Passeggiavo da ore su una strada di collina in leggero declivio. Godevo della sensazione del primo sole sulla pelle e delle limpidezza del cielo. Non una nuvola, non un rumore che disturbasse il placido scorrere dei pensieri.

Qualcosa colpì la mia attenzione: un edificio verde pastello che non avevo mai visto prima. Pareva fatto di marzapane e pistacchi. Una luce calda, rosata, attraente proveniva dall’interno. La porta a vetri si aprì di scatto davanti a me. Entrai.

Divani di un bell’azzurro cielo, fiori bianchi, un bancone dalla forma sinuosa.

Ero attratto senza sapere da cosa. Mi si fece incontro una ragazza con un sorriso smagliante e al tempo stesso insipido come le zucchine lesse.

“Venga, le mostro l’ambiente”. Sorrisi, anestetizzato.

Mi girai verso la ragazza per chiedere cosa facessero lì dentro ma non la vidi più. Al suo posto c’era un giovane sorridente, con un vestito scuro di ottimo taglio. Aveva in mano una cartella rigida da presentatore che aprì alla pagina segnata da un segnalibro azzurro.

“Vede, qui c’è l’elenco delle persone in lista di attesa per i nostri trattamenti. Come vede – e scorse con il dito sui nomi del lunghissimo elenco – sono tutte persone importanti.

Scorsi l’elenco seguendo il suo dito: star e starlette, presentatori, sportivi, manager, industriali, politici. Insomma, G e V. (gotha e vip).

Un bel numero davvero, pensai, devono fare affari d’oro. L’occhio si fermò su un nome. C’era qualcosa che non mi tornava ma non sapevo cosa.

“Quali trattamenti fate?

“Di ben-essere – rispose con un sorriso stereotipato – calcando la voce sul ben.

“Abbiamo un metodo infallibile per non invecchiare.

“Avete trovato l’elisir dell’eterna giovinezza? ironizzai.

Sorrise ancora senza dire niente e con un gesto elegante mi invitò a seguirlo.

Il giovane mi guidò verso una stanza con la porta chiusa ma sulla quale c’era un oblò piuttosto grande. Guardai dentro e vidi una stanza molto rilassante e raffinata. Grandi piante, una vetrata che dava luce all’intera stanza e dalla quale si vedeva un giardino interno, una sedia a sdraio ben imbottita, un portariviste, un mobile bar.

Faceva molto salottino di grand’hotel, a parte uno strano apparecchio a stelo che finiva con un piccolo recipiente forato sistemato all’altezza della testa di chi stava seduto.

“Cosa fare in questa stanza?

“Il relax totale. Il cliente si stende, sceglie la musica preferita, il grado di luminosità e un aroma. E’ tutto elettronico.

Ero titubante ma la curiosità prevaleva su tutto.

“Dica il nome di una composizione musicale o di un autore che le piace.

“Scherzo K, 522 di Mozart.

Improvvisamente si diffusero in quella stanza l’attacco ritmico dell’Allegro.

“Ora se vuole scelga un aroma

“Mughetto.

“Ha gusti molto delicati - osservò il ragazzo - prego, si accomodi sulla poltrona.

Mi sedetti e appoggiai la testa sull’imbottitura. Saranno stati anche degli imbroglioni ma ci sapevano fare. Dall’apparecchio vicino al viso cominciarono a uscire dei soffi di aria profumata al mughetto, all’inizio impercettibili, poi più intensi. Mi stavo beatamente addormentando quando il ragazzo battè le mani per una volta. La musica e il profumo s’interruppero.

Improvvisamente capii l’elemento che nell’elenco mi era sembrato fuori posto. Avevo visto il nome di un politico morto da pochi giorni.

“Venga, prima di lasciarla uscire le voglio mostrare un’altra cosa.

Ci ero entrato per curiosità, e ora mi sembrava di essere lì da sempre e che il “fuori” fosse lontanissimo, in un’altra dimensione.

Di nuovo corridoi e scale, fino a una porta metallica. Niente a che vedere con il lusso del piano di sopra.

Era un enorme stanzone con alle pareti tanti armadi bianchi e sopra gli sportelli dei numeri. Il giovane controllò un numero sul suo registro e tirò. Tirava, tirava: il cassetto era lunghissimo. Dentro c’era una teca di vetro e all’interno l‘uomo dell’elenco.

Era un noto politico che aveva fatto di tutto per apparire giovane. Cosa ci faceva in quella teca di vetri? Il brutto addormentato nell’armadio? Aspettava la principessa azzurra?

Stavo facendo queste riflessioni quando l’uomo, che credevo morto, alzò di scatto la testa battendola nel cassetto superiore.

“Scherzetto! Ci siete cascati, vero? vi ho preso in giro! Ah, come mi sono divertito! Siete un branco di fessi!”

E giù una risataccia sguaiata che rimbombava nello stanzone spoglio. Dal fortissimo passava al pianissimo e poi ricominciava da capo, e ancora, e ancora, senza fine.

Detti un calcio con tutte le mie forze al cassetto per richiuderlo nella speranza che la risata finisse.

“Signore! Si sente male?” una ragazza davanti a me mi scuoteva per una spalla.

Ero sdraiato sul prato. “Mi ha fatto paura. Aveva la faccia coperta dalla rivista, mugolava e ha tirato un calcio in aria.

“Grazie di avermi svegliato, lei è la mia fata turchina. Ero sotto l’effetto di una droga potentissima in quantità quasi letale: politica e gossip.