Giancarlo Narciso lo conoscevo prima di conoscerlo. Non ci sarebbe troppo da meravigliarsi contando i vari pseudonimi cui l’editoria ci ha costretti nel corso degli anni 90. Era un’epoca che il thriller ancora non lo scriveva nessuno(non abitualmente almeno…). Non era considerato un genere d’autore e chi mascherava le proprie ambizioni letterarie con il giallo (che nell’immaginario degli aspiranti scrittori “vendeva”) Era prontissimo a rinnegare il “genere”. Loro facevano ben altro. Letteratura.
Come se nella letteratura non entrassero di diritto grandi narratori d’avventura. Conrad, Melville, De Foe, Kipling. Noi invece, cresciuti con Salgari, Segretissimo e 007(magari anche con altri…) scrivevamo le nostre storie, ma per raccontare di luoghi lontani, di avventura vera e immaginata, eravamo costretti allo pseudonimo straniero. Sempre perché, in certi immaginari del marketing, il nome straniero… vendeva. Così sono nati Jack Morisco e Stephen Gunn e adesso che quelle serie su segretissimo hanno superato il decennio cambiare nome non ha senso. Il lettore - quello vero che legge senza paraocchi - lo sa. E poi guarda alla storia, mica all’autore.
Con Giancarlo militammo insieme in Granata Press, pubblicati da Bernardi e con il nostro vero nome. Collane agili, accattivanti. E in una collana diretta da Luigi ce lo ritrovo, il Jack, con un libro che è lo specchio del suo universo fantasioso. I rapporti tra uomini e donne, l’esotismo, quella specie di spleen dell’espatriato che solo chi, come noi, si è ubriacato al mare dei tropici, sa capire e condividere.
Un’ombra anche tu come me è il suo ultimo romanzo. Credo che lasciargli la parola sia certamente la scelta migliore.
Un’ombra anche tu come me è nato per essere più cose.
Innanzitutto, una rivisitazione di un classico della narrativa d’avventura degli anni ‘50. Lo conosciamo bene per averlo visto in un’infinità di film e romanzi, da un lato l’uomo che, lasciandosi alle spalle un passato di cui non ama parlare, da tempo è andato a rifugiarsi in un paese lontano, posto esotico, tropicale dove ormai si trova a casa sua; dall’altra, il cliente, il nuovo arrivato, che ha bisogno di lui perché gli faccia da guida in viaggio nell’interno del paese, lontano dalla civiltà, in una situazione pericolosa.
E quasi sempre, il vero scopo del viaggio non è esattamente quello dichiarato dal cliente.
Il nostro eroe, la guida, all’inizio sente che qualcosa non va, tentenna, ma poi, che diamine, ha bisogno di soldi e il compenso promette di essere buono, per cui accetta.
I due partono, e in men che non si dica, la situazione si complica notevolmente.
Alzi la mano chi non ha mai sentito questa storia, è tanto un classico che quando Sergio Bonelli ha sentito la necessità di seguire le tracce paterne e avere qualcosa da contrapporre a Tex, ha creato Mister No, sul cui Piper salgono sempre brutti ceffi da cui farebbe meglio a stare lontano.
Quando poi il cliente è una bella donna, c’è un altro sviluppo importante, quello di una storia d’amore conflittuale.
All’inizio i rapporti fra la donna e la guida non sono mai idilliaci. Lei è il cliente, è lei che paga, come minimo si aspetta che quello straccione che abita in un tugurio in un paese del terzo mondo la tratti con un certo rispetto, magari non proprio da servitore ma quasi. E il nostro, che in genere ha un carattere mica tanto facile, non la prende bene.
Ma poi basta che i due si inoltrino nella foresta, o nel deserto, o nel Khyber Pass, o lungo il Rio delle Amazzoni, e subito i rapporti cambiano, siamo lontani dalla civiltà, in mezzo ai pericoli, ci sono i coccodrilli, i cacciatori di teste, i banditi, i serpenti, le sabbie mobili, e lì tutti i soldi del mondo non contano più nulla, la cliente insiste per fare qualcosa di pericoloso, la guida dice, no, guarda che poi ti fai male, lei dice, ma piantala, sei palloso con tutte le tue manie, e fa di testa sua mettendosi regolarmente nei guai. Ovviamente a salvarla è la guida che improvvisamente acquisisce una dimensione eroica. A quel punto il conflitto lascia il posto all’amore, almeno per un po’.Ecco, questa era l’idea di partenza, giocare con gli elementi dei film che vedevo da bambino aggiornandoli a oggi.
Con una complicazione in più. Che questa volta con il protagonista ho calcato la mano, ha un po’ certe caratteristiche dei miei personaggi di sempre, come per esempio un difficile rapporto con le donne, ma esasperati. E, tanto per divertirmi ancora di più, visto che una delle domande che più di frequente mi vengono poste è, “Ehi, Jack, quanto c’è di autobiografico nelle tue storie?” ho fatto in modo che apparentemente non ci sia stacco fra lui e me, a partire dal nome fino alle note biografiche. Jack, il personaggio, è uno scrittore di romanzi di spionaggio che dopo una vita avventurosa trascorsa facendo mille mestieri in tanti diversi paesi, si è costruito un rifugio segreto sull’isola di Lombok perché a detta sua è l’unico posto in cui riesce a trovare l’ispirazione giusta per scrivere.
Be’, spero proprio che alcuni lettori si domandino dove finisce Jack, il personaggio, e dove comincia Jack Morisco, il mio pseudonimo.
Perché io ci sto ancora pensando. Se trovate la risposta, fatemelo sapere.
E per la cronaca, credo che l’avventura di Jack, il personaggio, sia appena cominciata. Tornerà maledettamente presto.
Cosa ne dite di un’avventura lungo un fiume, un grande fiume tropicale?
Jack Giancarlo Narciso
E per concludere questa nota consiglio alcuni libri :
L’artiglio del lupo di Brent Ghelfi - Segretissimo di novembre - un’immersione nella violenza dell’universo della mafia russa. - Mondadori
CIA di Tim Werner - un saggio che si legge come un romanzo. La storia della più controversa agenzia di spionaggio dei tempi moderni - Rizzoli
Parrains & Caids di Frederic Ploquin - Un saggio in lingua francese sulla mal francese autoctona, asiatica, nordafricana. Edizioni Folio
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