I neri e i rossi. Terrorismo, violenza e informazione negli anni Settanta è un libro di interessante portata storica ma anche ricco di stimolanti spunti sociologici. Si tratta di otto contributi volti ad analizzare il rapporto tra dato storico, informazione e opinione pubblica, in riferimento agli atti terroristici perpetratisi in Italia nell’arco temporale che va dal 1969 al 1980. Come ha precisato Mirco Dondi nel prologo, curatore dell’opera, docente presso l'Università di Bologna e studioso del terrorismo: «Sul piano metodologico si è cercato di evitare un approccio racchiuso solo sulla storia del giornalismo per allargare lo sguardo sulle percezioni dei fenomeni, offrendo degli spaccati di una storia dell’opinione pubblica. È stato quindi necessario riflettere “mecluaniamente” sui livelli di ripercussione della notizia, ma anche su come si formano le notizie e su come si costruisce un’impressione di realtà.» A seguito di un excursus storico sulla violenza di estrema destra e sinistra, Aldo Giannuli, già consulente delle Commissioni parlamentari stragi e Mitrokhin, ha analizzato la categoria del terrorismo e la sua pertinenza storica. É stata poi ponderata l’emissione e l’assimilazione mediatica in relazione ad entrambi i terrorismi, quello nero e quello rosso. Ad esempio, il parlamentare Sergio Flamigni e Ilaria Moroni hanno distinto, per quanto riguarda il Caso Moro, le notizie vere da quelle false diffuse dalla stampa, gettando un velo oscuro sui movimenti dell’informazione: «Rileggere oggi quanto venne scritto dalla stampa man mano che le lettere di Moro provenivano dal misterioso carcere brigatista, porta a constatare che la gran parte dei giornalisti non si comportò correttamente, dal punto di vista umano, nei riguardi del prigioniero.» Per quanto concerne invece il terrorismo nero, citiamo il saggio redatto da Marilù Oliva, Quel che resta di un giorno, sulla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. In questo studio è stato dimostrato come i depistaggi, provenienti dalle informative dai servizi segreti di Stato, siano stati accolti da una stampa più o meno compiacente a partire dall’indomani della strage, quando si diffuse sui media la notizia fallace dell’esplosione della caldaia, fino ad arrivare alle varie piste inattendibili. Quanto la disinformazione o la cattiva informazione abbia attecchito è comprovato dall’accesa disputa tra innocentisti e colpevolisti (Mambro e Fioravanti, condannati da tre gradi di processo), disputa cui, anche ad oggi, la stampa e la televisione lasciano spesso molto spazio. Il pubblico si trova così di fronte ad arene in cui si gridano verità senza un sostegno adeguato e si trattano vicende che nella vulgata si conoscono solo superficialmente.