Marco Vichi, autore della trilogia dedicata al Commissario Bordelli e di altri racconti e romanzi noir, (in alcuni dei quali ha espresso anche molto talento) ha scritto con uno stile piacevole un romanzo a tratti banale a tratti inverosimile intitolato Per nessun motivo. É inverosimile, ad esempio, che Antonio Bastogi, tranquillo pensionato preoccupato solo di dedicarsi al suo hobby, modellismo navale, decida all’improvviso di mollare tutto ed andare a Parigi. La molla che fa scattare l’azione è quando la moglie gli fa leggere una lettera che per tanti anni gli aveva tenuto nascosta, lettera dalla quale Bastogi scopre l’esistenza di un legame di sangue strettissimo. A Parigi è ambientato quasi l’intero romanzo e si consuma una recherche all’ultimo respiro. Perché essa non termina quando Antonio trova ciò che cercava. La ricerca della persona e il tentativo del disvelamento altro non sono che l’allegoria della ricerca del proprio sé, sempre incatenato tra essere e voler essere. Prevarrà il primo.
Parigi, la plus belle ville du monde, una città di cui l’autore conosce piaceri e spigolosità, viene raccontata attraverso le sue strade, le sue abitudini – buone e cattive –, i suoi scorci, le sue brasseries. Sullo sfondo di questa capitale anche garbatamente disvelata al lettore, si consuma una storia d’amore, densa di particolari banali. C’è la palpitazione per l’attesa, c’è la sensualità di un incontro che non dovrebbe essere tale, c’è una corrispondenza biunivoca ma non esattamente coincidente, c’è una fanciulla bellissima, come da copione.
Sono i destini che si incrociano – e, soprattutto, quelli che non si incrociano – i veri protagonisti di questo romanzo che scorre su due binari paralleli: la voce in prima persona che rievoca ricordi, vivifica rimpianti affacciati su nuovi propositi e la narrazione in terza persona, il vero motore della vicenda, una vicenda che ha però i suoi richiami speculari nella prima voce.
Non si tratta di un noir a 360 gradi ma Vichi mantiene del genere i trucchi della suspense: la tecnica dell’attesa, del colpo di scena, il climax di emozioni che però lasciano a volte l’azione in balia del prevedibile. L’autore racconta il mistero di due vite con una narrazione fluida e precisa, le immagini sono leggere ma intense, i dialoghi scivolano via piacevolmente e, a parte le forzature romanzesche, rimandano a una quotidianità rassicurante. La carambola di emozioni è quella voluta dall’autore, così come ha dichiarato in un’intervista: «Non mi interessa l’idea d’inventare con la testa, preferisco seguire le tracce della storia mentre avanza, fidandomi di quello che mi raccontano i personaggi. In questo modo vivo sorprese che fanno della scrittura un cammino appassionante, e ovviamente spero che le mie emozioni passino sulla pagina e arrivino a chi legge».
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