Caro Angelo, sono andata a farmi un giro nel tuo sito (www.angelomarenzana.net), nella sezione bibliografica (in fondo) e, ti dirò, ho fatto fatica a contare tutti i libri! Quanti romanzi e racconti hai scritto? Come procedi nella scrittura, sei metodico, disordinato, programmi o assecondi l’estro creativo?
Scrivere racconti mi dà una certa soddisfazione, e per questo ne ho scritti molti. Credo che il racconto sia qualcosa di essenziale, che non lascia spazio al superfluo, che dovrebbe prendere il via con un suo ritmo e non abbandonare il lettore fino alla fine. E dopo, deve essere capace di lasciare un buon sapore sulle labbra. Li leggo anche volentieri. Sono uno di quelli che preferisce acquistare antologie piuttosto che romanzi. In più, avendo poco tempo per scrivere, ho usato fin dall’inizio il racconto per mantenere un passo costante nella mia produzione, dedicandomici ogni giorno, anche solo una mezz’ora. Questo mi ha aiutato molto. Credo sia meglio un ritmo costante quotidiano, piuttosto che scrivere tanto in un arco di tempo ristretto. Anche nella stesura di un romanzo credo di essere essenziale. I miei sono romanzi brevi (vedi Controvento, Tre fili di perle, Legami di morte). Motivo per il quale non ho fatto molta fatica a produrre una pubblicazione breve per eccellenza, Buchi neri nel cielo, la novella uscita con Perdisa. Per rispondere all’ultima parte della tua domanda devo dire che scrivo di getto senza alcuna scaletta e senza avere alcuna trama completa di fronte a me. Parto da un’idea di massima, anche semplice, appena abbozzata e costruisco andando avanti di volta in volta, magari all’inizio un po’ al buio ma trovando la strada giusta un passo dopo l’altro.
Nel tuo sito hai specificato il tuo segno zodiacale (non hai precisato l’ascendente, però!). In quali caratteristiche dello scorpione ti riconosci?
Vergine. L’ascendente è vergine. E qui mi ritrovo nella mia necessità di ordine e di controllo su tutte le cose che vivo. Come scorpione, mi riconosco invece nella sincerità e nel non essere capace di nascondermi davanti ai problemi. Anzi, in realtà vorrei imparare a farlo, di nascondermi un po’, e affrontarli con meno determinazione. Di solito mi piace condire le cose con una punta di ironia spesso tagliente. Ma non sono traditore, come si dice degli scorpioni. Spesso prediligo l’aspetto un po’ malinconico-blues che vibra negli aspetti della vita (mia, degli amici e parenti, e pure dei miei personaggi). Magari dipende dall’essere nato nel mese in assoluto più malinconico dell’anno, cioè novembre quando la terra si prepara a una nuova rinascita, a un nuovo ciclo vitale sopito sotto la coltre gelata dell’inverno. Comunque mi piace pensarmi scorpione, è un segno caratterizzato da una forte mitologia, e, nelle vecchie architetture, soprattutto di campagna, dove vivono gli scorpioni, si respira un ambiente sano.
Oltre alle esperienza come giornalista, sei funzionario dell’Agenzia delle Dogane, poi hai scelto di interrompere i troppi impegni per dedicarti quasi totalmente alla scrittura. Quand’è che arriva quel momento, per un artista?
Forse quando ho percepito la stanchezza per quello che stavo facendo. Come se qualcosa si stesse consumando. Ho provato quel senso di stanchezza, vaga, generica, magari anche poco cosciente, la stessa che ti spinge a tornare a casa la sera dopo esserti fatto un giro. La voglia di chiudere una giornata, raccoglierti con te stesso, dormire e ricominciare il giorno dopo con qualcosa di diverso. In più direi che si è creato, dentro di me, come negli affetti, un desiderio quasi fisico di “stare insieme alla scrittura”, pensare a storie, prendere appunti, non farti sfuggire qualche particolare che potrebbe venire utile, fissare qualche riflessione su un pezzo di carta. E stendere tutto questo in una trama. Semplicemente, mi è venuto voglia di fare (o almeno provare a fare) lo scrittore.
“Legami di morte” (Flaccovio, 2008) è ambientata nell’Alessandria fascista. La tua documentazione conta anche sulle fonti orali: come le persone raccontano la storia attraverso il vissuto personale?
