Ciao Gianfranco, bentornato sul “campo di fuoco”.

Direi piuttosto: bentornato nel cerchio di fuoco! Hai presente quello che usano nei circhi: leoni che si tuffano,  per poi caprioleggiare al sicuro,  oltre… l’immaginabile bruciatura.

Dunque, è finalmente uscito IL CERCHIO MUTO: un testo sul quale hai lavorato a lungo e “duramente”...

Tre mesi di preparazione con migliaia di pagine di documentazioni dentro a search selvagge, e sei mesi di scrittura vera e propria… In realtà, pensandoci: non tantissimo tempo per un romanzo di quasi seicento pagine. Stavolta, però, la trama era ancora più complicata del solito e quindi è stata davvero dura, oh sì. Grazie a Dio.

La trama?

Non volendo recitare la solita quarta di copertina, potrei esprimere il filone tramesco del libro con una serie di immagini, tipo trailer: una ragazzina che scappa da un padre ossessivo (e un poco folle)  per raggiungere travestita da falena la discoteca dei suoi sogni. Un giovane uomo in fuga dalla propria rabbia, inseguito da una poliziotta in fuga dal proprio passato. Uno psicopatico assassino che scappa dall’ombra di un padre terribile. Fantasmi che aleggiano, stormi di farfalle nella tenebra, baluginanti verso luci fredde da morire…

Evasioni quindi… fughe da gabbie. Con tutta la follia dilagante a fare da contorno: gare clandestine, droghe che girano e rigirano e discoteche simili a gironi dell’inferno, stragi del sabato sera come apocalissi incombenti, presagi per un futuro di vuoto che ci attende.

La storia dunque gravita attorno ad alcuni personaggi principali, ai cui profili caratteriali e psicologici hai dato particolare spessore. Vita. Vuoi parlarcene?

I personaggi del romanzo sono tanti e tutti molto spessi, oh yes. In qualche modo ho compiuto una sorta di percorso generazionale: c’è una bambina di dieci anni  e una ragazzina di diciassette, un ragazzo di venticinque, una poliziotta trentenne, un prete di quaranta e un padre di cinquant’anni… Tutti quanti, questi, che s’intersecano e interagiscono cercando di comprendersi l’un l’altro, di condividere cuori diversi, ma così disperatamente uguali nella loro necessità di sentirsi vivi e pulsanti. Naturalmente sono dovuto entrare dentro a tutti questi personaggi, e diventare loro nel profondo, così che la mia schizofrenia artistica ha trovato modo di alimentarsi di tutto quello che serve, per rendere l’ensemble narrativo credibile e… incredibile.

Puoi parlarci della struttura del Cerchio muto? L’impressione è quella di una fitta tela che lega tutti i personaggi e gli eventi, fatta di rimandi, presagi, anticipazioni e sospensioni; confermi? 

Direi piuttosto una struttura a ragnatela, con i fili che seguono però percorsi circolari, una sorta di frattale invischiante che si ripete in cellule. Travestito da ragno ho creato tante trappole, si potrebbe dire, utilizzando un codice genetico che si morde la coda come un serpente. Uno dei temi di base del romanzo, è quello del ritorno, con tanti cerchi di vita che s’intersecano fra loro. Da qui il concetto di fantasma, il ricordo che non passa così come l’ossessione. Il desiderio irrisolto.

Assieme ai personaggi che muovono la storia, una grande protagonista del tuo romanzo è la strada. Chi l’avrebbe mai immaginato: una Porrettana così dark... 

Ho scelto di ambientare la maggior parte del romanzo alle falde dell’Appennino tosco emiliano, da Sasso Marconi in su… (una zona della provincia bolognese che conosco bene in quanto poi ci abito pure) soprattutto per riuscire rendere grazia a un contrasto: un paesaggio ridente e suggestivo contrapposto a un orrore senza fine… 

Nastri d’asfalto che scorrono. Bagnati di sangue. Con tutti quegli altarini che compaiano nei luoghi degli incidenti. Sono suggestioni che mi hanno sempre colpito. Questa esigenza di segnalare tutto, curve pericolose e incubi di dolore… Per condividere percorsi verso il nulla. Oppure peggio…

Nella notizia dell’uscita de IL CERCHIO MUTO che abbiamo pubblicato qualche giorno fa su ThrillerMagazine, ho voluto sottolineare in particolare come il romanzo “una drammatica e intensamente umana ghost story.” Me la passi come una buona definizione, anche se ben lontana dall’essere esaustiva, stante le varie sfaccettature del testo?

Sì, è una definizione che mi piace molto. Te la passo e te la ripasso. Eh!

Le tue storie – compresa l’ultima – parlano spesso di situazioni emozionali estreme. E’ l’unica tua via per raccontare il Delirio moderno o senti – è proprio il caso di dirlo – di poter percorrere altre strade? E se sì, quali? 

Io credo che i sentimenti veri, e tutte le emozioni che ne scaturiscono, debbano essere per forza di cose estremi. Non ci sono mai mezze misure quando si ha a che fare con il sangue che scorre, con le pulsioni che ci rendono vivi o morti a seconda. La parola d’ordine deve essere una sola e l’unica strada da percorrere si chiama: via dell’intensità.

In cosa si discosta questo libro dalle tue opere precedenti? E dove sta invece la continuità?

Le mie opere, fanno sempre parte di un grande continuum narrativo, l’ho già ribadito in altre occasioni. Anche in questi romanzo ci sono frammenti che si rifanno a opere precedenti. Potranno divertirsi i miei lettori a individuarle (ehi si potrebbe organizzare un gioco a premi… ). Ma non è, e non sarà solo questo. È già pensato e previsto il prequel del Cerchio muto, che ha già un titolo: Anestesia dell’ombra. E un sequel, che non ha ancora denominazione, ma dove farà la parte del leone, assieme naturalmente a Franco Negronero diventato poliziotto a tutti gli effetti, il buon padre Cristoforo. Prometto un mare d’emozioni: ancora più forti e ancora più profonde…

Ancora una volta, la narrativa di genere che padroneggi cela qualche metafora...

In questo romanzo soprattutto, considerando il significato greco della parola metafora: io trasporto. A proposito di strade e di percorsi. Nel mio caso, però, le figure non vogliono essere retoriche del tutto. Ma solo un mezzo per donare forza espressiva all’insieme. Forse dovremmo parlare invece di messaggi segreti, come quelli che si affidano alle onde dentro una bottiglia. Comunicazioni da percepire. Da sentire nel cuore come battiti e avvertire sulla pelle come carezze. Parole suggerite che debbono trasformarsi in grida, inviti per uscire dal silenzio del cerchio. Credere in quello che siamo. Combattere per questo. Message in a bottle rivolto ai giovani, ma non solo. Anche diretto ai grandi. Ai genitori che siamo.

Come sai, è venuto a mancare in questi giorni J.G. Ballard. Quanto ha pesato – anche nella tua formazione di autore – la sua opera? 

Nel Cerchio muto ci sono riferimenti precisi a Crash. Come poteva essere altrimenti, del resto. Quindi sì. Ballard è stato un autore molto significativo. Per me, per tutti. Un grande. Che non potrà scomparire mai del tutto. Suoi frammenti vivranno e vegeteranno dentro tutte le storie del mondo.

Sempre su Ballard; sua è la teoria dell’Inner Space. Potremmo definire la tua poetica come quella dell’Inner Monster?

Nello spazio interiore, proprio lì: si nascondono i mostri. E non solo quelli cattivi, ma anche quelli della diversità, dell’impossibilità, ossessioni allo stato brado che pascolano. I coccodrilli di cui parla King, a cui occorre dare da mangiare crude bistecche di sangue, come in certi libri, come in certe immagini. Quindi sì. Poeta del brivido, ma anche dell’inner monster, mostri dal profondo. Con tutto l’amore che c’è a fare da contorno. 

Sei nato nel ’57, ma per fortuna la tua narrativa resta vicina ai giovani:  quando parli di loro cerchi di entrare nelle mentalità, nei modelli, di usare un linguaggio congeniale.

Merito di mio figlio Samuele. Che mi aiutato a compiere questa immedesimazione. Spesso la capacità di comprendere, scaturisce da un’incapacità primaria. Perché la confusione ti costringe ad aguzzare le orecchie, come se fossero occhi. I figli crescono e tu invecchi e cerchi di proteggerli e non sai come. Il primo passo è proprio quello di diventare loro, oppure tornare indietro nel tempo e perdonarsi. Per tutto quello che non siamo riusciti a fare di noi e della nostra vita.

Soundtrack?

Come ben sapete, in quanto ex musicista, io (in)seguo sempre una sorta di colonna sonora per farmi accompagnare mentre porto avanti la creazione delle mie storie. Ritmi e melodie che non passano, pure quelle, che mi stanno addosso, fino a chè non si viene a delineare una vera e propria colonna sonora in ogni romanzo, quasi si trattasse di un film invece che di un libro. Questa volta, dato l’argomento trattato, ho dovuto dilatare la lista della spesa… E spaziare fra brani di metallo superpesante, degli Splipknot, Carcass, Raimstein, spostandomi sulle suggestive contaminazioni melodiche dei Pink Floyd: Wish you were here, è una sorta di persecuzione per tutti in tutto il romanzo, a proposito del tema del ritorno… Per arrivare alla canzone d’autore italiana con Fossati, e con una proiezione accorata e nostalgica verso una celeberrima song di Lucio Battisti. Eppoi, vabbè… ci sono The Mastéma. Il gruppo fantasma che mi accompagna dappertutto in tutte le mie storie…

A quando il prossimo album dei Mastema? Pare appunto che ormai siano tuoi compagni fissi di viaggio...

Al prossimo libro: il prossimo album… Ma c’è in arrivo molto di peggio. Devi sapere che Il Cerchio muto diventerà anche uno spettacolo e un dvd. Di cui presenterà in giugno l’anteprima e che cercherò poi di portare in giro l’anno prossimo. Un reading live, che abbiano già soprannominato REDIVIVO… dove forme artistiche diverse interpreteranno frammenti della trama. Così  ci saranno coreografie, musiche, proiezioni di immagini, recitazioni… E ci saranno, finalmente: i Mastema, i miei rockers senza faccia. Interpretati  per l’occasione da un gruppo di valenti e giovanissimi musicisti: i propheXy e da una cantante lirica che si trasformerà in una cupa e graffiante vocalist, dividendosi fra acuti melodici e sexygrowl da paura. Tutto questo perché credo fermamente che i romanzi non possono e non devono finire con l’ultima pagina, ma ripercuotersi fuori dalla copertina e dilagare oltre. Nelle anime, fuori dal cerchio…

IL CERCHIO MUTO viene pubblicato dalla Nord, con cui pubblichi per la prima volta...

Mi sono trovato molto bene con la Nord. La responsabile editoriale: Cristina Prasso, è molto brava, una editor preparata e sensibile come raramente mi è capitato di incontrare,  così come suo marito Stefano Res. Poi davvero in gamba anche tutti gli altri, dall’addetta stampa Elena Cristiano, alla correttrice delle bozze, per passare dalla segretaria di redazione. Tutte donne, poi… Una cosa che non guasta mai. 

Potendo scegliere, scegliendo tra i vivi e i morti, a chi affideresti la regia di un ipotetico film tratto dal tuo ultimo romanzo? Lynch, Hitchcock, Aldrich o chi altri? 

Uh che domanda difficile. Escludo subito i morti, perché così la lista dei papabili si assottiglia. Dunque vediamo… Potrei accontentarmi di David Cronenberg, tanto per mirare basso.

Gli amici di Segretissimo e della Legione italiana si attendono il ritorno della tua serie Hydra Crisis. La scorsa estate, con il racconto Sopravvivere alla paura, ci hai svelato le origini dell’agente Nemo. Ma i lettori sono in attesa di un nuovo romanzo. Aspettano il promesso Ultimo sangue.

Il prossimo in realtà non sarà Ultimo sangue, ma un romanzo intermedio che porterà poi a quella vicenda lì, proseguendo da un frammento scaturito da Lo spettro corre nell’acqua. Posso anticiparti qualcosa di terribile proveniente dalla taiga di Tungaska, in Siberia, teatro della misteriosa esplosione avvenuta nel 1908. Marc Ange dovrà affrontare il cuore di un mostro innominabile, per arrivare a tagliare una nuova testa dell’Hydra.  Sangue, brividi e azione smodata assicurati…

Prossimo progetto di libreria?

Spero il terzo capitolo della saga di Genia. Ma non è ancora deciso nulla. Staremo a vedere le vendite del Cerchio muto e poi si deciderà la strategia da adottare per il futuro.

La chiusura d’intervista spetta a IL CERCHIO MUTO. Ultimo messaggio ai lettori?

Uscire dal cerchio e poi rientrarci e poi uscire di nuovo… Fuggire dal silenzio. Per sconfiggere tutta la paura che c’è.