E’ un poliziotto all’italiana: con più debolezze che punti di forza, antieroe per eccellenza, una pedina di poco conto nella macchina della questura, non dotato di acuto  spirito investigativo ma tenace, onesto, “incazzoso”. Come è nato?

Sarti Antonio ha compiuto trentacinque anni di vita letteraria.E’ nato nel 1974 con il romanzo “Le piste dell’attentato” che fu segnalato al Grangiallo città di Cattolica.

A quel tempo facevo l’attore e con la mia compagnia facevamo spettacoli di strada. C’era molta attenzione all’eversione da parte delle forze dell’ordine. Eravamo spesso convocati in questura per le autorizzazioni, per i visti della censura e ci passavamo ore. Vedevo passare i poliziotti, il vicequestore e proprio dall’osservazione dei vari poliziotti della Questura di Bologna è nato Sarti Antonio. Posso dire che è la somma di tutti quelli che avevo visto con in più lo stato d’animo dell’autore.

E’ l’eterno arrabbiato perché non tollera soprusi e ingiustizie ma è costretto a subirle tutti i giorni. In questo senso è un eroe moderno perché riesce a sopravvivere in una città violenta. Il  tempo è passato e anche Sarti Antonio è cambiato perché è cambiata la società in cui si muove.

Dall’iniziale rabbia sorda nei confronti delle ingiustizie, nell’ultimo romanzo, “Delitti di gente qualunque”, arriva alla reazione fisica davanti al cadavere: il vomito. Ho voluto in questo modo far capire la ribellione impotente dell’uomo che reagisce con il corpo. La non accettazione della realtà non è quindi più razionale ma istintiva.

Fin dall’inizio ho mirato alla spersonalizzazione del personaggio in modo che ogni lettore avesse la sensazione dell’ inesistenza del personaggio. 

Non ho mai descritto Sarti Antonio fisicamente, gli ho dato il grado di sergente che non esisteva, l’ho chiamato sempre con il cognome prima del nome, come in un elenco.

 

Un perdente cattivo è l’altro personaggio di poliziotto: Poli Ugo. Confinato in un archivio da cui muove le pedine delle indagini in maniera poco ortodossa, ignorato dalla moglie e dal figlio, sgradevole nel fisico e nel carattere. Qual è la data di nascita e il “movente” all’origine della comparsa di Poli Ugo?

E’ nato con “L’archivista” nel 1981. Volevo trovare un’alternativa a Sarti Antonio. Fu un errore di valutazione perché il personaggio non piacque ai lettori e di conseguenza neanche all’editore. Secondo me doveva essere la rappresentazione umana della violenza a Bologna. Ha un servilismo innato nei confronti dei potenti ed è violento con i deboli. In fondo è un po’ tutti noi.

Era forse era troppo in anticipo sui tempi. Oggi ci sono esempi di “cattivi” televisivi che piacciono. Presto sarà ristampato da Einaudi: sono curioso di vedere se avrà successo o no.

 

Abbiamo parlato di questurini, ora vorrei riportare l’attenzione dei lettori sugli altri personaggi “fissi” delle sue avventure poliziesche.

Rosas, l’eterno studente di non si sa di quale facoltà. Il suo ruolo è fondamentale nella soluzione delle indagini di Sarti Antonio perché ha le conoscenze e l’acume che mancano a Sarti. Chi è Rosas? 

Rosas ha quello che manca a Sarti Antonio per essere un poliziotto efficiente. Ha la cultura, sa spaziare negli avvenimenti e metterli in ordine logico. Sarti Antonio ha una grande memoria, registra gli avvenimenti ma soltanto nella mente razionale di Rosas trovano una loro collocazione.

Nell’ultimo romanzo lo troviamo laureato e ricercatore.

 

Le donne, prostitute o signore perbene, hanno spesso una funzione strumentale.  Consolatoria, anche se per breve tempo, come la biondina  o gran rompiscatole, come la moglie di Poli Ugo. Che ruolo hanno le donne nei suoi romanzi?

La biondina è il corrispondente femminile di Sarti Antonio. Sono due solitudini che si incontrano e si capiscono. Con lei Sarti si rilassa. Ci tengo ai miei personaggi femminili perché ho grande ammirazione per le donne per la grande facoltà di adattamento alle situazioni, anche quelle più dolorose.

In “Caccia tragica” ho raccontato il grande carattere della manager uccisa, in “Sarti Antonio e l’assassino” e in “Sarti Antonio un diavolo per capello” l’unico personaggio positivo è una donna.

 

Infine c’è il personaggio misterioso, quello che accompagna l’azione come l’occhio di una telecamera che commenta i fatti. E’ una sorta di doppio narratore onnisciente.  E’ esistito fin dal primo romanzo. Qual è la sua funzione narrativa?

E’ un personaggio che deriva dal teatro. Ha la funzione del coro nella tragedia greca, una voce esterna che sa tutto ma non può dirlo, altrimenti modifica il corso della storia. Nel teatro di Brecht, ogni tanto appaiono diapositive o cartelloni con i commenti che hanno la funzione di alleggerire la tensione emotiva.

Si chiamano “interventi indiretti” che servono ad interrompere l’emozione nello spettatore che, se eccessiva, metterebbe in ombra la sua razionalità. Ho cercato di trasporre e adattare l’idea alla letteratura. I commenti del personaggio invisibile servono per richiamare l’attenzione  del lettore su un comportamento di Sarti Antonio o su certi avvenimenti che il questurino non coglierebbe.

 

Ultimo personaggio ma non il minore: Bologna e i suoi dintorni. Non si può certo considerare soltanto un fondale scenico in cui si svolge l’azione: è un vero e proprio personaggio che cambia  nel corso delle storie raccontate. 

La città è protagonista in tutti i romanzi e certo non è un fondale fisso ma un organismo vivo  che si evolve nel tempo. Questo aspetto l’ ho ritratto attraverso le descrizioni ma soprattutto con l’analisi dei rapporti umani. Via via che i romanzi più vecchi vengono ristampati e mi fa piacere quando i giovani mi domandano se negli anni Settanta o Ottanta Bologna era davvero così. E’ una Bologna che loro non hanno mai conosciuto.

Il ritrarre la città con i suoi odori buoni e cattivi,  i suoi rumori, il vissuto dei suoi abitanti ci viene dalla grande lezione dei grandi autori del giallo: Simenon e Chandler.

Nel meccanismo del giallo qual è l’elemento chiave?

Sicuramente un mistero non facilmente risolvibile, non spiegabile con la razionalità.

Alla fine il mistero deve essere svelato per non deludere il lettore, e il disvelamento può essere totale o parziale.

In “Delitti di gente qualunque”, che è un po’ la summa di questo mio pensiero, Rosas conclude che si può spiegare solo quello che le attuali conoscenze ci permettono di spiegare. In altre parole, certi fenomeni che oggi ci sembrano oscuri, potrebbero non esserlo più quando possederemo maggiori conoscenze. 

Grazie a Loriano Macchiavelli per la sua pazienza e cortese disponibilità.