Howard Phillips Lovecraft è stato il fulcro centrale di un processo creativo che ha dato vita a molti pseudobiblia. Oltre al proprio “Necronomicon” e agli “Unaussprechliche Kulten” creati con Robert E. Howard, di cui abbiamo già parlato, ora è la volta del “Libro di Eibon”, che viene anche citato in latino ("Liber Ivonis”) e in francese (“Livre d’Eibon”), pseudobiblion che Lovecraft crea insieme all’amico e collega scrittore e poeta (e scultore!) Clark Ashton Smith.
Nel numero di gennaio 1932 di “Strange Stories” Smith cita per la prima volta il nome di Eibon («l’infame eretico») all’interno del racconto “La porta di Saturno” (The Door to Saturn). Questi è un potente stregone che «stava acquistando troppa fama e prestigio tra la gente di Mhu Thulan, l’ultima penisola del continente di Hyperborea», così per poterlo accusare vennero messe in giro voci (non proprio false!) secondo le quali «Eibon era devoto al Dio pagano a lungo discreditato, Zhothaqquah, la cui adorazione era incalcolabilmente più antica dell'uomo, e che la Magia di Eibon derivava dalla sua illecita affiliazione a questa oscura Deità, che era scesa attraverso altri mondi da un universo straniero, in tempi primordiali, quando la Terra ancora non era altro che una palude fumigante». Malgrado vari tenativi, Eibon sfugge alla persecuzione e continuerà a mettere in atto oscuri malefici. Nello stesso periodo (gennaio-febbraio 1932) H.P. Lovecraft inserisce l’opera dello stregone ne “La casa delle streghe” (o “I sogni nella casa stregata”, The Dreams in the Witch-House, pubblicato solo nel 1933): «Gilman aveva già carpito allo spaventoso Necronomicon di Abdul Alhazred, al frammentario Libro di Eibon e agli Unaussprechlichen Kulten di von Juntz, impubblicabili per legge, più di un'inquietante informazione che aveva messo in relazione alle sue formule sulle proprietà dello spazio e le sue dimensioni note e ignote».
L'ottobre dello stesso anno la scrittrice Hazel Heald lo rende protagonista de “L’uomo di pietra” (The Man of Stone), racconto che in raeltà è quasi interamente frutto di H.P. Lovecraft (che scriveva spesso racconti per altri facendoli passare per collaborazioni): nel racconto viene stilata la storia del manoscritto contenente i malefici di Eibon arrivato ai giorni nostri, di cui parleremo a breve. Nel giugno dell’anno successivo l’autore lo inserisce di nuovo in una biblioteca fantastica: «Di nascosto dai suoi leggeva cose come il terrificante Libro di Eibon, gli Unaussprechlichen Kulten di Von Junzt e il Necronomicon, opera proibita dell’arabo pazzo Abdul Alhazred» (“La cosa sulla soglia”, The Thing on the Doorstep).
Smith riprende in mano Eibon e il suo Libro nel luglio 1933, rendendolo protagonista del racconto “Ubbo-Sathla”, «quello strano e raro volume di dimenticate scienze occulte arrivato, attraverso diverse e molteplici traduzioni, dall’originale preistorico scritto nella dimenticata lingua dell’Iperborea»
Va da sé che al “gioco” si siano uniti moltissimi altri autori. «Lui stesso non era superstizioso, ma era costretto ad ammettere che alcuni dei suoi sogni coincidevano stranamente con brani di libri come il Necronomicon, i Misteri del Verme, e il Libro di Eibon» (Robert Bloch, “Il Demone oscuro”, The Dark Demon, novembre 1936). Nei successivi decenni, fino ad oggi, si sono alternate antologie che raccolgono racconti che citano, o addirittura sono incentrati sul “Libro di Eibon”: raramente però hanno visto una traduzione italiana!
Un po’ di storia di questo Libro la otteniamo nei primissimi riferimenti. Ne “L’uomo di pietra” la Heald (Lovecraft) racconta che nel 1587 viene impiccato Nicholas Van Kauran, mago di Wijtgaart, e la sua casa data alle fiamme. Dall’incendio, però, il “Libro di Eibon” viene salvato da William, il nipote del mago, dando il via ad una discendenza di persone che, nel corso dei secoli, ha usato ed abusato dei poteri provenienti dal Libro. L’ultimo dei discendenti dei Van Kauran, racconta che «Tutto congiura contro di me, e se continua di questo passo dovrò usare i segreti del “Libro” e invocare certe Potenze». Ma davanti ad un tradimento, egli cede ed arriva addirittura a citare la pagina dove ha trovato il maleficio adatto: «Ho trovato la formula in un manoscritto inserito a fronte della pagina 679 del “Libro”. Dalla grafia giudico che sia opera del bisnonno Bareut Picterse Van Kauran... quello che scomparve da New Paltz nel 1839. “Iä! Shub-Niggurath!” Il Capro dai Mille Cuccioli! Per essere chiari, ho trovato il modo di trasformare in pietra i due bastardi».
