Premessa. Tutti gli scrittori vorrebbero che i loro libri fossero pubblicati in cartonato ed esposti a piramide in tutte le librerie. I narratori (categoria più ristretta tra coloro che si ritengono scrittori e non sempre coincidente) raccontano storie perché è nella loro natura. A volte si compiacciono (come me...) anche dell’edizione direttamente tascabile che è pratica, economica, in qualche modo democratica. Sul concetto di Editoria di Guerriglia con l’amico e collega Cappi siamo tornati molte volte. Di fatto, oggi che gli anni sono passati e vedo la realtà editoriale per quella che è ma non demordo, continuo a ritenere un privilegio aver svolto la maggior parte della mia attività sui periodici Mondadori, in particolare su Segretissimo e sul Giallo, senza scordare certe scorribande su Urania e su altre riviste. Di avventure (editoriali) ancora ce ne saranno, alcune impensate. Anche la rivista con la carta a poco prezzo, il settimanale a larghissima diffusione ( ricordare il Professionista su ‘Cronaca vera’?) fanno parte del mio percorso come i cartonati e la pubblicazione nel catalogo del Touring con un libro che ancora oggi resta tra i miei favorit i (‘E nel cielo nuvole come draghi)’. Ma parliamo di pulp, un genere di libri che evoca carta giallastra, ricavata appunto dalla ‘polpa di legno’, copertine sgargianti, storie di crimine vero, di avventura, palestra di autori che negli anni si sono conquistati il favore del pubblico. Sono la radice della mia scrittura, ma non solo. I primi romanzi economici nacquero intorno al 1860 ai tempi in cui la parola Selvaggio West aveva ancora un senso. Erano i ‘ dime novels’ letteralmente romanzi da quattro soldi. Raccontavano romanzandole storie di eroi del west, di sceriffi di indiani, di una frontiera che per l’epoca era contemporanea e già mito. È vero che sia in Sud America che in Europa esistevano fenomeni similari, la Letteratura ‘de Cordèl’ e i Feuilleton ne sono parenti stretti. Ma è la figura ‘hard boiled’ ante-litteram dei suoi eroi che fa della narrativa dime novel un punto di riferimento. Il protagonista è un solitario, un duro, romantico a suo modo, un outsider che arriva in città e si trova coinvolto in qualcosa che non lo riguarda: la lotta per il potere. Di solito trova una donna ma non potrà mai averla per sempre. O muore, oppure sceglie un uomo ‘stanziale’ affidabile oppure lo tradisce.
Il suo destino è quello del ‘drifter’. Con il 1884 avviene un importante cambiamento: l’eroe principale di questi romanzi diventa Nick Carter, uno sbirro di città. I tempi cambiano, la sfida all’OK Corral si è consumata nel sangue ma i Cowboy, forse la prima associazione criminale organizzata americana,sono ancora attivi in tutto il paese. New York, San Francisco, New Orleans offrono scenari differenti ed esotici. Fumerie cinesi, case da gioco, bar malfamati, localacci pieni di prostitute, giocatori d’azzardo. Sbirri corrotti. Con Nick Carter il cowboy dei dime novels lascia il cavallo e lo Steatson ma non la pistola. Gira per città a cavallo dei due secoli ma corre gli stessi pericoli. E, anche se in parte si ibrida con i detective britannici e vittoriani quanto con gli eroi dei feuilleton francesi, resta un drifter, un vagabondo. E poi il dime novel acquisisce il colore e diventa Pulp, si arricchisce di spunti, di copertine, di temi. Arriva a sfiorare il fantastico. La storia di questo genere di tascabile è lunga e merita altre puntate di questa rubrica. Oggi vorrei parlare di un uomo. Il Capitano Shaw che diresse con pugno di ferro ‘Black Mask’ dagli anni ’20 in avanti. Tra gli autori che pubblicò non tutti erano dei talenti. Nasceva la figura dello scrittore a cottimo, la leggenda di quel genere di cantastorie che sforna una storia dopo l’altra, a ripetizione, angariato dai debiti ma esortato da una fiamma che non può essere solo mercenaria. Una fiamma che si alimenta con il sogno. Proprio come avveniva con Salgari in Italia. Ma, tornado a Black Mask, fu Dashiell Hammet, ex Pinkerton, uomo politicamente impegnato, conoscitore del genere, anarchico e cinico a suo modo. ‘Red Harvest’(uso questo titolo in omaggio alla traduzione di Altieri peri meridiani che gli restituisce tutto il suo antico vigore)è la classica storia dove il drifter-cowboy-detective arriva in una città corrotta, incontra criminali e donne pericolose, ristabilisce l’ordine e, come ‘Il cavaliere della valle solitaria’ o ‘Lo Straniero senza nome’,si allontana nel tramonto. A Shaw, che era editor di acume e granitica volontà, lo stile di Hammett piacque così tanto da imporlo come linea guida per tutti gli altri. Un’operazione forzata? Forse ma Shaw conosceva il suo pubblico. Gente semplice, gente di strada, che voleva sognare ma voleva anche che il delitto tornasse ai luoghi di appartenenza. La strada, i locali notturni, le città. E da qui comincia la leggenda dell’Hard Boiled, i ‘duri da cuocere’ se vogliamo dirla alla francese. Una categoria di narratori ai quali sento di appartenere, non solo perché mi sono formato su queste letture ma per condizione ideale. Scrittori che raccontarono il disagio di un paese tra il proibizionismo e la grande depressione, parlavano di uomini e donne dai tratti chiaroscurali in un mondo in corsa inesorabile verso la guerra.
Vi dice nulla?
Questa prima puntata riguardante la narrativa pulp ovviamente non esaurisce l’argomento. Ci ritorneremo come è già accaduto per la letteratura vampirica e il noir francese.s’innesta bene però con una nuova avventura. Quella della pubblicazione presso le edizioni scudo di una serie di miei introvabili racconti che, opportunamente rimaneggiati e accompagnati da immagini elaborate,mi consentono questa nuova scorribanda con la complicità di Luca Oleastri e Short Stories. Lo Straniero( di cui è scaricabile il primo racconto presso il sito www.innovari.it/scudo.htm ) apre una collana che si chiama Adventure Stories, un po’ come quei pulp che ammiccavano nei drugstore del dopoguerra... Ne riparleremo.
al sito delle EDIZIONI SCUDO
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