Tra le sempre più numerose detective lady che affollano le storie di stampo più o meno giallistico ecco arrivare anche la deliziosa Jane Austen in Jane e la disgrazia di Lady Scargrave di Stephanie Barron, Tea 2009.
Proprio la famosa scrittrice inglese in visita dall’amica Isobel Payne, Contessa di Scargrave, si trova testimone di una tragedia. Suo marito, Il Conte Frederick (vecchio il giusto), colto da un improvviso malore, muore in poco tempo. Un biglietto la accusa di omicidio e di adulterio. E da qui cominciano i guai.
Il tutto proposto in forma di diario scritto da Jane Austen medesima tra il 1802 e il 1803 che contiene alcune lettere all’amica Cassandra.
Sempre elegante e curata nel vestire, una penna infilata in una fascia adorna di perle che porta intorno alla fronte. E vanitosa. Lo dice lei stessa “Ognuno di noi ha i suoi difetti, e il mio è la vanità”.
L’autrice cerca di riprodurre la prosa della Austen, fluente, elegante, graziosa, brillante, ricca del bon ton e dello spirito del tempo.
Libro di molti ingredienti che mischio fra loro: fasi di un processo, lettere minacciose, amori ricambiati e non ricambiati, signorine prematuramente incinte (succedeva anche allora), differenze sociali, problemi di testamento e patrimoni, aspettative delle fanciulle in un bel matrimonio con relativo bel patrimonio, mistero, dubbi, angosce, prigioni malsane e puzzolenti, fazzoletto rivelatore insieme a noci delle Barbados piuttosto indigeste, spruzzo di gotico con il fantasma redivivo del conte che a mezzanotte in punto fa la sua inquietante e grottesca comparsa. Non manca la politica e Napoleone. Psicologie ben sviluppate, buona organizzazione, colpo di scena finale con relativo pericolo (un classico) per la nostra Jane.
Piacevole senza entusiasmare.
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