* * *
Abito in un quartiere residenziale tutto villette e giardini. Non c’è molto traffico e i vialetti alberati sono un invito a percorrerli in bicicletta. Ho girato un po’ intorno senza meta, innestando il pilota automatico. Ho incrociato solo qualche auto. Stavo per rientrare quando ho visto l’avvocato. Era fermo davanti al suo cancello. Quando si è accorto di me è uscito dalla macchina e ho avuto netta la sensazione volesse fermarmi. Ho tirato diritto fino a casa.
Ora credo di essere seriamente in pericolo.
Una è brutta in codini e cappello.
Sara ha delle amiche insopportabili. Ridono sempre. Si occupano di cose inutili. Hanno la testa e gli armadi pieni di vestiti. Femminucce. Se lei racconta quanto le ho rivelato sul cadavere in giardino…
Ma forse non lo farà. Lei tiene le sue amicizie molto separate da me: io da una parte, loro dall’altra.
Ho letto di astronavi aliene in grado di aspirare e portare gli uomini su un altro pianeta. Credo che per le formiche un formichiere sarebbe più o meno la stessa cosa.
Secondo Sara la presenza della pattuglia di poliziotti è del tutto normale. Ci sono stati dei furti durante l’estate e gli abitanti del quartiere hanno chiesto venisse intensificata la sorveglianza. Bla bla bla. Ho provato a dirle che si diverte sempre a contraddirmi. Ha ribattuto che sono fissato. Come con le formiche. Risultato: abbiamo litigato.
E’ successo di sera. Stavo sistemando in camera il poster raffigurante il nastro di Mobius, dell’artista olandese Escher. Le formiche percorrono il nastro che forma un otto senza passare mai da una faccia all’altra. Si tratta della raffigurazione di uno dei cosiddetti “paradossi topologici”…
Stavo rimirando la xilografia, quando mi sono accorto che la casa era praticamente circondata. C’erano tre volanti con le luci che lampeggiavano e poliziotti dappertutto.
Ho pensato fossero lì per arrestarmi.
Prima che succedesse avrei indicato il giardino. Il punto esatto in cui la terra era smossa. Ho anche pensato stessero per accusarmi del delitto. La pala che era servita per lo scavo era infatti nel mio magazzino per gli attrezzi.
E’ venuta da me una donna poliziotto. Si è anche presentata come ispettore qualcosa, non ho capito. Mi sorrideva, ma la pensavo nemica e stavo attento a non dire cose che mi avrebbero potuto mettere nei guai.
Mi sono seduto e ho aspettato che parlasse lei.
“Ti chiami?”
Aveva una bella voce e continuava a sorridere. Ogni tanto guardava il soffitto e subito dopo un punto sulla mia spalla.
“Marco”, le ho risposto con una voce che non era la mia.
“Senti Marco, sei tu che hai spedito le lettere al tuo vicino e alla polizia?”
Se n’erano accorti. Come avevano fatto? Non le avevo certo firmate. E come facevano a sapere della lettera all’avvocato?
“Come l’avete scoperto?”
La donna poliziotto sorrise ancora. “Non dovevi scriverle a mano, era meglio usare una macchina da scrivere, o un computer”.
Non ci avevo pensato. Ho stretto i denti e ho cominciato a guardare in terra.
“Quanti anni hai Marco?”
Ci ho riflettuto a lungo, come se fosse un calcolo difficile da fare.
“Dieci, quasi undici”, ho risposto a bassa voce.
La donna poliziotto si è stretta nelle spalle. “Beh, la calligrafia di un bambino è facile da riconoscere”.
Ora premevo anche i pugni contro la sedia e mi vergognavo. Non ci avevo proprio pensato.
Lei mi ha guardato un’altra volta. “Dov’è tua madre, Marco?”
“E’ morta”.
“Ne sei certo?”
“E’ morta in un incidente aereo”.
“Sei certo anche di questo?”
“Sicuro, è sparita da un giorno all’altro”.
“Sei stato al funerale?”
“Non c’è stato il funerale, il corpo non è stato trovato, l’incidente è avvenuto in mare”.
“Chi te lo ha detto?”
“Mio padre”.
“Dov’è ora tuo padre?”.
“E’ via per lavoro. Dovrebbe tornare proprio stasera”.
“E tu stai da solo?”
“No, sto con la signora Piera, è quella che si occupa della casa da quando c’è stato l’incidente aereo”.
“Quando è successo?”
“A metà estate. Io poi sono andato subito in vacanza. Mio padre ha voluto così. Diceva che la casa mi avrebbe ricordato troppe cose”.
Mentre rispondevo alle domande mi sono accorto che c’era confusione in giardino. Ora stava percorrendo il vialetto un’ambulanza. Ho udito distintamente una voce che quasi urlava: “C’è qualcosa, tiriamolo fuori!”.
“Tu hai accusato il tuo vicino…”
Ho fatto un lungo sospiro. “La moglie non si vede più da tanto tempo”.
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