- Era bella, giovane e sembrava innamorata di me. Ma costava e io avevo solo il mio stipendio. Mi rivolsi a Derossi: l’avevo conosciuto durante la guerra, lui faceva la borsa nera. Continuava a prestarmi del denaro, tanto, e io continuavo a firmare quel suo maledetto libro mastro... Diceva che agli amici non si fanno firmare le cambiali... Ma non me ne rendevo conto: credevo di vivere in un sogno... fino a quando lei mi lasciò. E allora mi svegliai, solo e in rovina. Derossi mi cercò, mi disse che avrebbe annullato il mio debito, ma voleva informazioni riservate su alcuni processi e io non lo avrei mai fatto, mi creda Dottore. Per questo andai da lui... Per farlo ragionare. Litigammo, io persi la testa e lo uccisi: stavo per prendermi il registro quando arrivarono i carabinieri...

Sapevo che durante le indagini lo avreste conservato nel vecchio armadio dei corpi di reato... Dovevo fare presto: e per mia fortuna questa sera gli uffici sarebbero stati deserti... Sarebbe andato tutto liscio... Oggi è la notte di Natale: nessuno, Dottore, nessuno resta in ufficio la notte di Natale...

Il giovane magistrato era caduto riverso sulla neve, gli occhi sbarrati a fissare il cielo lontano.

Il vecchio cancelliere osservò senza emozione la pozza di sangue che si allargava lentamente, poi corse via, serrandosi alle spalle la vecchia porta di metallo. Aveva già pronto un alibi... e quello sarebbe stato soltanto un altro caso insoluto: un magistrato ucciso la notte di Natale...

Ludovisi rimase solo, immerso nella neve e nel suo sangue, ma non era ancora morto... Ormai non sentiva neanche più il dolore e una grande pace gli era scesa nel cuore: che bel regalo... stava per passare il Natale con Lia...

Ma prima... Con uno sforzo infinito si girò su se stesso e appoggiandosi a fatica su di un braccio ormai intorpidito vide un tratto di neve innanzi a sé: bianco e immacolato, come un foglio di carta.

Gli restava un istante di vita: quel che bastava per scrivere un nome.