Nelle storie che scrivo c’è l’immaginario che mi aiuta nella costruzione degli avvenimenti. Poi interviene la mia memoria nella creazione degli ambienti e in alcune sfumature del profilo psicologico dei personaggi. Con la memoria entra in gioco una specie di contenitore di informazioni orali, quelle che non trovi in nessun libro, ma solo nelle chiacchiere ascoltate mentre mio padre e i suoi amici si incontravano, nelle storie che mi raccontavano i parenti, in vicende vissute da partigiani, o nelle strade del quartiere, nelle botteghe, nelle osterie o dal barbiere. A cui aggiungere gli aneddoti legati a una certa, sottile, arte di arrangiarsi che illuminava le menti in un’epoca difficile, i soprannomi dai quali nessuno sfuggiva, le liti coniugali sui balconi delle case a ringhiera con i vicini che assistevano piacevolmente divertiti ecc… insomma: ingredienti di vita popolana, dove, per esempio, non c’era il problema delle immondizie, non si buttava via niente e il riciclaggio era una forma di sopravvivenza per molta gente. É la stessa tecnica che ho utilizzato anche in mie precedenti pubblicazioni quali Nebbie d’agosto, Tre fili di perle o ai racconti raccolti nell’antologia Bel suol d’amore. Nel mio piccolo credo di contribuire a conservare una certa memoria, di usare il mio piacere (e per certi aspetti anche un po’ di commozione per una vita vissuta nell’infanzia ad ascoltare altri anziché a guardare la tv) per archiviare aspetti di vita familiare e sociale di un’epoca che, pur vicina negli anni, ci sembra così distante per le differenze che la segnano rispetto ai nostri anni più contemporanei.
Protagonista di “Buchi neri nel cielo” (Perdisapop, 2009) è Gaspar, un fuggiasco accusato di terrorismo. Il romanzo è ambientato negli anni di piombo, periodo storico da te trattato e letterariamente promosso (mi riferisco, tra le altre cose, alla rubrica Libri Gialli Anni di Piombo che curi insieme a Daniele Cambiaso e intanto che ci sono informo i lettori che esiste un’altra rubrica similare ambientata negli anni del fascismo: Libri Gialli Camicie Nere). Secondo te cosa è rimasto oggi, nella memoria collettiva, degli anni di Piombo e cosa è andato perso?
Credo che sia rimasto poco. Così come poco è rimasto anche del ventennio. Mi pare che si viva in una società che tende sempre a mettere in disparte la propria storia passata, e in particolare le cose drammatiche che si trova a vivere. Senza farne tesoro. Si preferisce dimenticare anziché capire. E quindi non la si dota nemmeno degli strumenti adatti, uno dei quali, per la sua parte per quanto piccola, può essere la narrativa, o il cinema. Anche se oggi si sta tentando, a trent’anni di distanza, di provare a recuperare un po’ di tempo perso. Forse c’è un maggior distacco anche emotivo da quei fatti drammatici. Di quegli anni si è perso il grande senso di partecipazione collettiva, sconfitta dalle armi, dalla paura e anche da una repressione spesso usata senza saper distinguere tra terrorismo e voglia di cambiamento sociale.
In “Destinazione Avallon. L'ultima via d'uscita per un killer” (Robin, 2008) agisce un personaggio emblematico, II Caporale, un malavitoso che uccide non solo per odio o per denaro, ma per istinto. Ti chiedo di approfondire con noi la freddezza che lo contraddistingue, una freddezza che prescinde dalle leggi umane.
Anche la freddezza è una componente dell’animo umano. Siamo tutti uguali, credo, perché tutti viviamo le stesse emozioni e le stesse sensazioni. Amore, paura, vergogna, imbarazzo, spavalderia, timidezza… e quant’altro vogliamo aggiungere. A renderci diversi è la percentuale di emozione che cambia in ognuno di noi. Come un composto chimico che nulla ha a che vedere con la chimica. Nel caso del Caporale di Destinazione Avallon, quindi di un eroe di penna dove le percentuali possono essere dosate a piacimento dell’autore, la sua freddezza ha una dimensione maggioritaria. Tale da aiutarlo non solo a portare avanti il suo lavoro criminale, ma anche a fargli capire quand’è il momento di voltare pagina. E in un romanzo, l’evoluzione della storia narrata passa proprio attraverso il cambiamento di punto di vista e di stato d’animo dei suoi protagonisti riuscendo però a mantenerli coerenti con il loro impianto individuale.
Si può dire che la tua sia una terra fertile di artisti. Qual è lo shining del tuo essere alessandrino?
L’ironia un po’ scorpionica di cui parlavamo prima, ma molto radicata nella cultura e in particolare nel dialetto alessandrino, aiuta a “guardare oltre. Così come la nebbia. La nebbia di una città chiusa tra due fiumi. La nebbia degli zombi, q uella alta da terra al ginocchio, che si solleva dalle campagne già a fine estate per diventare sempre più intensa con l’arrivo dell’inverno. La nebbia che rende il carattere alessandrino piuttosto riservato, nascosto dietro le imposte socchiuse della propria personalità, ma curioso, capace di guardare (e pure di pettegolare con l’ironia di cui sopra) ciò che succede al di fuori.
Sei organizzatore di eventi e di rassegne cinematografiche, fotografiche e letterarie, hai promosso la Fabbrica di Carta, la fiera del libro giunta alla sua undicesima edizione. Quali sono le risposte del pubblico verso questo genere di iniziative?