Il “Libro di Eibon” è quindi una raccolta di malefici, più che una porta verso altre dimensioni come alcuni suoi illustri “colleghi” pseudobiblia. Smith racconta che è «il frutto di ricerche di un celebre Stregone di Hyperborea dal quale aveva preso il nome. Consisteva in una raccolta di oscuri malefici, di liturgie, di riti e incantesimi sia demoniaci che esoterici» (“Ubbo-Sathla”).
Ora è opportuno portare alla luce un piccolo “mistero”.
«Nella sua biblioteca vidi il “Necronomicon” (nell’edizione rarissima, in lettere gotiche, stampata in Germania nel 1443). [...] io lessi, inorridendo a ogni pagina, il Libro di Eibon, i Misteri del Verme di Ludvig Penn e gli Unaussprechlichen Culten di Von Junzt». Queste poche righe sono tratte da “Il Signore torna a casa” (o “La vendetta del lupo mannaro”, The Return of the Master), appartenente alla serie di racconti sui lupi mannari di Harold Warner Munn. La misteriosa particolarità di questo racconto è che è apparso sulla rivista “Weird Tales” nel luglio del 1927... quando cioè quasi tutti i titoli citati sono ancora inesistenti!
Il “Necronomicon” è nato solo da pochi mesi (gennaio-marzo, durante cioè la lavorazione de “Il caso di Charles Dexter Ward” di Lovecraft), ma gli “Unaussprechlichen Culten” appariranno per la prima volta solo nel 1931, il “Libro di Eibon” nel 1932, e “I Misteri del Verme” addirittura nel 1935! Come faceva Munn a citare libri che non esistevano ancora? Va bene, sono pseudobiblia, quindi libri inesistenti... ma di sicuro erano ancor più inesistenti prima che i loro autori li inventassero!
Questo racconto di Munn è l’unica discrepanza in una bibliografia “pseudobiblica” di solito abbastanza chiara, né sembra mai essere stato affrontato tal problema dai grandi curatori della letteratura fantastica. Qui possiamo quindi solo limitarci a fare supposizioni.
È assodato che Munn fosse amico nonché allievo spirituale di Lovecraft, e anzi da quest’ultimo spinto a pubblicare racconti sui lupi mannari (per cui diventerà famoso): che fosse a stretto contatto con le idee che hanno fatto nascere gli pseudobiblia citati è quindi sicuro. Che li abbia però citati ante litteram è decisamente sospetto! Più probabile che nella prima stesura di “The Return of the Master” fossero assenti le righe citate, aggiunte solo nel 1979, quando cioè Munn raccolse in un volume unico tutte le proprie storie sui lupi mannari pubblicate: a quest’edizione fanno capo le varie edizioni successive (comprese le italiane). L’aggiunta potrebbe essere stata un omaggio di Munn ai propri colleghi ed amici.
Questa non è una soluzione definitiva né autorevole: è solo una supposizione. Chi ama il mistero, sappia quindi che gli pseudobiblia esoterici degli anni ’30 nascondono un enigma letterario irrisolto...
In chiusura, merita una citazione l’unica apparizione cinematografica del “Libro”. Nel 1981 lo si ritrova al centro di una vicenda horror-spiritistica nel film “E tu vivrai nel terrore. L’aldilà” diretto da Lucio Fulci. Lo sceneggiatore Dardano Sacchetti fa del “Libro di Eibon” una chiave per accedere a dimensioni infernali... esattamente quello che il libro non è! Come si è infatti visto, il libro «contiene gli incantesimi più antichi e le formule più segrete di Yog-Sothoth e di Sodagui, ormai dimenticate dagli uomini» (“La santità di Azéradac”, The Holiness of Azéradac, 1933).
Per finire, ecco un’altra citazione dal “Libro”: «“Iä R’lyeh!” Lode al signore Tsathoggua!».
Per gli altri pseudobiblia inventati da Clark Ashton Smith, si rimanda ai prossimi numeri di questa rubrica.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID