Si dice che si legge poco. É vero che, invece, i lettori giovani sono aumentati rispetto al passato?
È vero che i lettori sono aumentati, ma è vero anche che la produzione e l’offerta di libri per ragazzi sono aumentate nel momento in cui i media si sono accorti delle potenzialità commerciali di un settore che fino a pochi anni fa era ritenuto chiuso e poco degno di attenzione. Oggi siamo quasi arrivati alla situazione opposta: il libro viene considerato sempre di più alla stregua di supporto del prodotto televisivo e cinematografico. Alcune collane – come la varia – tendono a diventare contenitori di libri dedicati a programmi televisivi e star cinematografiche, altre – come quella di cinema – hanno moltiplicato e differenziato i formati per raggiungere in modo capillare tutte le fasce d’età che compongono il target di riferimento. Seguendo questa tendenza, il libro rischia di diventare un semplice prodotto di merchandising come qualsiasi altro.
Oltre a questo aspetto, negli ultimi anni sta prendendo piede il fenomeno del crossover, il libro per ragazzi adatto a tutte le età. Molti “casi editoriali” recenti, come ad esempio Rowling, Paolini, Randall e Troisi, sono libri letti e apprezzati anche dagli adulti e in qualche modo “sfalsano” il campione dei giovani lettori.
Merchandising, tirature, profitti... L’editore sta diventando un fornitore di prodotti commerciali “di tendenza”, a prescindere dalla qualità?
Non si può pretendere che l’editore, in quanto imprenditore, se ne freghi del fatturato. È vero che oggi “l’aspetto” di un libro ha assunto un’importanza fondamentale: è più facile che un brutto libro con una copertina accattivante venda maggiormente rispetto a un ottimo romanzo confezionato nel modo sbagliato. Ma è anche il lettore a imporre all’editore di conformarsi al mercato; un libro coraggioso, una copertina insolita o un’impostazione grafica innovativa spesso non vengono ripagati con dei buoni risultati commerciali. L’ideale ovviamente sarebbe una programmazione editoriale che affianchi ai bestseller commerciali anche libri di qualità.
Al giorno d’oggi ha ancora senso parlare di funzione educativa della letteratura?
C’è chi sostiene che l’abitudine di leggere sia già di per sé una virtù, ponendo in secondo piano i contenuti delle letture. Al di là della narrativa di intrattenimento tout court, la letteratura per l’infanzia continua ad avere un ruolo nell’educazione del bambino, e deve continuare a farlo. Rispetto al passato, stanno cambiando le modalità con cui la letteratura si avvicina al piccolo lettore per trasmettergli valori e insegnamenti. In generale, la tendenza è quella di non demandare più ai personaggi dei mondi fiabeschi l’insegnamento cattedratico dei precetti morali, ma di narrare storie che si avvicinino al vissuto quotidiano del bambino, che lo aiutino e lo preparino ad affrontare situazioni e a risolvere problemi, con un’attenzione sempre crescente per le tematiche della multiculturalità.
A proposito di cambiamento, in quale direzione sta cambiando la letteratura per ragazzi, in base alla tua esperienza in una casa editrice come Mondadori?
I piccoli lettori sono sempre più esigenti, già a nove-dieci anni sono in grado di affrontare trame complesse, e richiedono l’adeguamento del libro agli strumenti multimediali e tecnologici che per loro sono diventati di uso quotidiano. Anche il romanzo quindi deve diventare uno strumento interattivo, con rimandi a siti web dedicati e contest on line dove il lettore può interagire con i personaggi e prendere parte alla storia, o trasformarsi in un vero e proprio videogame, come è successo con i romanzi di Licia Troisi. Negli ultimi anni poi sta assumendo sempre più rilievo la collana cinema, che seguo dal punto di vista redazionale. L’interscambio tra prodotto cinematografico ed editoriale ha subito un incremento notevole. Da Le cronache di Narnia in poi, le produzioni cinematografiche tratte dai libri per ragazzi sono diventate sempre più numerose, così come i libri tratti dalle pellicole di animazione.
In generale, il fenomeno a cui tende l’editoria negli anni più recenti è quello della fidelizzazione del lettore. Si creano personaggi e storie seriali che possano garantire nel tempo un pubblico di lettori affezionati.
Parlaci un po’ del tuo lavoro. Per la collana cinema hai tradotto vari tipi di libri e curato anche la stesura dei testi. Quali sono i ferri del mestiere di un traduttore? Conta più la precisione o la fantasia? E quanto è importante la predisposizione ludica? O, per dirla in linguaggio pascoliano, l’ascolto del fanciullino?
