La classe non è acqua e non ha età...
Chi ha detto che a 88 (ottant’otto!) anni non si possa scrivere un libro! E che libro! P.D. James è qui a dimostrarvelo con La paziente privata, Mondadori 2009.
“Rhoda Gradwyn, giornalista investigativa, ha molto successo e pochissimi amici. E’ un personaggio scomodo per molti: le sue scottanti inchieste, sempre ben documentate, producono spesso effetti negativi, se non addirittura tragici, sulle esistenze delle persone che ne sono loro malgrado protagoniste. Quando decide finalmente di liberarsi di una cicatrice che le deturpa il viso da molti anni, la donna si affida ad un celebre chirurgo plastico e alla sua esclusiva dimora privata, Cheverell Manor, ospitata in un’antica residenza nel dorset. L’intervento, che dovrebbe segnare per lei l’inizio di una nuova vita, è invece il suo appuntamento con la morte”.
Partiamo dalla cicatrice, un segno tremendo della sua vita passata procuratale dal padre in un accesso d’ira (sempre ubriaco). Suo amico Robin (attore fallito) che le chiede continuamente sghei per “sicuri” investimenti e le dà informazioni su coloro che incontrerà a Cheverell Manor. Chi la opera il chirurgo Mr. Chandler-Powell coadiuvato dall’assistente Marcus Westhall. Uno per uno i vari personaggi principali vengono presi per mano dalla nostra James e portati a ripercorrere più o meno in parte il loro passato (in genere sfigato) e ad esprimere le intenzioni, gli obiettivi da perseguire nella vita. Descrizioni accurate degli aspetti fisici e degli ambienti, ricordi ed emozioni del presente che si mescolano fra loro, un filo di superstizione e magia legato alla morte di una presunta strega nel 1654 proprio in un punto preciso della villa segnato da un cerchio di pietre. Non manca un breve accenno ad una storia gay che oggi va tanto di moda. E non manca nemmeno qualche spunto inquietante che qualcuno possa volere la morte della nuova paziente privata. Spunto che si concretizza a pagina 123 quando una mano “non umana e tanto liscia da sembrare priva della pelle, si chiude intorno alla sua gola”.
Otto pagine dopo arriva Adam Dalgliesh (sua creatura principale) “Alle dieci e mezzo di quel sabato mattina, il comandante Adam Dalgliesh ed Emma Lavenham avevano fissato un appuntamento per incontrarsi con il padre di lei”. Un appuntamento importante per il loro matrimonio. Da qui l’indagine. Ma prima due parole su di lui: investigatore colto, sensibile, amante della poesia e poeta egli stesso. Grande onestà e coscienza morale, legge di tutto e di più, cita a mente passi della bibbia (si sa da altri libri), in continua, attiva indagine nei segreti della vita. Suoi colleghi di lavoro l’ispettrice Kate Miskin (innamorata di lui e dunque gelosetta) e il sergente Francis Bentos Smith.
Un lavoro paziente, una trama complessa e bene articolata con tentativi di inserire qualche problematica sociale (vedi la questione degli stupri) e la soluzione finale (classica registrazione dell’assassino) che può lasciare un po’ dubbiosi. L’amore, comunque, la vince su tutto “Può sembrare una difesa fragile contro gli orrori del mondo, ma bisogna tenerselo stretto e crederci, perché è tutto quello che abbiamo”. E questo, magari, ce lo poteva risparmiare.
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