Ho sempre dato grande importanza alla critica. Recensire romanzi dovrebbe essere una roba seria, fatto da persone autorevoli e preparate. Quindi, le righe che seguono, vanno prese per quello che sono, un parere onesto su un libro che ho letto.
Repetita, il primo romanzo di Marilù Oliva, mi è piaciuto davvero, e il suo è un buon esordio nella narrativa di genere. È scritto bene, ha avuto cura nello scegliere le parole e non si è lasciata ammaliare dalla moda della frase secca e dalla punteggiatura ossessiva tanto cara agli autori neri contemporanei. E poi c’è Bologna. Per gli autori contemporanei di genere, Bologna è diventata l’America, è la patria italiana dei serial killer. E perché Marilù non avrebbe dovuto sfruttare l’onda? Peggio per lei, rischia solo di cadere nel banale ho pensato, invece ha trattato e descritto il soggetto in maniera mirabilmente intelligente, creando in modo esemplare il suo percorso, da bambino maltrattato e impotente a omicida consapevole e vendicativo, senza cadere nel banale e nel già detto; mi ha reso avido di notizie su di lui, mi ha incuriosito con la sue citazioni di personaggi storici e di serial killer americani, mi ha agitato con le sue scorribande sessuali. Sono tragiche e urtanti le pagine che riguardano il protagonista, Lorenzo Cerè, quando da piccolo subisce i maltrattamenti e le vessazioni del patrigno, ancor più dolorose perché avvengono sotto lo sguardo assente della madre; le pagine che descrivono le torture che, da grande, infligge alle sue vittime non sono così disturbanti, nossignore, nemmeno quando si inventa le sevizie più atroci, sia fisiche che psicologiche. Le pagine di Lorenzo piccolo ti rimangono fastidiosamente incollate addosso e aiutano la giustificazione dei suoi estremi mutamenti.
Leggi e dici: quanto male ha dovuto ingoiarsi. Leggi e pensi: il male genera solo altro male. Ed è qui che mi ha voluto portare l’autrice, al male come purificazione al male subìto, purificazione da tutto il male del mondo in cui galleggiamo.
Lorenzo Cerè è stanco di mangiare merda, è stanco di averne paura. Ora saranno gli altri a doverla temere, a doverla subire. È quello l’unico viatico per la sua salvezza. O forse no. Perché Lorenzo incontra una psicoterapeuta, una in gamba, una che vuole davvero aiutarlo – proprio lui, lui che non aveva mai ricevuto un aiuto da nessuno – aiutarlo a guarire. E allora forse c’è un’altra strada…
Dopo tanto dolore, l’autrice tira un salvagente, uno importante, da contrapporre al male, e che può salvare il protagonista, e magari può salvare tutti noi. E forse è il messaggio importante del romanzo – se mai ce ne fosse da indicare uno.
C’è solo una cosa che ci può salvare, tutti, indistintamente.
La risposta è facile, vero Marilù?
(Alessandro Zannoni)
Considerare Repetita (l’esordio letterario di Marilù Oliva recentemente edito da Alberto Perdisa nella collana Walkie Talkie) come un normalissimo libro da leggere, forse è un po’ riduttivo. Perché le pagine di Repetita abbracciano in sè una storia che, per la modalità di scrittura, riga dopo riga, può caratterizzarsi per un doppio uso. Ovvero: il romanzo si potrebbe anche ascoltare. Come se i personaggi e la stessa autrice ce lo raccontassero a voce alta. Il lettore legge ma, se vuole, può ricavarsi uno spazio accanto al protagonista, Lorenzo Cerè, per seguire le sue chiacchiere mentre narra con sincerità o consapevole bugiarderia secondo le occasioni, della propria adolescenza, del rapporto con madre e patrigno, mentre penetra nella sua stessa vita ormai preda delle ossessioni nate dalle sue nevrosi, e cerca di combattere la violenza degli attacchi di mal di testa e di coprofobia.
Sull’intero piano narrativo le parole di Lorenzo fanno emergere uno dopo l’altro segreti e confidenze, e fanno venire a galla misteri nascosti tra le pieghe del suo animo. Perché è questo quello che succede, o riuscirà a succedere, prima o poi, a chi decide di sedere di fronte ad uno psicanalista. E nel romanzo di Marilù Oliva il lettore è presente, in mezzo a medico (la dottoressa Marcella Malaspina che agli occhi di Lorenzo non rispondeva deontologicamente alla catechesi dei suoi colleghi da lui incontrati in precedenza) e paziente. Il lettore ascolta, si interessa, si lascia condurre passo passo nella vicenda, nutre una curiosità sempre stimolata da un ritmo che non cala mai di intensità, si immedesima nella confessione di Lorenzo grazie ai tempi imposti dalle sedute psicanalitiche, mezzo che l’autrice utilizza per ricostruire in forma letteraria l’insieme degli avvenimenti trattandoli come tasselli singoli che si incastrano uno nell’altro.
Insomma, per una volta si legge un romanzo dove il lettore può non essere un semplice consumatore. Se vuole ha gli strumenti per negarsi un ruolo passivo, non più un corpo estraneo ma un corpo dolente, proprio come quello di Lorenzo. Perché la narrazione scuote profondamente l’animo del protagonista letterario ma anche di chi ne fruisce, lo coinvolge e lo pone di fronte a realtà e verità comuni. Eccetto una, forse. O almeno si spera. Cioè nel diventare un serial killer. Perché Lorenzo si distingue dall’altra, grande maggioranza del genere umano, attraverso una semplice riflessione: cosa mi ha spinto a passare dal desiderio di uccidere, umano e comprensibile, all’esecuzione vera e propria?
Repetita è una storia crudele, perché in queste pagine la crudeltà sta di casa. Una crudeltà profonda che il protagonista vive e subisce negli anni dell’adolescenza e che, nel suo crescere come uomo, ridistribuisce con grande piacere nei confronti di chi non è in grado di capirlo relazionandosi seriamente con lui. Torture, dolore e morte, sono solo le postille di chiusura di un rapporto impostato male. E’ la crudeltà della Storia. E Lorenzo Cerè è un serial killer che conosce la Storia, l’ambiguità e la crudeltà dei suoi tanti protagonisti. Perché la punizione ha origini antiche quanto l’uomo. La Storia dell’Uomo. Una crudeltà profonda, viva come un’emozione, radicata nel male che accompagna l’essere fin dai primordi della sua esistenza. Un mondo ancestrale che viene smembrato dall’autrice per essere messo sotto gli occhi attoniti di chi legge. Un male autentico. Non uno splatter fantastico. Non lo scontato. Non il gusto di trasgredire, di stuzzicare o meravigliare il lettore, di giocherellare con le sue paure, e di dargli una spinta a tradimento nell’impatto con il macabro. Ma la crudeltà dello scavare per conoscere. Fin nel profondo.
(Angelo Marenzana)
Il booktrailer
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