Live! Ascolti record al primo colpo sembra un mix tra Quinto Potere e 13 – Tzameti. Del primo riprende non tanto il malessere esistenziale del protagonista (Peter Finch, primo premio Oscar postumo…), quanto l’ossessione della protagonista, la produttrice televisiv Katy Courbet (Eva Mendes), per il successo a tutti i costi, figura che richiama quella di Faye Dunaway. Dal secondo invece proviene la roulette russa che lì era spinta al massimo del sadismo mentre qui somiglia più ad un gioco per quanto continui ad essere agghiacciante (comunque non è difficile capire chi sarà la vittima, basta tenere a mente tutto ciò che è politically correct ed escludere ciò che se si avverasse non lo sarebbe…). Superati agevolmente gli ostacoli giuridico-morali, il gioco parte e neanche a dirlo lo share schizza alle stelle.
La regia è di Bill Guttentag, nome che di primo acchito non è che dica un granché. Poi scopri che i suoi documentari sono stati candidati cinque volte all’Oscar vincendone due, il primo nel 1998 con You don’t have to die, storia di un ragazzo e della sua battaglia contro il cancro, e nuovamente nel 2003, con Twin Towers (“Embè?”, dirà qualcuno…).
Forse perché il documentario gli si addice, Guttentag gira il film dal punto di vista di un altro regista che sta girando un documentario sulla vita della stessa Coubert. Comunque il film non ha nulla a che spartire con i precedenti citati. Ad alcuni piacerà, ad altri meno. Magari è profetico e non lo sappiamo ancora. Tutti quelli a cui non piacerà troveranno il peggior difetto nella superficialità.
La TV spazzatura si qualifica e si squalifica da sola…
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