Fortàpasc di Marco Risi, si affianca a Gomorra di Garrone e anche a tanti altri film di tanti altri registi (Rosi, Scorsese, James Gray, Coppola, Ferrara).
Fortàpasc si dedica anima e corpo alla ricostruzione degli ultimi quattro mesi di vita di Giancarlo Siani (Libero De Rienzo), giornalista de Il Mattino che il 23 settembre 1985 fu ammazzato da due sicari per quello che aveva “osato” scrivere sullo strapotere dei boss (i Bardellino, i Gionta…) e delle connivenze tra camorra e istituzioni in relazione ai miliardi per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto in Irpinia del 1980.
Mentre Gomorra usava come cifra stilistica perlomeno tre elementi e cioè una messa in scena concreta e insieme astratta così da diventare universale, la moltiplicazione delle figure e la frantumazione del racconto a favore di un fascio di storie che ognuno è libero di ricostruire e incrociare come vuole, Fortàpasc al contrario si avvale di un approccio più tradizionale e realistico (nomi e cognomi, luoghi, fatti, persino la vera macchina di Siani, una Citroën Mehari ritrovata in un agriturismo siciliano…). Si inizia dalla fine, si riavvolge il nastro, lo si srotola di nuovo e si ritorna alla fine. Lungo il tragitto c’è tutto il tempo per fare la conoscenza di un antieroe come deve essere stato nella realtà Giancarlo Siani, armato di una coscienza civile grossa così e di uno sguardo talmente dolce da diventare indimenticabile.
Mentre Siani procede inconsapevole verso la fine, tutto attorno affiorano le inchieste, gli articoli, le piccole gioie che la vita riserva (il passaggio di praticante in quel di Torre Annunziata a giornalista professionista…), ma anche la ferocia bieca dei clan che puntualmente si traduce in agguati e stragi.
Se qua e là affiora la sensazione che non tutto a livello drammatico sia perfettamente messo a punto (ma si tratta di sfumature…) Fortàpasc è un riuscito esempio di cinema “sociale” che si impone con i mezzi che sono propri del cinema stesso, in particolare il montaggio parallelo che nei momenti topici suggerisce più volte la contiguità tra boss e politica.
“Qui non siamo a Forte Apache” urla l’assessore rivolto ai banchi dell’opposizione. Non solo Siani era Fortàpasc, ma i nostri non sono mai arrivati (e se lo hanno fatto è stato quando oramai era troppo tardi…).
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID