I GENERI

C’è una definizione giustamente attribuita a Lucio Fulci per ricordarne la febbrile e instancabile attività di narratore che mi piace particolarmente e che trovo rispecchi un po’ anche la mia condizione di artigiano narratore. ‘Il terrorista dei generi’.

Da sempre per ragioni di praticità, e anche per aiutare librai e giornalai a piazzare il prodotto dove meglio lo si può vendere, si è parlato di “generi” narrativi. Il mystery, il noir, il western, l’horror, l’avventura, la fantascienza, il romance….

Di per sé il concetto potrebbe anche starmi bene se serve a rendere il libro (o il film o il fumetto per quel che vale) più facilmente reperibile da coloro che ne sono interessati. Come è logico che la narrativa d’intrattenimento nelle sue varie coniugazioni, filoni appunto, abbia delle regole che meglio non si potrebbero conoscere se non frequentando il genere da lettori e da autori.

Mi piace un po’ meno quando la definizione di ‘genere’ la sento sulle bocche dei soliti soloni dell’editoria, del cinema quando si comincia a fare differenze tra letteratura alta e appunto quella considerata “popolare” e quindi di scarsa qualità.

Discorso vecchio? Certo, però rispunta fuori a ogni angolo. Anche qui, su blog di presunti esperti di letteratura che sputano sul genere perché, diciamolo sinceramente, non sanno né cosa sia né tanto meno sanno produrre cose loro… Come se anche nei filoni “di valore” non ci fossero generi con regole da rispettare. Il famoso ‘ romanzo di formazione’ così caro a chi ritiene di pubblicare libri di qualità, non è che si possa fare così e non segua schemi o clichè. La verità, ripetuta all’ossessività ma con una ragione, è che ci sono romanzi buoni e ben raccontati e romanzi assolutamente inutili.

Quanto poi alla ‘letteratura popolare’ che fa tanto schifo a certi intellettuali mi piacerebbe capire perché i medesimi assumono spesso atteggiamenti politici “popolari’. Ho la sgradevole impressione che il termine popolare sia inteso come ‘educativo per la massa’. La quale, ben lungi dall’essere il popolo bue che questi signori dietro le maschere populiste sicuramente pensano che sia, non ha bisogno di essere educato. Casomai messo nella condizione di poter scegliere quello che preferisce e non di crescere politicamente con l’oppio che gli viene ammannito da una parte o dall’altra…. La realtà è che questi sedicenti critici probabilmente ritengono se stessi superiori per cultura e nobiltà d’animo per cui sposano cause ‘sociali’ ma di sudare in una palestra dove si allenano ragazzi che hanno faticato all’orto mercato, parlare con loro delle cose che li interessano, non ci pensano neanche. Popolare ma…con distacco, quindi. No so se ve ne siete accorti ma le caste in italia sono molto più estese e diffuse di quanto non si voglia far credere…. Abbracciare una causa politica perché è di moda, perché serve …è un atteggiamento che mi ritrovo davanti sin da quando facevo il liceo e mi sentivo dare del “fascista” perché praticavo karate e leggevo Segretissimo. Sinceramente questa mania tutta italiota di mettere etichette mi è sempre stata sui cosiddetti. Soprattutto adesso che per tirare a fine mese devo lavorare giorno e notte mentre vedo certe persone che hanno già tutto e fanno i grandi.... Demagogia, le solite storie… Si certo, ma abbiamo il coraggio di dire la verità com’è… io non faccio politica anche se ho le mie idee che mi guardo bene da veicolare attraverso il mio lavoro. Non voglio educare nessuno, le masse in particolare… che non hanno nessun bisogno di essere educate.. Io sono un narratore, non un autore. Sono…un terrorista dei generi, appunto… Questa è, a parer mio la questione per cui tradizioni narrative che all’estero non subiscono ostracismi qui in Italia sono accettate solo se trattate con distacco magari applicando la solita deficiente formuletta di “destrutturate il genere”… operazione da intellettuale. ‘Ma mi faccia il piacere…’ diceva il principe De Curtis che del narrare popolare era maestro. Forse questo mio sproloquio vi può sembrare fuori luogo. Forse. Be’ vi racconto un aneddoto perché io mi ritengo un narratore e cerco di farmi capire attraverso le storie invece che le concioni. Un paio d’anni fa un editore figlio di papà che avrebbe dovuto quantomeno conoscere le cose che raccontavo mi propone di scrivere un romanzo …salgariano. Figata…sì però, ‘non troppo di genere’ … Porto il mio progetto che viene accettato però…insomma ‘mi raccomando l’atmosfera, sì, le battaglie i duelli, gli amori…ma sarebbe bello un romanzo dove esce l’ambiente oltre che la vicenda e si raccontano tante storie’. Nessun problema. Un anno e mezzo di lavoro sul progetto originale in cui pur mantenendo coerente la trama (che doveva essere quella di un romanzo d’avventura salgariano per tutte le tigri!) faccio ricerche, ricreo un Malacca del 1800 con infinita passione, arricchendo quelle che sono le mie abituali corde di nuove e esaltanti(per me) sfumature.

Risultato? Neanche riuscivo a consegnarlo all’editore che dopo sei mesi ne aveva lette si è no 50 pagine ma che comunque lo rifiutava perché era… troppo di genere…il personaggio aveva un carattere troppo forte invece lui lo avrebbe voluto debole, tormentato. Ora, ve lo immaginate uno che scappa dall’Italia dopo aver ammazzato un rivale in duello e attraversa mezzo mondo guadagnandosi il soprannome di “la Pistola” che si alambicca tra rovelli e tormenti? Io no. Errore mio che, conoscendo la persona che mi aveva commissionato il lavoro,dovevo immaginare che non si fosse documentata sulle cose che “sento” come narratore. Errore suo(pagato da me) quello di aver varato una nave senza un’idea in testa e partendo da un romanzo salgariano è arrivato a qualcosa…che di certo non fa parte del mio modo di narrare. E vi vivere anche. Curiosamente questo snobismo intellettuale fa il paio con la più becera mentalità commerciale. Un’altra storia. Un noto gruppo di produzioni televisive interpella me8e altri colleghi) per creare serie all’americana, moderne, per un pubblico maschile con un po’di violenza. Figata di nuovo. Porto il progetto e…

“Ma non è Distretto di polizia…” eh, no….

Ma sono lezioni che in questo lavoro s’imparano e, a qualcosa sempre servono. A chi le vive perché si fa la pelle dura e a chi le sente perché magari evita di finire nelle stesse trappole…

Torniamo ai generi. Mi sembra che, restando nella parte ‘sana’ dell’editoria, quella che vuole raccontare storie avvincenti, si stia navigando verso una commistione dei generi. La spy-story si mescola al puro thriller noir, il western con l’horror, il fantasy con il gotico, persino la fantascienza con l’hard boiled. Non tutto si può amalgamare commissionare, intendiamoci. Ma forse per chi narra è venuto il momento di superare certe barriere e provare sempre nelle proprie corde a mescolare un poco le corde. Altrimenti si rischia davvero di proporre al pubblico sempre la stessa storia.

E anche questo è un argomento di cui parleremo….