Mark Whitacre, biochimico, vice presidente della Archer Daniels Midland, decide di collaborare con l'agente FBI Brian Shepherd contro la stessa Archer, responsabile secondo Whitacre di controllare a suo vantaggio il mercato dei prezzi.
Dopo il vero Che, un altro Che (mutatis mutandis), sempre a firma di Steven Soderbergh. Trattasi stavolta di un Che minore per quanto sempre dalla parte dei “consumatori ultimi” (se ci si passa l’espressione…). Solo che il Whitacre cui dà vita e “ciccia” Matt Damon in questo The Informant, sta al triplo gioco come un topo al formaggio.
I gabbati dall’ineffabile Whitacre saranno alla fine sia la ditta per la quale lavora, sia l’FBI che rischia di vedere andare in fumo la trappola preparata con cura per spezzare un cartello di aziende del settore alimentare mirato al controllo dei prezzi ai danni dei consumatori. Inevitabile la prolissità della sceneggiatura visto il numero di bugie distribuite a destra e a manca e che vanno doverosamente supportate dai dialoghi, The Informant sopravvive su un unico espediente che lo rende sì interessante ma solo in piccola parte: la assoluta dissociazione, a tratti anche comica, tra quello che Whitacre pensa nei momenti critici e quello che dice, tra il flusso di coscienza pieno di cose fatue che sentiamo di tanto in tanto, e le sue verità fasulle.
Fuori concorso alla 66ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.
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