di insperata nemesi.
Prosa ora secca, essenziale, ora di più ampio respiro psicologico quando a parlare in prima persona è la ragazza. Talora troppo scoperto l’impianto, lo schema del libro e la vocazione a tirate di sociologia un po’ sorpassata (Cinque donne e mezzo di Francisco Gonzalez Ledesma è stato scritto nel 2005). Un personaggio, Pedro Anselmo, rivolto a Méndez “Il popolo non esiste più. Ognuno si arrangia come può, e basta. Se vuol trovare il popolo, vada al museo di storia municipale”. Risaputa. Però non ha mica tutti i torti…
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