Louise Michel di Benoît Delépine e Gustave Kervern, è un film comico, cattivo, perfino profetico (senza arrivare agli estremi del film però in Francia hanno iniziato a sequestrare i manager…), almeno quanto basta per dargli una visibilità perfino eccessiva. La storia in sintesi: rimaste senza lavoro da un giorno all’altro, un gruppo di operaie decide di vendicarsi del padrone. La punizione? L’eliminazione fisica del reo per mano di un killer pagato con i soldi delle liquidazioni…
Lo scarto tra l’idea e chi dovrebbe portare a termine il compito, Michel, un killer millantatore e buono a nulla, dà la misura della parte comica del film, mentre ai primi rudimentali tentativi tramite terzi giacché il prescelto di fare il killer proprio non ne vuole sapere (almeno all’inizio…), spetta il compito di rappresentare la quota di provocazione e del non politically correct del film. La quota residua, in termini di provocazione, sta nel meccanico che gioca “all’11 settembre” con i modellini d’aereo che si schiantano sulle Twin Towers (modellini pure loro, e d’altra parte conosco due impiegati che un giorno al culmine della tristezza hanno giocato in ufficio a “il prigioniero di Abu Ghraib”…).
Ulteriore sberleffo è quello relativo alla precisa identità sessuale dei due protagonisti, Louise (Yolande Moreau) e Michel (Bouli Lanners). Però parecchi colpi finiscono a vuoto, lasciando la sensazione della provocazione fine a se stessa. Il fatto è che Costa Gavras con Il cacciatore di teste colpiva meglio il bersaglio.
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