Un investigatore con facoltà medianiche…
Non so se capita anche a voi. Qualche volta mi attira più il nome dell’autore che il titolo del libro. Come Il cerchio rosso di Edgar Wallace, pubblicato “uora uora” dalla benemerita Polillo. La vita di questo scrittore mi ha sempre incuriosito. Soprattutto per un fatto. Scriveva, scriveva, scriveva. Guadagnava, guadagnava, guadagnava. Sperperava, sperperava, sperperava. Ancora oggi non si sa di preciso il numero di commedie, romanzi e racconti che abbia scritto. All’apice del successo gli fruttavano grosso modo sui 250.000 (duecentocinquantamila!) dollari all’anno. Una bella cifretta anche al momento. Nonostante questo ai suoi eredi lasciò un debito di centoquarantamila sterline! Immaginatevi per un attimo la loro faccia davanti al notaio…Ma si ripresero ben presto con i diritti di autore che arrivavano a valanga.
Per farla breve c’è una organizzazione criminale, denominata appunto “Il Cerchio Rosso” che terrorizza i più importanti, influenti e ricchi (naturalmente) uomini di affari e politici costringendoli a pagare forti somme. Altrimenti addio alla vita. Quando arriva il tristemente famoso biglietto con il tristemente famoso cerchio rosso sopra stampato sono cavoli amari. E dunque chi lo riceve o paga oppure si fa difendere da Derrik Yale, un investigatore privato dotato di facoltà medianiche. Come ha fatto il signor James Beadmore. Anche se non gli è servito a niente …
Ma la caccia all’assassino e al capo della terribile banda continua. Da parte dell’ispettore Parr e del suddetto Yale. Due tipi completamente diversi. Il primo con un “viso delicato da esteta”, gli occhi intensi, le lunghe mani bianche, il sorriso cordiale, il tono di voce affabile; il secondo basso e tarchiato, la faccia rosea, “gli occhi fissi, larghi e rotondi, dalla inespressività quasi bovina, il naso largo, carnoso, le guance pesanti che formavano due borse sotto il mento e il capo mezzo calvo…”. Praticamente il bello-intelligente il brutto-cretino (ma sul cretino c’è un ripensamento dello stesso Yale). Un classico.
Non manca il lato sentimentale della questione con Jake, figlio di James, innamorato della signorina Thalia, una ladra (e senza tanti scrupoli). E non manca nemmeno un accenno alla bontà del nostro paese “Il Italia il ricatto seguito da una minaccia di morte è cosa di tutti i giorni…”. Siamo nel 1922…
Movimento e colpi di scena a piacimento (quello finale da urlo) con relativi morti ammazzati e personaggi (anche i soliti) che sbucano da tutte le parti quando meno te lo aspetti come se si giocasse a nascondino. Tipico di Wallace. Come la prosa istintiva senza svolazzi e salamelecchi, forse anche un po’ rozza ma efficace. Sempre alla Wallace con i suoi pregi e i suoi difetti. Ma qui la vincono i primi (o no?).
Ah…dimenticavo. All’inizio c’è una esecuzione capitale con la ghigliottina che fa cilecca (l’attrezzo si inceppa in un chiodo…). Il condannato si salva e diventerà il Capo della combriccola. Che si scoprirà solo alla fine.
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