In genere mi occupo della traduzione e della redazione dei testi dei formati destinati ai bambini più piccoli, quindi minilibri, libri puzzle, pop-up, libri con adesivi, libri gioco da colorare e qualche volta scritti un po’ più sostanziosi. Nella maggior parte dei casi si tratta di libri tratti da film di animazione (come Shrek, Kung Fu Panda, Madagascar e L’Era Glaciale), in cui la componente ludica quindi è presente e molto importante. I testi sono brevi e semplici e sempre accompagnati da immagini, cui devono adeguarsi. In generale preferisco le traduzioni “creative” che rendano meglio un concetto in italiano piuttosto che quelle letterali ma ingessate… In questi libri però la precisione è fondamentale perché i testi sono tratti dallo script del film e i contenuti devono essere i medesimi. Alcuni formati però non vengono acquistati dall’editore straniero ma prodotti direttamente da noi utilizzando i fotogrammi del film (in genere puzzle e minilibri). Il testo quindi non è da tradurre ma tutto da inventare. Questa è la parte più divertente, in cui si può giocare un po’ con il linguaggio, costruire microstorie e personalizzare battute e frasi ad effetto.
Quali erano le tue letture preferite da bambina?
Il mio primo amore è stato il fumetto. Avendo due fratelli maggiori di otto e nove anni, casa nostra è sempre stata invasa dai fumetti, perlopiù della Bonelli (quasi nessun supereroe Marvel e DC Comics). Martin Mystère, Mister no e Diabolik erano i miei personaggi preferiti, finché non è arrivato Dylan Dog… che ha sbaragliato la concorrenza. Il primo albo che ho letto, Jack lo squartatore, mi ha letteralmente scioccata e creato da subito dipendenza. Qualche tempo dopo sul comodino di mio fratello è arrivato Andrea Pazienza. Le straordinarie avventure di Pentothal è, ancora oggi, un albo che non mi stanco mai di tornare a sfogliare.
Poche letture disneyane quindi, e anche pochi classici della letteratura per l’infanzia, lo ammetto. La passione per la narrativa vera e propria è arrivata dopo, ed è cominciata quando, alle scuole medie, l’insegnante di Lettere ci ha messo a disposizione la sua biblioteca di famiglia.
Pensi che la lettura di fumetti mistery e horror abbia condizionato i tuoi gusti di adulta?
Direi di sì. L’affinità che ho sentito da subito con il genere thriller-horror penso ne sia stata una naturale conseguenza… Ricordo che il primo libro che ho comprato con la mia paghetta è stato Pet Sematary di Stephen King! Poi sono seguiti, se non tutti, gran parte dei suoi romanzi. Più tardi ho adorato Andrea G. Pinketts, per come sapeva accostare al sapore mistery la componente ironica, e la generazione dei “cannibali”. I miei gusti poi si sono diversificati, ma ho mantenuto sempre una predilezione per il noir, in particolare per James Ellroy, e per la narrativa americana contemporanea. Preferisco uno stile narrativo essenziale, non amo le lunghe descrizioni e non impazzisco per le ambientazioni fantasy. Come sosteneva Calvino nelle sue Lezioni americane, trovo anch’io che Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità e Molteplicità siano i valori, le qualità cui la letteratura dovrebbe aderire, e consiglio la lettura di questo testo a chi abbia intenzione di cimentarsi nella scrittura di un romanzo o di un racconto.
Oltre al lavoro di redazione ti occupi anche dello scouting di opere inedite. Quanti manoscritti all’anno leggi, approssimativamente? Quali sono, in maggioranza, i generi che arrivano?
Mi è impossibile fare un calcolo. Diciamo che arrivano in media cinque o sei manoscritti al giorno, vengono registrati e poi mandati in lettura in base al genere. Ad una prima occhiata, almeno un paio non passano nemmeno l’esame “preliminare”, o perché fuori target o perché scritti in maniera improponibile (bastano la lettera di presentazione e poche pagine del manoscritto per rendersene conto). In genere mi riservo la lettura e la valutazione integrale dei manoscritti che mi incuriosiscono e di quelli urgenti, in base anche al tempo che ho a disposizione.
Il genere più gettonato è sicuramente il fantasy, in tutte le sue sfaccettature, seguito dalle favole di stampo tradizionale.
Tre caratteristiche di un manoscritto che ti incuriosiscono.