Le più diverse. Da uno a mille. E nonostante l’esperienza non ho ancora capito qual è l’ingrediente che porta al successo di pubblico dell’evento. Ho curato la Fabbrica di Carta (organizzata nella provincia di Verbania, dove ho abitato per molti anni) per i suoi primi due anni di vita, quindi merito anche ai miei successori che hanno saputo mantenerla di buon livello. In quel caso la presenza di pubblico è stata un vero e proprio successo, però si tratta di una manifestazione letterario-editoriale molto legata al territorio. Per il resto, ogni volta, si ricorre anche ai riti magici pur di ottenere risultati positivi. A volte funzionano, altre no.
Al Pisa Book Fest verrà presentata l’antologia Laurum, “Crimini di Piombo” che hai curato con Daniele Cambiaso. A fine ottobre uscirà un'antologia collettiva edita da Dario Flaccovio, “Bersagli innocenti”, che raccoglie dieci storie tratte da storie vere di rappresentanti delle forze del'ordine cadute per mano di criminali o terroristi. Prossimi progetti?
Ho concluso L’ora segnata dal destino, il romanzo che vede il ritorno del commissario Augusto Bendicò già presentato al pubblico con Legami di morte, e alla ricerca di un’adeguata collocazione editoriale. In fase embrionale c’è un romanzo a quattro mani con Daniele Cambiaso. Abbiamo già un titolo che trovo fantastico (ma che mantengo in segretezza) ed è proprio grazie alla sua particolarità che abbiamo fatto germogliare l’idea giusta. Poi sto lavorando anche su un horror. Piedra Colorada. Chissà…
Bibliografia di Angelo Marenzana:
Romanzi
Nebbie d'agosto (Mme WEBB 2000, romanzo breve)
Controvento (Edizioni ExCogita 2002)
Occhi di panna (Edizioni LaToxa, 2001, romanzo breve)
Occhi di panna (Edizioni ExCogita, 2002)
Tre fili di perle (Edizioni MobyDick, 2005)
Destinazione Avallon – L'ultima via d'uscita per un Killer (Robin Edizioni, 2008)
Legami di morte (Dario Flaccovio Editore,2008)
Buchi neri nel cielo (Perdisa Pop / Babele Suite, 2009)
Antologie personali
Frontiere (Edizioni MobyDick, 1999)
Bel suol d'amore (Edizioni Dell'Orso, 2006)
Antologie collettive e riviste
Storie vere dell'Ossola che non c'è (Edizioni La Zattera, 1993)
Dal bianco al nero (Edizioni Casarosa, 1994)
Sospeso (Edizioni L'Entronauta, 1994)
Sonno inquieto (Edizioni Casarosa, 1995)
La rapina (in Rivista Ossolana, maggio 1995)
Penombra (Edizioni Casarosa, 1995)
Abbecedario Inutile (Uroburo, 1995)
La moglie di Okumbo (in "Giallo Mondadori" n. 2451 del 21-01-1996)
Un lavoro in proprio (in G, la Rivista del Giallo, febbraio 1997)
Margine in nero (Edizioni MobyDick, 1997)
Luca e Mirko (in Rivista del VCO, novembre 1998)
Luoghi non comuni (Comedit, 1998)
Per colpa della nebbia (in G, la Rivista del Giallo, luglio 1998)
Nel caldo di fine agosto (in G, la Rivista del Giallo, ottobre 1998)
Città violenta (Addictions, 1999)
Storie del '900 (Edizioni MobyDick, 2000)
Statuette Africane (in Il Piccolo, settembre 2000)
I contorni delle ombre (in Rivista del VCO, dicembre 2000)
L'uomo nel cerchio (Addictions 2000)
La donna nel ritratto (Addictions 2001)
Solo andata (in M, la Rivista del Mistero, settembre 2002)
L’altra metà di Anita (in M, la Rivista del Mistero, giugno 2005)
Giallomilanese (Edizioni ExCogita, 2005)
Lontano (Ed. Oca blu, 2006)
Criminalcivico (Edizioni Osiride, 2006)
Il gioco (in Cronaca Vera n° 1792 del 10 gennaio 2007)
Omissis (Einaudi, 2007) COPERTINA
Il delitto si tinge di verde (Edizioni Osiride, 2007)
Borsalino, un diavolo per cappello (Edizioni Robin, 2007)
Il Montello (Edizioni Zanetti, 2007)
Colpi di testa (Edizioni Noubs, 2007)
Tutto il nero del Piemonte (Edizioni Noubs, 2007)
La legge dei figli (Meridiano Zero, 2007)
Giallo Scacchi (Edizioni Ediscere, 2008)
ALIA L'arcipelago del fantastico (Edizioni C/S Libri 2008)
Una piazza un racconto (Edizioni Juppiter 2008)
Crimini di regime (Editrice Laurum 2008)
La tierra de los caìdos (Robin Edizioni 2008)
Regalo di Natale (Movida, dicembre 2008)
Bloody Mary (Movida, marzo 2009)
Morte di un barbone (Movida, giugno 2009)
Bad Prisma (Epix Mondadori, agosto 2009)
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID