Sono le due di notte e dovrei denunciare che mi hanno appena scassinato la Punto, sennò l’assicurazione non mi rimborsa. Rassegnata, prima di entrare in sala d’attesa, butto in bocca una gomma americana.

Chi è l’ultimo?”

“Io” fa una biondina incinta, che si tampona un occhio pesto.

Sono in tre. Quella incinta col fazzoletto sull’occhio, un travestito piangente col fazzoletto sulla bocca e un fighetto in  grigio col fazzoletto nel taschino.

“Tocca a lei!” Dice un poliziotto a quest’ultimo. La porta dell’ufficio si richiude. 

Come mai qui?” Mi domanda il gay continuando a coprirsi la bocca come un odalisca.

“Mi hanno scassinato la  macchina… e tu?” Quando si toglie il fazzoletto, cerco di ignorare quell’orrore di  bocca che non c’è più, come fosse stata tagliata via. Coglie il mio sguardo e tenta di giustificarsi “no!… Questa è una storia dell’anno scorso…” e  giù a raccontare...  Aveva chiesto al  fidanzato di iniettargli del silicone per fare le labbra più sensuali… e quello gliele aveva riempite con del sigillante per idraulici. Era stato un dolore intollerabile e quando era arrivato in ospedale avevano dovuto asportare tutto…

Mi parla  dei litigi col partner, che sono poi la vera ragione per cui  è qui e si copre nuovamente la bocca prima di riprendere a singhiozzare.

Impressionata, mi sforzo per trovare qualcosa da dire, ma non mi viene niente.

Mi viene in aiuto quella incinta “ma tu sei… la Francesca?”

Io non la riconosco, ma mi secca ammetterlo e butto lì un Maddai! Ciao, come  ti va?…” Domanda stupida, se è qui con un occhio nero

E infatti “Beh! Non benissimo…”

Vedo che si cresce in famiglia, eh!…”  La metto sulla maternità, troppo stanca per ascoltare altre tragedie. 

Lei sorride, accarezzando il pancione, ma poi si ricorda del dolore all’occhio “scusa torno in bagno a bagnare il fazzoletto…”.

Ci mancherebbe!” Faccio io magnanima e mentre si allontana mi ricordo di lei “e falla venire bella fredda… Claudia!”

Terza media in paese. Claudia era la più carina della scuola. Abitini sexi, occhioni da bambola e mechés bionde. Tutti i maschi  le scodinzolavano dietro. Soprattutto Vittorio, il più fico della classe. Quando noi, le altre, eravamo ancora tutte brufoli e calzettoni.

Io poi, che non ero tanto sveglia, non avevo mai prestato attenzione a quel trambusto soffocato dietro gli ultimi banchi, durante la proiezione del filmato di scienze. Quel documentario sulla vita di tassi e martore mi aveva completamente assorbita quando la prof, insospettita dallo stridio di una panca, aveva acceso la luce all’improvviso.

Vittorio stava ancora allacciandosi i pantaloni mentre Claudia, tutta rossa, nel rialzarsi, si risistemava il vestito.

Schifosi, vi porterò  dal  preside!”

Dopo, le  compagne mi avevano raccontato che Claudia, dopo essersi messa con Vittorio, si  era fatta ripassare anche dagli altri maschi della classe.

La bambina aveva riferito a preside e carabinieri (già da allora era pratica di denunce), che lo aveva fatto solo perché Vittorio la ricattava minacciando che, se non ci fosse stata anche coi suoi amici (una decina), lo avrebbe riferito ai suoi genitori.

E lei lo aveva assecondato per mesi purché i suoi non lo venissero a sapere.

Di quella storia vennero informati i nostri genitori e solo noi femmine, dopo essere state redarguite duramente, fummo mandate dal Preside a scusarci per l’accaduto.

Io chiesi scusa con le altre, senza capire di cosa mi dovevo scusare. Mio padre mi prese a sberle e non comprò il cicciobello che mi aveva promesso per la promozione.  

La Claudia nel frattempo è appena rientrata dal bagno“Ah! Fa un male, sapessi…”

“A casa dovresti provare con una bistecca, dicono sia di grande sollievo” faccio io, premurosa, per nascondere un vago senso di fastidio dovuto ai ricordi scolastici.

Nel frattempo un tizio stempiato con pancetta irrompe nella sala dirigendosi verso Claudia, che si ritrae spaventataAh! Eccoti qui!”

“Vieni a casa su!… Non vorrai mica denunciare tuo marito? Piantala, cerca di ragionare!”

No! Stavolta non torno…” singhiozza lei, divincolandosi.

Ma non ci  pensi al nostro bambino?” Insiste, mellifluo.

Vittorio no!…” piagnucola  ancora lei, con meno convinzione.

Sentendo quel nome, lo guardo con più attenzione. Nonostante la pancia  e  i quattro peli in testa… È proprio lui! 

È incredibile! Se lo è pure sposato…” penso tra me e me “… e io ho anche chiesto scusa per questa cretina…”

Dopo pochi minuti, i due, si allontanano abbracciati senza nemmeno salutare.

Speriamo che la prossima volta te le dia più forte, Claudia!” Sussurro tra  i denti, mentre il questurino riapparso sulla porta mormora con sollievo  “Ah! C’è rimasta solo lei! Venga”.

“O.K!” faccio io, sputando dalla finestra  la gomma americana.

 

Paola Rambaldi originaria di Argenta, Ferrara, vive attualmente a Monte San Pietro, Bologna. Lettrice assidua, scrive storie noir ed è appassionata da sempre di cinema. Dal 2000 a oggi i suoi racconti ambientati nella Bassa padana degli anni cinquanta si sono piazzati ai primi posti in una sessantina di concorsi letterari e sono stati stampati in libri e antologie. Ha pubblicato le raccolte La fudrera — Ed. REM e Bassa e nera — Ed. Pontevecchio.