L’antologia non è uno dei generi più amati dall’editoria italiana, benché ogni anno ne vengano presentate numerose, magari con qualche nome “civetta” di un autore noto che magari ricicla l’ultimo dei suoi racconti per consentire ad altri meno celebri di poter godere del privilegio di uscire in libreria. Dicono (quelli del marketing che ormai con i loro pallottolieri insegnalo il lavoro a chi i libri li conosce e li fa davvero magari da decenni..) che l’antologia non vende... per cui.... Invece la raccolta di racconti ha una lunga tradizione all’estero e anche nel nostro paese merita un riconoscimento. È un’occasione per chi comincia di cimentarsi con la narrativa senza essere costretto a tempi lunghi che, a volte, non si combinano con la più che comprensibile difficoltà degli esordi. Soprattutto come sostiene il protagonista del racconto “I sentimenti non si provano” le regole “in questo caso del noir” si devono conoscere ma uno può scegliere di non seguirle appieno, così per sfida e anche per carattere. Ed Ettore Maggi (autore della raccolta Il gioco dell’inferno pubblicato da Besa) ne ha da vendere. Costruisce un solido filo narrativo, direi autoriale, avvicinando un romanzo breve che dà il titolo alla raccolta con altri brani più brevi. Alcuni sono contemporanei, altri tornano a episodi della resistenza. In alcuni il tratto noir è più marcato, in altri affiora dolorosa una storia personale mai sbandierata ma rielaborata, in altri ancora prevale la coscienza politica ma il sentire personale, il sentimento non manca mai. Racconti pervasi da un anarchismo virile che trova insospettabili (ma non inverosimili) tratti d’unione con l’etica del samurai (Ettore è un valente kendoka), Mishima, Conrad, Hemingway, Fenoglio e Pavese. Nelle parole di Ettore alla presentazione di Genova alla Libreria del Porto Antico emerge da stemperati ma non confusi ricordi di visioni cinematografiche con suo padre l’epopea di Kurosawa abbinata a quella di Sergio Leone. Ed è proprio la ricerca di una dimensione epica della resistenza che guida l’opera narrativa di Ettore volta a una ricerca futura per un romanzo sugli aspetti della resistenza meno noti. Aspetti bui a volte perché, come ci spiega Ettore, adesso la Resistenza sta diventando un filone narrativo definito trascurato perché molte volte è stata raccontata da chi non l’aveva fatta veramente e la narrava con un piglio celebrativo, lontano del nostro sentire. L’idea di Ettore è invece quella di avvicinare una certa epicità al racconto in cui si svelano lati oscuri, magari sgradevoli per la concezione della resistenza che siamo stati abituati a conoscere. Parole strane, sembrerebbe, sulla bocca di un autore che ci racconta il G8 e l’incursione nella scuola Diaz con un realismo che vibra di passione militante. Ma Ettore è fatto così, le regole le conosce ma le stravolge apposta. Per carattere appunto. Lo stesso carattere che anima il racconto più personale e forte della raccolta “Luglio 1944”. Una storia che come in altre trova spazio anche per il rispetto per l’avversario. Perché da praticante di arti marziali Ettore sa che il rispetto del’avversario è importante come quello per chi ci ha dato la vita e per la nobiltà della sconfitta. Personalmente ho amato moltissimo “La Flor Màs Roja”, racconto di ispirazione hemingwayana ma che ha qualcosa anche di Conrad benché parli di una Genova contemporanea e rechi qualcosa anche di “Riscatto” di McInerney. Preparandomi a presentare il volume, in treno, ho riletto il volume alternando un racconto all’inizio del volume a uno alla fine dello stesso sino ad arrivare al cuore del racconto. Di fronte a me una bella figliola dai lunghi capelli neri, le braccia tatuate e il seno abbondante tra una chiamata al cellulare e l’altra leggeva... di fila... l’ultimo best seller strombazzato dalla pubblicità. Un romanzo, non un ’antologia. Una di quelle storie che, originali o scopiazzate, ti prendono per mano contandotela su come è abitudine dell’ultimo cabarettista diventato improvvisamente fenomeno editoriale, per alcuni anche il miglior autore vivente... La fanciulla mi guardava come fossi pazzo. Ho cercato di fare il... simpatico e tentare l’aggancio nella miglio tradizione del Professionista. M’è andata male. Però ho avuto l’occasione di leggere un libro vero che mi ha coinvolto e, a tratti, anche commosso. Anche se molto differente dai miei. Ma ognuno di noi ha il suo Do, la sua Via.
Possa la tua essere lunga e ricca di storie, Ettore.
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