Sì, è vero. Senza una ragazza – soprattutto una ‘cattiva ragazza’ - l’eroe del Pulp finisce per perdere motivazioni e gusto alla vita. Ma quando le Colt cantano... ed è tempo di massacro ogni eroe ha bisogno di un nemico. Da ragazzo di fronte ai film di 007 erano Emilio Largo, Scaramanga, Mr. Big e Blofeld ad accendere la mia fantasia, a farmi desiderare dosi sempre più massicce di avventura. Ogni vero eroe, per quanto anti-eroe- ha un suo doppio negativo. Holmes e Moriarty, Sandokan e il rajah Brooke, il pistolero Muto del ‘Grande Silenzio’ e Tigrero, Batman e il Joker, Nick Carter e Judas, Russell Kane e Declan Cross, persino il Professionista ha avuto nemici memorabili come il Marsigliese. Anche se, soprattutto nei serial, si rischia sempre di cadere nell’’effetto Gambadilegno’, invadente presenza del nemico in ogni avventura, un nemico che faccia realmente paura è fondamentale per tenere avvinta l’attenzione del lettore e dello spettatore. Se l’Eroe riesce con troppa facilità a sconfiggere i piani del male il gioco non è così duro come il lettore chiede. E i duri giocano solo quando il gioco si fa duro. Per cui il protagonista, per quanto forte, violento, affascinante deve forzatamente guardarsi nell’abisso. E l’abisso guarda te... il nemico è la nemesi del protagonista molto più di quanto non lo siano dei supposti problemi psicologici. Il terrore della vertigine è un buon espediente8 ottimo per la verità...) ma noi voglia veramente che il nostro protagonista incroci un altro personaggio fisicamente in grado di fargli paura. Nel ‘Buono, il brutto e il cattivo’ Eastwood può suggellare una tregua con Eli Wallach perché, alla fine, questi è un poveraccio come lui. Ma è Sentenza la sua ombra nera. Così come Bill lo è della sposa in Kill Bill. Il sentimento è reciproco. C’è odio tra protagonista e antagonista, è la legge del conflitto che sta alla base della narrazione popolare. Ma anche rispetto. La meschinità, la vigliaccheria sono riservati a cattivi succedanei, di solito al servizio del Villain principale. Traditori o esecutori senza cervello ( Oddjob il servo di Goldfinger) che vengono eliminati strada facendo. Uccidere il cattivo principale molto prima della fine è permesso solo in trame estremamente ben congegnate come ‘Casinò Royale’, altrimenti rischia di far cadere la tensione. Come il plot dove il serial killer viene scoperto a metà della storia che poi si rivela una semplice caccia al ladro. Il nemico e la minaccia principali devono essere... praticamente immortali, accompagnarci fino alla fine..e anche oltre. Ma il cattivo è un individuo astuto, intelligente,un doppio dell’eroe. In un magnifico film di samurai intitolato ‘Shogun’s Shadow ‘, Sonny Chiba, perfido assassino dell’imperatore,duella a lungo con il samurai buono Ken Ogata e alla fine viene fulminato da un ultimo colpo perfetto. Muore con il sorriso sulle labbra e ammette. “Magnifico!” perché anche il cattivo, come il buono vive in un’altra dimensione che lo sottrae a giudizi morali. È capace di perfidia pura perché questa è la sua natura, la sua funzione. Caricarlo di giustificazioni, scrupoli, dubbi come è stato uso in una certa narrativa buonista che vorrebbe il mostro solo una declinazione del diverso, dell’incompreso, alla fine stanca. Perché la vera narrativa pulp non ha pietà,è nera e rifiuta buonismi sia per l’eroe che per il suo avversario. Al massimo al cattivo concede sentimenti di ambiguità.
Chi non ricorda l’ammissione del terrorista Bogosian prima dell’ultimo duello di ‘ Trappola sulle montagne rocciose’ con Steven Seagal? “Tu sei l’unico uomo in grado di farmi paura..e io adoro avere paura.”
“Divertiamoci” sogghigna Vernon Wells prima di affrontare il colonnello Arnold ‘Matrix’ Schwarzenegger in ‘Commando’. C’è una componente sadomasochistica, forse anche sessualmente ambigua, che unisce eroe e anti eroe nel perfetto racconto pulp. Perché gli eroi, come i loro avversari, per essere davvero grandi... devono essere folli...
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