Uno stile particolare, una sinossi che rivela una trama o una struttura con elementi originali e anche, lo ammetto, una confezione singolare. Qualche tempo fa arrivò in redazione un manoscritto avvolto in un panno di daino, legato con una corda, su cui era stata impressa l’impronta di una mano insanguinata (vernice rossa...). L’esito della lettura poi non è andato a buon fine, ma sicuramente il manoscritto si è fatto notare!
Tre caratteristiche che ti fanno chiudere e rifiutare il manoscritto.
1. Un incipit di questo tipo: C’era una volta, nel regno di Favolandia, la bella principessa Zuccherina... A meno che non si capisca che l’intenzione reale, andando avanti, è quella di ribaltare i canoni classici della storia e creare qualcosa di diverso, un po’ come fece magistralmente Collodi nell’incipit di Pinocchio:
“C’era una volta...
«Un re!» diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato.
C’era una volta un pezzo di legno.”
2. Quando un autore presenta il proprio romanzo come “Il nuovo Harry Potter”, o più in generale quando è chiaro già dalla sinossi che si tratta di un fantasy clone di Harry Potter o del Signore degli Anelli a cui sono stati semplicemente cambiati i nomi dei personaggi.
3. La tentazione di chiudere un manoscritto è forte anche quando arriva da persone convinte di saper o poter scrivere letteratura per l’infanzia solo perché in possesso della qualifica di “nonno”, “genitore” o “insegnante”. Se poi i rispettivi nipoti, figli e alunni hanno espresso un parere positivo riguardo al suddetto elaborato, allora è fatta: se non viene pubblicato è solo perché l’editore è un incompetente o perché per venire considerati bisogna essere raccomandati. Purtroppo molti sono convinti che scrivere per bambini o per ragazzi sia facile, in realtà l’autore deve tenere conto di molti più fattori e limiti rispetto a un testo destinato a un pubblico adulto.
La paura (Piccoli Brividi, Super Brividi, ma non solo...) non fa più paura come una volta?
Un libro horror che spaventava a morte un quattordicenne vent’anni fa oggi riesce a malapena a sfiorare la sensibilità di un bambino di nove anni. Quando nel 1994 nacque la collana Piccoli Brividi, fu pesantemente criticata per i contenuti giudicati quasi inaccettabili. Oggi i bambini sono abituati, direi assuefatti, alla violenza e i genitori (assuefatti pure loro) sono molto più tolleranti rispetto a ciò che viene proposto. Quello dei Piccoli Brividi comunque è un horror “controllato”, che non viene percepito come pericoloso o disturbante, perché si risolve perlopiù in descrizioni splatter in cui la dimensione “inquietante” è assente. Per cui sì, la paura non fa più paura come una volta, ma non per questo i lettori hanno smesso di cercarla… gli appassionati di horror continuano ad essere numerosi e a mantenersi costanti nel tempo.
Consigliaci cinque titoli memorabili di narrativa (per adulti).
Revolutionary Road di Richard Yates
Una banda di idioti di John K. Toole
La casa del sonno di Jonathan Coe
I fiori blu di Raymond Queneau
L’esistenza di Dio di Raul Montanari
E adesso cinque titoli memorabili per ragazzi.
Coraline di Neil Gaiman
Il signore delle mosche di William Golding
Tre uomini in barca (per non parlar del cane) di J.K. Jerome
Skellig di David Almond
La straordinaria invenzione di Hugo Cabret di Brian Selznick
Ci anticipi qualcosa delle prossime uscite Mondadori a cui stai lavorando?
Un libro molto interessante, che sarà in libreria a breve, è Hunger Games di Suzanne Collins. Negli USA è stato un vero e proprio caso editoriale, acclamato dalla critica e apprezzato, tra gli altri, da Stephen King e Stephenie Meyer. Anche in Italia si è creata una certa attesa, soprattutto via internet, tra il popolo dei blogger. Si tratta di un romanzo forte, crudo e molto originale. Per quando riguarda il cinema, in ottobre uscirà Nel Paese delle Creature Selvagge, tratto dal libro cult di Sendak, mentre a febbraio arriverà nelle sale e nelle librerie italiane l’attesissimo Percy Jackson e i figli dell’Olimpo, una saga fantasy che ha venduto oltre cinque milioni di copie.
Salutaci con una citazione a cui ogni tanto ti piace pensare.
“On n’écrit pas pour emmerder le monde.” R. Queneau
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